Codici Penali militari di Pace e di Guerra

CODICE PENALE MILITARE DI PACE

 

 

LIBRO PRIMO
DEI REATI MILITARI, IN GENERALE
TITOLO PRIMO
DELLA LEGGE PENALE MILITARE

CODICE PENALE MILITARE DI PACE

Art. 1.

(Persone soggette alla legge penale militare).

La legge penale militare si applica ai militari in servizio alle armi
e a quelli considerati tali.

La legge determina i casi, nei quali la legge penale militare si
applica ai militari in congedo, ai militari in congedo assoluto, agli
assimilati ai militari, agli iscritti ai corpi civili militarmente
ordinati e a ogni altra persona estranea alle forze armate dello Stato.

Art. 2.

(Denominazioni di «militari» e di «forze armate dello
Stato»).

Il presente codice comprende:

1° sotto la denominazione di militari, quelli del Regio esercito,
della Regia marina, della Regia aeronautica, della Regia guardia di
finanza, della Milizia volontaria per la sicurezza nazionale, del Corpo
di polizia dell’Africa italiana e le persone che a norma di legge
acquistano la qualita’ di militari;

2° sotto la denominazione di forze armate dello Stato, le forze
militari suindicate.

Art. 3.

(Militari in servizio alle armi).

Salvo che la legge disponga altrimenti, ai militari in servizio alle
armi la legge penale militare si applica:

1° relativamente agli ufficiali, dal momento della notificazione del
provvedimento di nomina fino al giorno della notificazione del
provvedimento, che li colloca fuori del servizio alle armi;

2° relativamente agli altri militari, dal momento stabilito per la
loro presentazione fino al momento in cui, inviati in congedo, si
presentano all’Autorita’ competente del comune di residenza da essi
prescelto; o, se sottufficiali di carriera, fino al momento della
notificazione del provvedimento, che li colloca fuori del servizio alle
armi.

L’assenza del militare dal servizio alle armi per licenza, ancorche’
illimitata, per infermita’, per detenzione preventiva, o per altro
analogo motivo, non esclude l’applicazione della legge penale militare.

Agli effetti delle disposizioni di questo titolo, per notificazione
del provvedimento s’intende la comunicazione personale di questo
all’interessato, ovvero, quando la comunicazione personale non sia
ancora avvenuta, la pubblicazione del provvedimento nel bollettino
ufficiale, o nei corrispondenti mezzi di notificazione delle varie forze
armate dello Stato.

Art. 4.

(Appartenenti alla Milizia volontaria per la sicurezza
nazionale).

Agli appartenenti alla Milizia volontaria per la sicurezza nazionale
la legge penale militare si applica, quando prestano comunque servizio
alle armi.

Agli effetti della legge penale militare, gli appartenenti alla
Milizia volontaria per la sicurezza nazionale, quando sono chiamati per
prestare servizio alle armi, sono considerati in servizio, ancorche’ non
si presentino, dal momento stabilito per la loro presentazione fino al
momento stabilito per la cessazione del servizio stesso.

Fuori dei casi preveduti dai commi precedenti, agli appartenenti alla
Milizia volontaria per la sicurezza nazionale la legge penale militare
si applica, quando commettono un reato preveduto dalla legge medesima a
causa del servizio, ovvero a danno di questo o della amministrazione
militare.

Art. 5.

(Militari considerati in servizio alle armi).

Agli effetti della legge penale militare, sono considerati in
servizio alle armi:

1° gli ufficiali collocati in aspettativa, o sospesi dall’impiego, o
che comunque, a’ termini delle leggi che ne regolano lo stato, sono
nella posizione di servizio permanente, ancorche’ non prestino servizio
effettivo alle armi;

2° i sottufficiali di carriera collocati in aspettativa;

3° i militari in stato di allontanamento illecito, diserzione o
mancanza alla chiamata, o comunque arbitrariamente assenti dal servizio;

4° i militari in congedo, che scontano una pena militare detentiva,
originaria o sostituita a pene comuni;

5° i militari in congedo, che si trovano in stato di detenzione
preventiva in un carcere militare, per un reato soggetto alla
giurisdizione militare;

6° ogni altro militare in congedo, considerato in servizio alle armi
a norma di legge o dei regolamenti militari.

Art. 6.

(Militari richiamati in servizio alle armi).

Ai militari in congedo richiamati in servizio alle armi la legge
penale militare si applica dal momento stabilito per la presentazione
alle armi fino al loro rinvio in congedo; osservate le norme dei
regolamenti militari e, relativamente al congedo, le disposizioni
dell’articolo 3.

Art. 7.

(( (Militari in congedo non considerati in servizio alle
armi). ))

((Fuori dei casi in cui sono considerati in servizio alle
armi ai sensi dei precedenti articoli 5 e 6, ai militari in congedo
illimitato la legge penale militare si applica:

1) quando commettono alcuno dei reati contro la fedelta’
o la difesa militare, previsti negli articoli 77 (alto tradimento); 78
(istigazione all’alto tradimento, cospirazione e banda armata); 84
(intelligenza con lo straniero e offerta di servizi); 85 (soppressione,
distruzione, falsificazione o sottrazione di atti, documenti o cose
concernenti la forza, la preparazione o la difesa militare dello Stato);
86 (rivelazione di segreti militari a scopo di spionaggio); 87 (accordo
per commettere rivelazioni di segreti militari a scopo di spionaggio);
88 (procacciamento di notizie segrete, a scopo di spionaggio); 89-bis
(esecuzione indebita di disegni, ed introduzione clandestina in luoghi
di interesse militare a scopo di spionaggio); 99 (corrispondenza con
Stato estero diretta a commettere fatti di tradimento e di spionaggio
militare); e nell’art. 98 (istigazione od offerta), quando l’istigazione
o l’offerta si riferisce ad alcuni dei reati previsti negli articoli 84,
85, 86, 87, 88 e 89-bis.

Al militare in congedo che commette uno dei reati sopra
elencati, sono applicabili anche le disposizioni degli articoli 96, 101
e 102 di questo Codice;

2) quando commettono i reati previsti negli articoli 157,
158 e 159 (procurata infermita’ al fine di sottrarsi agli obblighi (lei
servizio militare, e simulazione d’infermita); nell’art. 212
(istigazione a commettere reati militari), e nell’art. 238 (reati
commessi a causa del servizio prestato); nei limiti ed alle condizioni
previste rispettivamente negli articoli 160, 214 e 238 di questo Codice;

3) per il reato di omessa presentazione alla chiamata di
controllo, ai sensi degli articoli 4 e 7 della legge 27 marzo 1930, n.
460, modificata dalla legge 3 giugno 1935, n. 1018, e dalla legge 7
dicembre 1951, n. 1565, degli articoli 205 e 207 del regio decreto 24
febbraio 1938, n. 329, e 103 del regio decreto 28 luglio 1932, n. 1365))
.

Art. 8.

(Cessazione dell’appartenenza alle forze armate dello Stato).

Agli effetti della legge penale militare, cessano di appartenere alle
forze armate dello Stato:

1° gli ufficiali, dal giorno successivo alla notificazione del
provvedimento, che stabilisce la cessazione definitiva degli obblighi di
servizio militare;

2° gli altri militari, dal momento della consegna a essi del foglio
di congedo assoluto.((24))

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AGGIORNAMENTO 824)

La Corte Costituzionale con sentenza 12 – 20 dicembre 1989 n. 556 (in
G.U. 1a s.s. 27/12/1989 n. 52) ha dichiarato “l’illegittimita’
costituzionale dell’art. 8, n. 2, del codice penale militare di pace,
nella parte in cui prevede che, agli effetti della legge penale
militare, i sottufficiali ed i militari di truppa cessano di appartenere
alle Forze Armate dello Stato dal momento della consegna a essi del
foglio di congedo assoluto, anziche’ dal momento del loro effettivo
congedamento”.

Art. 9.

(Ufficiali di complemento di prima nomina).

Agli effetti della legge penale militare, sono considerati militari
in congedo gli ufficiali di complemento, dal momento della notificazione
del provvedimento di nomina fino al momento stabilito per iniziare il
servizio di prima nomina.

Art. 10.

(Assimilati ai militari. Iscritti ai corpi civili
militarmente ordinati).

La legge penale militare si applica agli assimilati ai militari e
agli iscritti ai corpi civili militarmente ordinati:

1° nei casi preveduti dalle rispettive leggi speciali;

2° per i reati commessi mentre si trovano in stato di detenzione
preventiva in un carcere militare.

Art. 11.

(Piloti e capitani di navi mercantili o aeromobili civili.
Persone imbarcate).

La legge penale militare si applica:

1° ai piloti e ai capitani di navi mercantili o aeromobili civili,
per i reati che, rispetto a essi, sono preveduti da questo codice;

2° a ogni persona imbarcata sopra nave o aeromobile militare, dal
momento della notificazione della sua destinazione a bordo fino all’atto
di sbarco regolare, ovvero, nel caso di perdita della nave o
dell’aeromobile, fino allo scioglimento dell’equipaggio.

Agli effetti della legge penale militare, sono navi militari e
aeromobili militari le navi e gli aeromobili da guerra, le altre navi o
aeromobili regolarmente trasformati in navi o aeromobili da guerra, e
ogni altra nave e ogni altro aeromobile adibiti al servizio delle forze
armate dello Stato alla dipendenza di un comandante militare.

Art. 12.

(Determinazione del grado degli assimilati e delle persone
imbarcate).

Agli effetti della legge penale militare, gli assimilati ai militari
e ogni altra persona imbarcata sopra navi o aeromobili militari sono
considerati come aventi il grado, al quale, rispettivamente, corrisponde
l’assimilazione ovvero il rango in cui furono collocati nell’ordine
d’imbarco.

Art. 13.

(Militari in congedo, assimilati ai militari e iscritti ai
corpi civili militarmente ordinati, considerati come estranei alle forze
armate dello Stato).

Fuori dei casi preveduti dagli articoli precedenti, i militari in
congedo, i militari in congedo assoluto, gli assimilati ai militari e
gli iscritti ai corpi civili militarmente ordinati sono considerati,
agli effetti della legge penale militare, come persone estranee alle
forze armate dello Stato.

Art. 14.

(Estranei alle forze armate dello Stato).

Sono soggette alla legge penale militare le persone estranee alle
forze armate dello Stato, che concorrono a commettere un reato militare.

Oltre i casi espressamente enunciati nella legge, alle persone
estranee alle forze armate dello Stato, che commettono alcuno dei fatti
preveduti dagli articoli 94, 136, 140, 141, 142, 145, 182 e 184, si
applicano le pene stabilite per i militari, sostituite le pene comuni
alle militari secondo le disposizioni dell’articolo 65. Tuttavia, il
giudice puo’ diminuire la pena.

Art. 15.

(Reati commessi durante il servizio e scoperti o giudicati
dopo la cessazione di esso).

La legge penale militare si applica per i reati militari commessi
durante il servizio militare, ancorche’ siano scoperti o giudicati
quando il colpevole si trovi in congedo o abbia cessato di appartenere
alle forze armate dello Stato.

Art. 16.

(Nullita’ dell’arruolamento; incapacita’; prestazione di
fatto del servizio alle armi).

La legge penale militare si applica alle persone appartenenti alle
forze armate dello Stato, ancorche’, posteriormente al reato commesso,
sia dichiarata la nullita’ dell’arruolamento o la loro incapacita’ di
appartenere alle forze stesse; e, in generale, a chiunque presta di
fatto servizio alle armi.

Art. 17.

(Reati commessi in territorio estero di occupazione, di soggiorno o
di transito).

La legge penale militare si applica alle persone che vi sono
soggette, anche per i reati commessi in territorio estero di
occupazione, soggiorno o transito delle forze armate dello Stato,
osservate le convenzioni e gli usi internazionali.

Art. 18.

(Reati commessi in territorio estero).

Fuori dei casi preveduti dall’articolo precedente, per i reati
commessi in territorio estero, le persone soggette alla legge penale
militare sono punite secondo la legge medesima, a richiesta del Ministro
competente a’ termini dell’articolo 260.

Art. 19.

(Materie regolate da altre leggi penali militari).

Le disposizioni di questo codice si applicano anche alle materie
regolate dalla legge penale militare di guerra e da altre leggi penali
militari, in quanto non sia da esse stabilito altrimenti.

Art. 20.

(Applicazione della legge penale militare di guerra nello stato di
pace).

La legge determina i casi, nei quali la legge penale militare di
guerra si applica nello stato di pace.

Art. 21.

((ARTICOLO ASOPPRESSO DALLA L. 23 MARZO 1956, N. 167))

TITOLO SECONDO
DELLE PENE MILITARI
CAPO I
Delle specie di pene militari, in generale

Art. 22.

(Pene militari principali: specie).

Le pene militari principali sono:

1° la morte;

2° la reclusione militare.

La legge penale militare determina i casi, nei quali, per i reati
militari, si applicano le pene comuni dell’ergastolo e della reclusione.

Art. 23.

(Denominazione e classificazione della reclusione militare).

Sotto la denominazione di pene detentive o restrittive della liberta’
personale e’ compresa, oltre le pene indicate nel primo comma
dell’articolo 18 del codice penale, anche la reclusione militare.

Art. 24.

(Pene militari accessorie: specie).

Le pene militari accessorie sono:

1° la degradazione;

2° la rimozione;

3° la sospensione dall’impiego;

4° la sospensione dal grado;

5° la pubblicazione della sentenza di condanna.

CAPO II
Delle pene militari principali, in
particolare

Art. 25.

(Pena di morte).

La pena di morte e’ eseguita mediante fucilazione nel petto, in un
luogo militare.

La pena di morte e’ eseguita mediante fucilazione nella schiena,
quando la condanna importa la degradazione.

Le norme per l’esecuzione della pena di morte sono stabilite dai
regolamenti militari approvati con decreto Reale.

Nei casi in cui la legge penale militare, per reati commessi da
persone estranee alle forze armate dello Stato, stabilisce espressamente
la pena della morte mediante fucilazione nella schiena, questa s’intende
equiparata, a ogni effetto, alla pena di morte con degradazione.

Art. 26.

(Reclusione militare).

La pena della reclusione militare si estende da un mese a
ventiquattro anni, ed e’ scontata in uno degli stabilimenti a cio’
destinati, con l’obbligo del lavoro, secondo le norme stabilite dalla
legge o dai regolamenti militari approvati con decreto Reale.

Se la durata della reclusione militare non supera sei mesi, essa puo’
essere scontata in una sezione speciale del carcere giudiziario
militare.

Gli ufficiali, che per effetto della condanna non hanno perduto il
grado, scontano la pena della reclusione militare in uno stabilimento
diverso da quello destinato agli altri militari.

Art. 27.

(Sostituzione della reclusione militare alla reclusione).

Alla pena della reclusione, inflitta o da infliggersi ai militari per
reati militari, e’ sostituita la pena della reclusione militare per
eguale durata, quando la condanna non importa la degradazione.

Nel caso preveduto dal comma precedente, per la determinazione delle
pene accessorie e degli altri effetti penali della condanna, si ha
riguardo alla pena della reclusione militare.

((36))

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AGGIORNAMENTO (36)

La Corte Costituzionale con sentenza 26 – 30 luglio 1993 n. 358 (in
G.U. 1a s.s. 04/08/1993 n. 32) ha dichiarato “l’illegittimita’
costituzionale dell’art. 27 c.p.m.p. nella parte in cui consente che la
conversione della pena della reclusione comune in quella della
reclusione militare possa avvenire in relazione alla sanzione penale
comminata per il reato previsto nell’art. 8, secondo comma, della legge
15 dicembre 1972, n. 772”.

CAPO III
Delle pene militari accessorie, in
particolare

Art. 28.

(Degradazione)

La degradazione si applica a tutti i militari, e’ perpetua e priva il
condannato:

1° della qualita’ di militare e, salvo che la legge disponga
altrimenti, della capacita’ di prestare qualunque servizio, incarico od
opera per le forze armate dello Stato;

2° delle decorazioni, delle pensioni e del diritto alle medesime per
il servizio anteriormente prestato.((7))

La legge determina i casi, nei quali la condanna alla pena di morte
importa la degradazione.

La condanna all’ergastolo, la condanna alla reclusione per un tempo
non inferiore a cinque anni e la dichiarazione di abitualita’ o di
professionalita’ nel delitto, ovvero di tendenza a delinquere,
pronunciate contro militari in servizio alle armi o in congedo, per
reati militari, importano la degradazione.

Nel caso di condanna alla pena di morte con degradazione e in quelli
indicati nel comma precedente, restano fermi le pene accessorie e gli
altri effetti penali derivanti dalla condanna a norma della legge penale
comune.

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AGGIORNAMENTO 87)

La Corte Costituzionale con sentenza 15 giugno – 3 luglio 1967 n. 78
(in G.U. 1a s.s. 08/07/1967 n. 170) ha dichiarato l’illegittimita’
costituzionale dell’art. 28 “del Codice penale militare di pace
approvato con R.D. 20 febbraio 1941, n. 303, limitatamente alla parte
del primo comma n. 2, in base alla quale la degradazione priva il
condannato “delle pensioni e del diritto alle medesime per il servizio
anteriormente prestato”.”

Art. 29.

(Rimozione).

La rimozione si applica, a tutti i militari rivestiti di un grado o
appartenenti a una classe superiore all’ultima; e’ perpetua, priva il
militare condannato del grado e lo fa discendere alla condizione di
semplice soldato o di militare di ultima classe.

La condanna alla reclusione militare, salvo che la legge disponga
altrimenti, importa la rimozione:

1° per gli ufficiali e sottufficiali, quando e’ inflitta per durata
superiore a tre anni;

2° per gli altri militari, quando e’ inflitta per durata superiore a
un anno.

((34))

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AGGIORNAMENTO (34)

La Corte Costituzionale con sentenza 26 maggio – 1 giugno 1993 n. 258
(in G.U. 1a s.s. 09/06/1993 n. 24) ha dichiarato “l’illegittimita’
costituzionale dell’art. 29 del codice penale militare di pace nella
parte in cui prevede che “per gli altri militari” la rimozione consegue
alla condanna alla reclusione militare per una durata diversa da quella
stabilita “per gli ufficiali e sottufficiali”.”

Art. 30.

(Sospensione dall’impiego).

La sospensione dall’impiego si applica agli ufficiali, e consiste
nella privazione temporanea dell’impiego.

Fuori dei casi preveduti dall’articolo precedente, la condanna alla
reclusione militare importa la sospensione dall’impiego durante
l’espiazione della pena.

Art. 31.

(Sospensione dal grado).

La sospensione dal grado si applica ai sottufficiali e ai graduati di
truppa, e consiste nella privazione temporanea del grado militare.

Fuori dei casi preveduti dall’articolo 29, la condanna alla
reclusione militare importa la sospensione dal grado durante
l’espiazione della pena.

Art. 32.

(Pubblicazione della sentenza di condanna).

La sentenza di condanna alla pena di morte o alla pena dell’ergastolo
e’ pubblicata per estratto mediante affissione nel comune dove e’ stata
pronunciata, in quello dove il reato fu commesso e in quello dove ha
sede il corpo o e’ ascritta la nave, a cui il condannato apparteneva.

Il giudice, se ricorrono particolari motivi, puo’ disporre
altrimenti, o anche che la sentenza non sia pubblicata.

Art. 33.

(Pene militari accessorie conseguenti alla condanna per delitti
preveduti dalla legge penale comune).

La condanna pronunciata contro militari in servizio alle armi o in
congedo, per alcuno dei delitti preveduti dalla legge penale comune,
oltre le pene accessorie comuni, importa:

1° la degradazione, se trattasi di condanna alla pena di morte o alla
pena dell’ergastolo, ovvero di condanna alla reclusione che, a norma
della legge penale comune, importa la interdizione perpetua dai pubblici
uffici;

2° la rimozione, se, fuori dei casi indicati nel numero 1°, trattasi
di delitto non colposo contro la personalita’ dello Stato, o di alcuno
dei delitti preveduti dagli articoli 476 a 493, 530 a 537, 624, 628,
629, 630, 640, 643, 644 e 646 del codice penale, o di bancarotta
fraudolenta; ovvero se il condannato, dopo scontata la pena, deve essere
sottoposto a una misura di sicurezza detentiva diversa dal ricovero in
una casa di cura o di custodia per infermita’ psichica, o alla liberta’
vigilata;

3° la rimozione, ovvero la sospensione dall’impiego o dal grado,
secondo le norme stabilite, rispettivamente, dagli articoli 29, 30 e 31,
in ogni altro caso di condanna alla reclusione, da sostituirsi con la
reclusione militare a’ termini degli articoli 63 e 64.

La dichiarazione di abitualita’ o di professionalita’ nel delitto,
ovvero di tendenza a delinquere, pronunciata in qualunque tempo contro
militari in servizio alle armi o in congedo, per reati preveduti dalla
legge penale comune, importa la degradazione.

Art. 34.

(Decorrenza delle pene militari accessorie).

Le pene della degradazione e della rimozione decorrono, a ogni
effetto, dal giorno in cui la sentenza e’ divenuta irrevocabile.

Le pene della sospensione dall’impiego e della sospensione dal grado
decorrono dal momento in cui ha inizio l’esecuzione della pena
principale.

Art. 35.

(Condizione giuridica del condannato alla pena di morte con
degradazione).

Il condannato alla pena di morte con degradazione e’ equiparato al
condannato all’ergastolo, per quanto concerne la sua condizione
giuridica.

Art. 36.

(Condanna per reati commessi con abuso di un pubblico ufficio).

In caso di condanna per reati militari, non si applica la
disposizione dell’articolo 31 del codice penale.

TITOLO TERZO
DEL REATO MILITARE
CAPO I
Del reato consumato e tentato

Art. 37.

(Reato militare).

Qualunque violazione della legge penale militare e’ reato militare.

E’ reato esclusivamente militare quello costituito da un fatto che,
nei suoi elementi materiali costitutivi, non e’, in tutto o in parte,
preveduto come reato dalla legge penale comune.

I reati preveduti da questo codice, e quelli per i quali qualsiasi
altra legge penale militare commina una delle pene indicate
nell’articolo 22, sono delitti.

Art. 38.

(Trasgressione disciplinare).

Le violazioni dei doveri del servizio e della disciplina militare,
non costituenti reato, sono prevedute dalla legge ovvero dai regolamenti
militari approvati con decreto Reale, e sono punite con le sanzioni in
essi stabilite.

Art. 39.

(Ignoranza dei doveri militari).

Il militare non puo’ invocare a propria scusa l’ignoranza dei doveri
inerenti al suo stato militare.((39))

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AGGIORNAMENTO (39)

La Corte Costituzionale con sentenza 20- 24 febbraio 1995, n. 61 (in
G.U. 1a s.s. 01/03/1995 n. 9) ha dichiarato “l’illegittimita’
costituzionale dell’art. 39 del codice penale militare di pace, nella
parte in cui non esclude dall’inescusabilita’ dell’ignoranza dei doveri
inerenti allo stato militare l’ignoranza inevitabile”.

Art. 40.

((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 11 LUGLIO 1978, N. 382))

Art. 41.

(Uso legittimo delle armi).

Non e’ punibile il militare, che, a fine di adempiere un suo dovere
di servizio, fa uso, ovvero ordina di far uso delle armi o di altro
mezzo di coazione fisica, quando vi e’ costretto dalla necessita’ di
respingere una violenza o di vincere una resistenza.

La legge determina gli altri casi, nei quali il militare e’
autorizzato a usare le armi o altro mezzo di coazione fisica.

Art. 42.

(Difesa legittima).

Per i reati militari, in luogo dell’articolo 52 del codice penale, si
applicano le disposizioni dei commi seguenti.

Non e’ punibile chi ha commesso un fatto costituente reato militare,
per esservi stato costretto dalla necessita’ di respingere da se’ o da
altri una violenza attuale e ingiusta, sempre che la difesa sia
proporzionata all’offesa.

Non e’ punibile il militare, che ha commesso alcuno dei fatti
preveduti dai capi terzo e quarto del titolo terzo, libro secondo, per
esservi stato costretto dalla necessita’:

1° di difendere i propri beni contro gli autori di rapina,
estorsione, o sequestro di persona a scopo di rapina o estorsione,
ovvero dal saccheggio;

2° di respingere gli autori di scalata, rottura o incendio alla casa
o ad altro edificio di abitazione o alle loro appartenenze, se cio’
avviene di notte; ovvero se la casa o l’edificio di abitazione, o le
loro appartenenze, sono in luogo isolato, e vi e’ fondato timore per la
sicurezza personale di chi vi si trovi.

Se il fatto e’ commesso nell’atto di respingere gli autori di
scalata, rottura o incendio alla casa o ad altro edificio di abitazione,
o alle loro appartenenze, e non ricorrono le condizioni prevedute dal
numero 2° del comma precedente, alla pena di morte con degradazione e’
sostituita la reclusione non inferiore a dieci anni; alla pena
dell’ergastolo e’ sostituita la reclusione da sei a venti anni; e le
altre pene sono diminuite da un terzo alla meta’.

Art. 43.

(Nozione della violenza).

Agli effetti della legge penale militare, sotto la denominazione di
violenza si comprendono l’omicidio, ancorche’ tentato o
preterintenzionale, le lesioni personali, le percosse, i maltrattamenti,
e qualsiasi tentativo di offendere con armi.

Art. 44.

(Casi particolari di necessita’ militare).

Non e’ punibile il militare, che ha commesso un fatto costituente
reato, per esservi stato costretto dalla necessita’ di impedire
l’ammutinamento, la rivolta, il saccheggio, la devastazione, o comunque
fatti tali da compromettere la sicurezza del posto, della nave o
dell’aeromobile.

Art. 45.

(Eccesso colposo).

Quando, nel commettere alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 40,
41, 42, escluso l’ultimo comma, e 44, si eccedono colposamente i limiti
stabiliti dalla legge o dall’ordine del superiore o di altra Autorita’,
ovvero imposti dalla necessita’, si applicano le disposizioni
concernenti i reati colposi, se il fatto e’ preveduto dalla legge come
reato colposo.

Art. 46.

(Pena per il delitto tentato).

Il colpevole di delitto tentato e’ punito:

1° con la reclusione da ventiquattro a trenta anni, se dalla legge e’
stabilita per il delitto la pena di morte con degradazione;

2° con la reclusione militare non inferiore a quindici anni, se la
pena stabilita e’ la morte mediante fucilazione nel petto;

3° con la reclusione non inferiore a dodici anni, se la pena
stabilita e’ l’ergastolo;

4° negli altri casi, con la pena stabilita per il delitto, diminuita
da un terzo a due terzi.

CAPO II
Circostanze del reato militare

Art. 47.

(Circostanze aggravanti comuni).

Oltre le circostanze aggravanti comuni prevedute dal codice penale,
aggravano il reato militare, quando non ne sono elementi costitutivi o
circostanze aggravanti speciali, le circostanze seguenti:

1° l’avere agito per timore di un pericolo, al quale il colpevole
aveva un particolare dovere giuridico di esporsi;

2° l’essere il militare colpevole rivestito di un grado o investito
di un comando;

3° l’avere commesso il fatto con le armi di dotazione militare, o
durante un servizio militare, ovvero a bordo di una nave militare o di
un aeromobile militare;

4° l’avere commesso il fatto alla presenza di tre o piu’ militari, o
comunque in circostanze di luogo, per le quali possa verificarsi
pubblico scandalo;

5° l’avere il militare commesso il fatto in territorio estero, mentre
vi si trovava per causa di servizio, o mentre vestiva, ancorche’
indebitamente, l’uniforme militare.

Art. 48.

(Circostanze attenuanti comuni).

Oltre le circostanze attenuanti comuni prevedute dal codice penale, e
salva la disposizione dell’articolo seguente, attenuano il reato
militare, quando non ne sono elementi costitutivi o circostanze
attenuanti speciali, le circostanze seguenti:(15)

1° l’avere commesso il fatto per eccesso di zelo nell’adempimento dei
doveri militari;

2° l’essere il fatto commesso da militare, che non abbia ancora
compiuto trenta giorni di servizio alle armi, quando trattasi di reato
esclusivamente militare;

((3° l’aver commesso il fatto per i modi non convenienti
usati da altro militare))
.

Per i reati militari, la pena puo’ essere diminuita, quando il
colpevole sia militare di ottima condotta o di provato valore.

————-

AGGIORNAMENTO (15)

La Corte Costituzionale con sentenza 12-18 luglio 1984 n. 213 (in
G.U. 1a s.s. 25/07/1984 n. 204) ha dichiarato “ex art. 27 della legge 11
marzo 1953, n. 87, l’illegittimita’ costituzionale dell’art. 48 dello
stesso codice limitatamente all’inciso “e salva la disposizione
dell’articolo seguente””.

Art. 49.

(Provocazione).

Per i reati militari, l’avere reagito in stato d’ira, determinato da
un fatto ingiusto altrui, costituisce circostanza di attenuazione
soltanto nei casi espressamente stabiliti dalla legge.((15))

————-

AGGIORNAMENTO (15)

La Corte Costituzionale con sentenza 12-18 luglio 1984 n. 213 (in
G.U. 1a s.s. 25/07/1984 n. 204) ha dichiarato “l’illegittimita’
costituzionale dell’art. 49 del codice penale militare di pace”.

Art. 50.

(Aumento di pena nel caso di una sola circostanza aggravante).

Quando ricorre una circostanza aggravante, e l’aumento di pena non e’
determinato dalla legge, e’ aumentata fino a un terzo la pena che
dovrebbe essere inflitta per il reato commesso.

Nondimeno, la pena detentiva, temporanea da applicare per effetto
dell’aumento non puo’ superare gli anni trenta.

Art. 51.

(Diminuzione di pena nel caso di una sola circostanza attenuante).

Quando ricorre una circostanza attenuante, e la diminuzione di pena
non e’ determinata dalla legge, si osservano le norme seguenti:

1° alla pena di morte con degradazione e’ sostituita la reclusione da
ventiquattro a trenta anni;

2° alla pena di morte mediante fucilazione nel petto e’ sostituita la
reclusione militare da ventiquattro a trenta anni;

3° alla pena dell’ergastolo e’ sostituita la reclusione da venti a
ventiquattro anni;

4° le altre pene sono diminuite in misura non eccedente un terzo.

Art. 52.

(Limiti degli aumenti e delle diminuzioni di pena nel caso di
concorso di piu’ circostanze aggravanti o attenuanti).

Se concorrono piu’ circostanze aggravanti o attenuanti, per
determinare i limiti degli aumenti o delle diminuzioni di pena, si
applicano le disposizioni del codice penale.

La pena della reclusione militare da applicare per effetto degli
aumenti non puo’ comunque eccedere gli anni trenta.

La pena da applicare per effetto delle diminuzioni non puo’ essere
inferiore:

1° a quindici anni di reclusione, se per il delitto la legge
stabilisce la pena di morte con degradazione;

2° a quindici anni di reclusione militare, se per il delitto la legge
stabilisce la pena di morte mediante fucilazione nel petto.

CAPO III
Del concorso di reati

Art. 53.

(Pena di morte).

Al colpevole di piu’ reati, di cui uno importa la pena di morte
mediante fucilazione nel petto e un altro la degradazione, si applica la
pena di morte con degradazione, fermi gli effetti derivanti da ciascuna
pena.

Art. 54.

(Concorso di reati che importano l’ergastolo).

Al colpevole di piu’ reati, ciascuno dei quali importa l’ergastolo,
si applica la pena di morte con degradazione.

Art. 55.

(Concorso di reati che importano la reclusione e di reati che
importano la reclusione militare).

Quando concorrono piu’ reati, alcuni dei quali importano la
reclusione e altri la reclusione militare, si applica una pena unica,
osservate le norme seguenti:

1° se la condanna alla reclusione importa la degradazione, si applica
la reclusione; con un aumento pari alla durata complessiva della
reclusione militare, che si dovrebbe infliggere per i reati concorrenti;

2° se la condanna alla reclusione non importa la degradazione, si
applica la reclusione militare, con un aumento pari alla durata
complessiva della reclusione, che si dovrebbe infliggere per i reati
concorrenti.

Art. 56.

(Limiti dell’aumento di pena).

Nel caso di concorso di reati, la pena da applicare a norma
dell’articolo precedente e dell’articolo 73 del codice penale non puo’
essere superiore al quintuplo della piu’ grave fra le pene concorrenti,
ne’, comunque, eccedere trenta anni per la reclusione o la reclusione
militare.

TITOLO QUARTO
DEL REO
CAPO I
Della
recidiva

Art. 57.

(Recidiva facoltativa fra reati comuni e reati esclusivamente
militari).

Il giudice, salvo che si tratti di reati della stessa indole, ha
facolta’ di escludere la recidiva fra reati preveduti dalla legge penale
comune e reati esclusivamente militari.

CAPO II
Del concorso di persone nel reato

Art. 58.

(Circostanze aggravanti).

Nel caso di concorso di piu’ persone nel reato militare, la pena da
infliggere per il reato commesso e’ aumentata, oltre che nei casi in cui
ricorrono le circostanze degli articoli 111 e 112 o quelle del secondo
comma dell’articolo 113 del codice penale, anche per il superiore, che
e’ concorso nel reato con un inferiore.

La condanna a pena detentiva, fuori dei casi in cui ne deriva la
degradazione, importa, per il militare che e’ concorso con l’inferiore,
la rimozione.

Art. 59.

(Circostanze attenuanti).

La pena da infliggere per il reato militare puo’ essere diminuita:

1° per l’inferiore, che e’ stato determinato dal superiore a
commettere il reato;

2° per il militare, che nella preparazione o nella esecuzione del
reato ha prestato opera di minima importanza; eccettuati i casi indicati
nell’articolo precedente.

TITOLO QUINTO
DELL’APPLICAZIONE E DELLA
ESECUZIONE DELLA PENA

Art. 60.

(Detenzione ordinata in via disciplinare. Equiparazione alla
carcerazione preventiva).

La detenzione ordinata in via disciplinare dall’Autorita’ militare in
attesa del procedimento penale e’ equiparata, agli effetti della
decorrenza della pena, alla carcerazione sofferta prima che la sentenza
sia divenuta irrevocabile.

Art. 61.

(Vigilanza sulla esecuzione della pena militare detentiva.
Ordinamento degli stabilimenti militari di pena).

L’esecuzione della pena militare detentiva e’ vigilata dal giudice.

I regolamenti militari approvati con decreto Reale stabiliscono
l’ordinamento degli stabilimenti militari di pena, e provvedono
relativamente ai modi di esecuzione della pena militare detentiva e alla
vigilanza relativa.

Art. 62.

(Infermita’ psichica sopravvenuta al condannato).

Nel caso preveduto dall’articolo 148 del codice penale, il ricovero
del condannato in un manicomio comune, anziche’ in un manicomio
giudiziario, puo’ essere disposto anche se la pena inflitta sia la
reclusione militare per durata inferiore a tre anni.

Art. 63.

(Esecuzione delle pene comuni inflitte ai militari in servizio
permanente).

Nella esecuzione delle pene inflitte ai militari in servizio
permanente alle armi, per reati preveduti dalla legge penale comune,
compresi quelli indicati nell’articolo 264 di questo codice, si
osservano le norme seguenti:

1° la pena di morte e’ eseguita mediante fucilazione nella schiena,
previa degradazione;

2° la pena dell’ergastolo e quella della reclusione, se la condanna
importa la interdizione perpetua dai pubblici uffici, sono eseguite nei
modi comuni, con degradazione del condannato secondo le norme stabilite
dalla legge e dai regolamenti militari;

3° alla pena della reclusione, se la condanna non importa la
interdizione perpetua dai pubblici uffici, e’ sostituita la reclusione
militare per eguale durata, ancorche’ la reclusione sia inferiore a un
mese;

4° alla pena della multa, non eseguita per insolvibilita’ del
condannato, e’ sostituita la reclusione militare per non oltre tre anni,
computandosi un giorno di reclusione militare per ogni cinquanta lire, o
frazione di cinquanta lire, di multa;

5° alla pena dell’arresto e’ sostituita la reclusione militare,
computandosi un giorno di reclusione militare per due di arresto;

6° alla pena dell’ammenda, non eseguita per insolvibilita’ del
condannato, e’ sostituita la reclusione militare per non oltre un anno,
computandosi un giorno di reclusione militare per ogni cento lire, o
frazione di cento lire, di ammenda.

Art. 64.

(Esecuzione delle pene comuni inflitte ai militari in servizio
temporaneo).

Nella esecuzione delle pene inflitte a militari in servizio
temporaneo alle armi, per reati preveduti dalla legge penale comune, si
osservano le norme seguenti:

1° se trattasi dei reati indicati nell’articolo 264, si applicano le
disposizioni dell’articolo precedente;

2° se trattasi di altro reato, si applicano le disposizioni dei
numeri 1° e 2° dell’articolo precedente, se la condanna importa la
interdizione perpetua dai pubblici uffici;

3° in ogni altro caso, la pena si sconta alla cessazione del servizio
alle armi per ferma di leva o per richiamo dal congedo.

Art. 65.

(Esecuzione delle pene militari inflitte alle persone che non hanno,
o che hanno perduto, la qualita’ di militare, o che prestano di fatto
servizio alle armi).

Nei casi preveduti dall’articolo 16, per la esecuzione delle pene
militari si osservano le norme seguenti:

1° la pena di morte e’ eseguita secondo le norme stabilite
dall’articolo 25;

2° alla pena della reclusione militare e’ sostituita la pena della
reclusione per eguale durata.

Le disposizioni di questo articolo si applicano anche quando, per un
reato militare, sia pronunciata condanna contro chi ha cessato di
appartenere alle forze armate dello Stato, contro gli assimilati ai
militari, gli iscritti ai corpi civili militarmente ordinati e le altre
persone estranee alle forze predette.

TITOLO SESTO
DELLA ESTINZIONE DEL REATO
MILITARE E DELLA PENA MILITARE

Art. 66.

(Norma generale).

Le disposizioni del codice penale sulla estinzione del reato e della
pena, in quanto applicabili in materia penale militare, si osservano
anche per il reato e per le pene militari, con le modificazioni
stabilite dagli articoli seguenti.

Agli effetti indicati nel comma precedente, la pena di morte
preveduta dalla legge penale militare e la pena della reclusione
militare si intendono equiparate, rispettivamente, alla pena di morte e
alla pena della reclusione prevedute dal codice penale.

Art. 67.

(Prescrizione: reati punibili con la pena di morte mediante
fucilazione nel petto).

I reati, per i quali la legge stabilisce la pena di morte mediante
fucilazione nel petto, si prescrivono in trenta anni.

Art. 68.

(Disposizioni speciali per i reati di diserzione e di mancanza alla
chiamata).

Per i reati di diserzione e di mancanza alla chiamata, il termine per
la prescrizione del reato e quello per la estinzione della pena per
decorso del tempo decorrono, se l’assenza perduri, dal giorno in cui il
militare ha compiuto l’eta’, per la quale cessa in modo assoluto
l’obbligo del servizio militare, a norma delle leggi sul reclutamento.

Questa disposizione non si applica per i reati di allontanamento
illecito e di mancanza alla chiamata per istruzione.

Art. 69.

((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 7 FEBBRAIO 1990, N. 19))

Art. 70.

(Non menzione della condanna nel certificato del casellario).

Il giudice puo’ ordinare che non sia fatta menzione della condanna
nel certificato del casellario giudiziale, anche quando con una prima
condanna e’ inflitta la pena della reclusione militare non superiore a
tre anni, purche’ ricorrano le altre condizioni stabilite dall’articolo
175 del codice penale.

La disposizione di questo articolo si applica anche se alla condanna
conseguono pene militari accessorie.

Art. 71.

(Liberazione condizionale).

Il condannato a pena militare detentiva per un tempo superiore a tre
anni, il quale abbia scontato meta’ della pena, o almeno tre quarti se
e’ recidivo, e in ogni caso non meno di tre anni, e abbia dato prova
costante di buona condotta, puo’ essere ammesso alla liberazione
condizionale, se il rimanente della pena non supera tre anni.

La concessione, gli effetti e la revoca della liberazione
condizionale sono regolati dalla legge penale comune, salva la
disposizione dell’articolo 76 di questo codice.

Art. 72.

(Riabilitazione militare).

La riabilitazione ordinata a norma della legge penale comune non
estingue le pene militari accessorie e gli altri effetti penali
militari.

Nei confronti della persona riabilitata a norma della legge penale
comune, le pene militari accessorie e ogni altro effetto penale militare
si estinguono con la riabilitazione conceduta nei modi stabiliti dalla
legge penale militare.

La sentenza della riabilitazione conceduta a norma del comma
precedente e’ revocata di diritto nei casi preveduti dagli articoli 180
e 181 del codice penale.

Art. 73.

(Effetti dell’amnistia, dell’indulto, della grazia e della
riabilitazione militare relativamente alla perdita del grado conseguente
alla condanna).

Salvo che il decreto disponga altrimenti, l’amnistia, l’indulto o la
grazia non restituisce il grado perduto per effetto della condanna.

Salvo che la legge disponga altrimenti, la riabilitazione militare
non restituisce il grado perduto per effetto della condanna.

TITOLO SETTIMO
DELLE MISURE AMMINISTRATIVE DI
SICUREZZA

Art. 74.

(Norma generale).

Le disposizioni della legge penale comune relative alle misure
amministrative di sicurezza si osservano anche in materia penale
militare, salve le norme degli articoli seguenti.

Agli effetti della disposizione del comma precedente, la pena di
morte preveduta dalla legge penale militare e la pena della reclusione
militare s’intendono equiparate, rispettivamente, alla pena di morte e
alla pena della reclusione prevedute dal codice penale. Tuttavia, in
caso di condanna alla reclusione militare, non si applica la
disposizione dell’articolo 230, numero 1°, del codice penale.

Art. 75.

(Divieto di soggiorno).

Oltre che nei casi indicati nell’articolo 233 del codice penale, al
colpevole di alcuno dei reati contro la fedelta’ o la difesa militare
puo’ essere imposto il divieto di soggiornare in uno o piu’ comuni o in
una o piu’ provincie, designati dal giudice, osservate le disposizioni
della legge penale comune.

Art. 76.

(Sospensione dell’esecuzione di misure di sicurezza).

Durante il servizio alle armi, e’ sospesa la esecuzione delle misure
di sicurezza ordinate in applicazione della legge penale comune o della
legge penale militare, tranne che si tratti del ricovero in una casa di
cura o di custodia, in un manicomio giudiziario, o in un riformatorio
giudiziario, ovvero della confisca.

Alla cessazione del servizio alle armi, o durante l’esecuzione della
misura di sicurezza, anche prima che sia decorso il tempo corrispondente
alla durata minima stabilita dalla legge, il Ministro della giustizia
puo’ revocare la misura di sicurezza applicata dal giudice, o, quando
trattisi di misura di sicurezza detentiva, sostituirla con altra non
detentiva.

LIBRO SECONDO
DEI REATI MILITARI, IN
PARTICOLARE
TITOLO PRIMO
DEI REATI CONTRO LA FEDELTA’ E LA DIFESA
MILITARE
CAPO I
Del tradimento

Art. 77.

(( (Alto tradimento). ))

((Il militare, che commette alcuno dei delitti contro la
personalita’ dello Stato preveduti dagli articoli 241, 276, 277, 283,
285, 288, 289 e 290-bis del Codice penale, modificati dal decreto
legislativo luogotenenziale 14 settembre 1944, n. 288, e dalla legge 11
novembre 1947, n. 1317, e’ punito a norma delle corrispondenti
disposizioni dello stesso Codice, aumentata di un terzo la pena della
reclusione.


E’ punito con l’ergastolo il militare che commette
alcuno dei delitti preveduti dagli articoli 242 e 284 del Codice penale
per il solo fatto di essere insorto in armi, o di aver portato le armi
contro lo stato, ovvero di aver partecipato ad una insurrezione armata))
.

Art. 78.

(Istigazione all’alto tradimento; cospirazione; banda armata).

E’ punito a norma delle corrispondenti disposizioni del codice
penale, aumentata la pena della reclusione da un terzo alla meta’:

1° il militare colpevole di istigazione o cospirazione, dirette a
commettere alcuno dei reati indicati nell’articolo precedente;

2° il militare, che, per commettere alcuno dei reati indicati
nell’articolo precedente, promuove, costituisce od organizza una banda
armata, ovvero vi partecipa.

Art. 79.

(( (Offesa all’onore ed al prestigio del Presidente della
Repubblica). ))

((Il militare che offende l’onore o il prestigio del
Presidente della Repubblica, o di chi ne fa le veci, e’ punito con la
reclusione militare da cinque a quindici anni))
.

Art. 80.

((ARTICOLO ASOPPRESSO DALLA L. 23 MARZO 1956, N. 167))

Art. 81.

(( (Vilipendio della Repubblica, delle Istituzioni
costituzionali e delle Forze armate dello Stato). ))

((Il militare, che pubblicamente vilipende la Repubblica,
le Assemblee legislative o una di queste, ovvero il Governo o la Corte
Costituzionale o l’Ordine giudiziario, e’ punito con la reclusione
militare da due a sette anni.


La stessa pena si applica al militare che
pubblicamente vilipende le Forze armate dello Stato o una parte di esse,
o quelle della liberazione))
.

Art. 82.

(Vilipendio alla nazione italiana).

Il militare, che pubblicamente vilipende la nazione italiana, e’
punito con la reclusione militare da due a cinque anni.

Se il fatto e’ commesso in territorio estero, si applica la
reclusione militare da due a sette anni.

Art. 83.

(Vilipendio alla bandiera nazionale o ad altro emblema dello Stato).

Il militare, che vilipende la bandiera nazionale o un altro emblema
dello Stato, e’ punito con la reclusione militare da tre a sette anni.

Se il fatto e’ commesso in territorio estero, la pena e’ della
reclusione militare da tre a dodici anni.

Le disposizioni dei commi precedenti si applicano anche al militare,
che vilipende i colori nazionali raffigurati su cosa diversa da una
bandiera.

Art. 84.

(Intelligenze con lo straniero e offerta di servizi).

Il militare, che tiene intelligenze con lo straniero, dirette a
favorire, per il caso di guerra con lo Stato italiano, le operazioni
militari di uno Stato estero, e’ punito con la reclusione non inferiore
a quindici anni.

Se trattasi di offerte di servizi non ancora accettate, la pena e’
della reclusione non inferiore a dieci anni.

Art. 85.

(Soppressione, distruzione, falsificazione o sottrazione di atti,
documenti o cose concernenti la forza, la preparazione o la difesa
militare dello Stato).

Il militare, che, in tutto o in parte, sopprime, distrugge,
falsifica, ovvero carpisce, sottrae o distrae, anche temporaneamente,
atti, documenti o altre cose concernenti la forza, la preparazione o la
difesa militare dello Stato e che devono rimanere segreti, e’ punito con
la reclusione non inferiore a dieci anni.

Se il fatto ha compromesso la preparazione o la difesa militare dello
Stato, si applica la pena di morte con degradazione.

((Agli effetti delle disposizioni di questo articolo, non
possono comunque essere considerati come segreti gli atti, i documenti o
altre cose che non abbiano destinazione esclusiva per le Forze armate))
.

CAPO II
Dello spionaggio militare e della
rivelazione di segreti militari

Art. 86.

(Rivelazione di segreti militari, a scopo di spionaggio).

Il militare, che rivela, nell’interesse di uno Stato estero, notizie
concernenti la forza, la preparazione o la difesa militare dello Stato e
che devono rimanere segrete, e’ punito con la morte con degradazione.

Art. 87.

(Accordo di militari per commettere rivelazione di segreti militari,
a scopo di spionaggio).

Quando due o piu’ militari si accordano al fine di commettere il
reato preveduto dall’articolo precedente, ciascuno di essi e’ punito, se
il reato non e’ commesso, con la reclusione da cinque a quindici anni.

Per i capi, i promotori e gli organizzatori, la pena e’ della
reclusione non inferiore a quindici anni.

Art. 88.

(Procacciamento di notizie segrete, a scopo di spionaggio).

Il militare, che, allo scopo di darne comunicazione a uno Stato
estero, si procura notizie concernenti la forza, la preparazione o la
difesa militare dello Stato e che devono rimanere segrete, e’ punito con
la reclusione non inferiore a venti anni.

Se il fatto ha compromesso la preparazione o la difesa militare dello
Stato, si applica la pena di morte con degradazione.

Art. 89.

(Procacciamento di notizie segrete, non a scopo di spionaggio).

Il militare, che, fuori dei casi preveduti dall’articolo precedente,
si procura, senza l’autorizzazione dell’Autorita’ militare competente,
le notizie in esso indicate, ovvero compie atti diretti a procurarsele,
e’ punito con la reclusione militare da tre a dieci anni.

Se il fatto ha compromesso la preparazione o la difesa militare dello
Stato, si applica la reclusione militare non inferiore a dieci anni.

Art. 89-bis.

(( (Esecuzione di disegni, introduzione in luoghi di
interesse militare a scopo di spionaggio). ))

((E’ punito con la reclusione da sei a dodici anni il
militare che, a scopo di spionaggio:

1) senza la necessaria autorizzazione, esegue disegni,
modelli, schizzi o fotografie di cose concernenti la forza, la
preparazione o la difesa militare dello Stato, ovvero fa ricognizione
sulle cose medesime;

2) per commettere alcuno dei fatti indicati nel n. 1), o
per procurarsi notizie rispetto ai fatti medesimi, si introduce
clandestinamente o con inganno nei luoghi o zone di terra, di acqua o di
aria, nei quali e’ vietato l’accesso nell’interesse militare dello
Stato;

3) si intrattiene in tali luoghi o zone, o in loro
prossimita’, in possesso ingiustificato di mezzi idonei a commettere
spionaggio;

4) acquista, riceve, o comunque detiene carte, schizzi,
fotografie o qualsiasi altra cosa atta a fornire notizie concernenti la
forza, la preparazione o la difesa militare dello Stato))
.

Art. 90.

(Esecuzione indebita di disegni; introduzione clandestina in luoghi
d’interesse militare; possesso ingiustificato di mezzi di spionaggio).

E’ punito con la reclusione da cinque a dieci anni il militare:

1° che, senza la necessaria autorizzazione, esegue disegni, modelli,
schizzi o fotografie di cose concernenti la forza, la preparazione o la
difesa militare dello Stato, ovvero fa ricognizione sulle cose
medesime;(40)

2° che, per commettere alcuno dei fatti indicati nel numero 1°, o per
procurarsi notizie rispetto ai fatti medesimi, si introduce
clandestinamente o con inganno nei luoghi o zone di terra, di acqua o di
aria, nei quali e’ vietato l’accesso nell’interesse militare dello
Stato;(40)

3° che e’ colto in tali luoghi o zone, o in loro prossimita’, in
possesso ingiustificato di mezzi idonei a commettere alcuno dei fatti
indicati nel numero 1°;(40)

4° che e’ colto in possesso ingiustificato di carte, scritti,
disegni, modelli, schizzi, fotografie o di qualsiasi altra cosa atta a
fornire notizie concernenti la forza, la preparazione o la difesa
militare dello Stato.(21)

Per il solo fatto di introdursi clandestinamente o con inganno nei
suddetti luoghi o zone, il militare e’ punito con la reclusione militare
da due a cinque anni.((42))

Fuori dei casi suindicati, al militare si applica la pena della
reclusione militare fino a un anno, per il solo fatto di introdursi,
senza la necessaria autorizzazione, in luoghi in cui e’ vietato
l’accesso nell’interesse militare dello Stato.

————-

AGGIORNAMENTO (21)

La Corte Costituzionale con sentenza 9 – 16 febbraio 1989 n. 49 (in
G.U. 1a s.s. 22/02/1989 n. 8) ha dichiarato “l’illegittimita’
costituzionale dell’art. 90, primo comma, n.4, del codice penale
militare di pace, nella parte in cui punisce i fatti previsti dal n. 4
dello stesso comma con la reclusione da cinque a dieci anni”.

————-

AGGIORNAMENTO (40)

La Corte Costituzionale con sentenza 26 giugno – 5 luglio 1995 n. 298
(in G.U. 1a s.s. 12/07/1995 n. 29) ha dichiarato “l’illegittimita’
costituzionale dell’art. 90, primo comma, numero 1, del codice penale
militare di pace nella parte in cui punisce i fatti previsti con la
reclusione da cinque a dieci anni anziche’ con la reclusione da uno a
cinque anni” e “in applicazione dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953,
n. 87 – l’illegittimita’ costituzionale dell’art. 90, primo comma,
numeri 2 e 3, del codice penale militare di pace, nella parte in cui
punisce i fatti previsti con la reclusione da cinque a dieci anni
anziche’ con la reclusione da uno a cinque anni”.

————-

AGGIORNAMENTO (42)

La Corte Costituzionale con sentenza 26 marzo – 6 aprile 1998 n. 97
(in G.U. 1a s.s. 15/04/1998 n. 15) ha dichiarato “l’illegittimita’
costituzionale dell’art. 90, secondo comma, del codice penale militare
di pace, nella parte in cui prevede la pena della reclusione da due a
cinque anni, anziche’ da uno a cinque anni”.

Art. 91.

(Rivelazione di notizie segrete, non a scopo di spionaggio).

Fuori del caso indicato nell’articolo 86, il militare, che rivela
notizie concernenti la forza, la preparazione o la difesa militare dello
Stato e che devono rimanere segrete, e’ punito con la reclusione
militare non inferiore a cinque anni.

Se il fatto ha compromesso la preparazione o la difesa militare dello
Stato, si applica la reclusione militare non inferiore a venti anni.

Se il fatto e’ commesso per colpa, la pena e’ della reclusione
militare da sei mesi a due anni, nel caso preveduto dal primo comma, e
da tre a quindici anni, nel caso preveduto dal secondo comma.

Art. 92.

(Circostanze aggravanti).

Se il colpevole del reato preveduto dall’articolo precedente era, per
ragione di ufficio o di servizio, a cognizione delle notizie ivi
indicate, o se il fatto e’ stato commesso con qualsiasi mezzo di
pubblicita’, la pena e’ aumentata.

Art. 93.

(Procacciamento o rivelazione di notizie di carattere riservato).

Per i fatti preveduti dagli articoli precedenti, quando le notizie
indicate negli articoli stessi non sono fra quelle che devono rimanere
segrete, ma hanno carattere riservato, per esserne stata vietata la
divulgazione dall’Autorita’ competente, alla pena di morte con
degradazione e’ sostituita la reclusione non inferiore a venti anni, e
le altre pene sono diminuite da un terzo alla meta’.

Art. 94.

(Comunicazione all’estero di notizie non segrete ne’ riservate).

Il militare, che comunica a uno Stato estero notizie concernenti la
forza, la preparazione o la difesa militare dello Stato, diverse da
quelle che devono rimanere segrete o che hanno carattere riservato, e’
punito, se dal fatto puo’ derivare nocumento alla forza, alla
preparazione o alla difesa militare dello Stato, con la reclusione
militare fino a cinque anni.

Art. 95.

(Militare che ottiene le notizie indicate negli articoli precedenti).

Le pene stabilite dagli articoli precedenti si applicano anche al
militare, che ottiene le notizie ivi indicate.

Art. 96.

(Fine di favorire lo Stato italiano).

Per i reati preveduti dagli articoli precedenti, la punibilita’ non
e’ esclusa, se il colpevole ha agito con il fine di favorire lo Stato
italiano. Tuttavia, la pena puo’ essere diminuita.

CAPO III
Disposizioni comuni ai capi
precedenti

Art. 97.

(Agevolazione colposa).

Il militare, che, avendo, per ragione di ufficio o di servizio, la
custodia o il possesso delle cose, ovvero, per lo stesso motivo, essendo
a cognizione delle notizie o esercitando la vigilanza dei luoghi
d’interesse militare, ha reso possibile, o soltanto agevolato, per
colpa, la esecuzione di alcuno dei reati preveduti dagli articoli 85,
86, 88, 89, 90, comma primo, 91 e 93, e’ punito con la reclusione
militare fino a cinque anni.

Se il fatto ha compromesso la preparazione o la difesa militare dello
Stato, si applica la reclusione militare da tre a quindici anni.

Art. 98.

(Istigazione od offerta).

Il militare, che istiga altri a commettere alcuno dei reati preveduti
dagli articoli 84 a 91, ovvero si offre per commetterlo, e’ punito, se
l’istigazione o l’offerta non e’ accolta, ovvero se l’istigazione o
l’offerta e’ accolta, ma il reato non e’ commesso:

1° con la reclusione da cinque a dodici anni, se la pena stabilita
per il reato e’ la morte con degradazione;

2° negli altri casi, con la pena stabilita per il reato, diminuita
dalla meta’ a due terzi.

Art. 99.

(Corrispondenza con lo Stato estero diretta a commettere fatti di
tradimento o di spionaggio militare).

Il militare, che tiene con uno Stato estero corrispondenza diretta a
commettere alcuno dei fatti indicati negli articoli 85,86, 87 e 88, o
che comunque compie atti diretti a commettere alcuno dei fatti stessi,
e’ punito con la reclusione non inferiore a dieci anni.

Art. 100.

(Omesso rapporto).

Il militare, che, avendo notizia di alcuno dei reati preveduti da
questo capo e dai capi precedenti, per il quale la legge stabilisce la
pena della reclusione o della reclusione militare, non inferiore nel
massimo a cinque anni, o una pena piu’ grave, non ne fa immediatamente
rapporto ai superiori, e’ punito con la reclusione militare da tre mesi
a due anni.

Se il colpevole e’ un ufficiale, si applica la reclusione militare da
uno a tre anni.

Art. 101.

(Parificazione degli Stati alleati).

Le pene stabilite dagli articoli 84 e seguenti si applicano anche
quando il reato e’ commesso a danno di uno Stato alleato o associato, a
fine di guerra, con lo Stato italiano.

Art. 102.

(Circostanza attenuante).

Le pene stabilite per i reati preveduti da questo capo e dai capi
precedenti sono diminuite, quando, per la natura, la specie, i mezzi, le
modalita’ o le circostanze dell’azione, ovvero per la particolare
tenuita’ del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entita’.

TITOLO SECONDO
DEI REATI CONTRO IL SERVIZIO
MILITARE
CAPO I
Dei reati in servizio
Sezione I
Della
violazione di doveri generali inerenti al comando

Art. 103.

(Atti ostili del comandante contro uno Stato estero).

Il comandante, che, senza l’autorizzazione del Governo, o fuori dei
casi di necessita’, compie atti ostili contro uno Stato estero, e’
punito con la reclusione militare fino a tre anni.

Se gli atti ostili sono tali da esporre lo Stato italiano, o i suoi
cittadini ovunque residenti, o chiunque goda della protezione delle
leggi dello Stato, al pericolo di rappresaglie o di ritorsioni, la pena
e’ della reclusione militare da due a otto anni. Se segue la rottura
delle relazioni diplomatiche, o se avvengono le ritorsioni o le
rappresaglie, la pena e’ della reclusione militare da cinque a dieci
anni.

Se gli atti sono tali da esporre lo Stato italiano al pericolo di una
guerra, si applica la reclusione militare non inferiore a dieci anni.

Se, per effetto degli atti ostili, la guerra avviene, ovvero e’
derivato incendio o devastazione o la morte di una o piu’ persone, la
pena e’ della morte mediante fucilazione nel petto.

La condanna importa la rimozione.

Art. 104.

(Eccesso colposo).

Nei casi indicati nell’articolo precedente, se il comandante eccede
colposamente i limiti dell’autorizzazione o della necessita’, alla pena
di morte e’ sostituita la reclusione militare non inferiore a cinque
anni, e le altre pene sono diminuite da un terzo a due terzi; ferma la
pena accessoria della rimozione.

Art. 105.

(Perdita o cattura di nave o aeromobile).

Il comandante di una forza navale o aeronautica, il quale cagiona la
perdita o la cattura di una o piu’ navi o di uno o piu’ aeromobili,
dipendenti dal suo comando, e’ punito con la morte con degradazione.

La stessa pena si applica:

1° al comandante di una nave isolata o di un aeromobile isolato, il
quale cagiona la perdita o la cattura della nave o dell’aeromobile
stesso;

2° a ogni altro militare, che cagiona la perdita o la cattura della
nave o dell’aeromobile, su cui e’ imbarcato.

Se ricorrono particolari circostanze, che attenuano la
responsabilita’ del colpevole, la pena e’ della reclusione non inferiore
a sette anni.

Art. 106.

(Perdita colposa o cattura colposa di nave o aeromobile).

Quando alcuno dei fatti preveduti dall’articolo precedente e’
commesso per colpa del comandante di una forza navale o di una nave
isolata, o per colpa di altro militare imbarcato sulla nave perduta o
catturata, si applica la reclusione militare fino a dieci anni.

Se nel fatto ricorrono particolari circostanze, che attenuano la
responsabilita’ del colpevole, la pena e’ della reclusione militare fino
a cinque anni.

Le stesse pene si applicano al comandante di una forza aeronautica o
di un aeromobile isolato in manovra, o ad altro militare su di esso
imbarcato, che, per negligenza o imprudenza o per inosservanza di leggi,
regolamenti, ordini o discipline, commette alcuno dei fatti preveduti
dall’articolo precedente.

Art. 107.

(Investimento, incaglio o avaria di una nave o di un aeromobile).

Il comandante di una nave, il quale ne cagiona l’investimento,
l’incaglio o un’avaria, o il comandante di un aeromobile, il quale ne
cagiona l’investimento o un’avaria, e’ punito con la reclusione non
inferiore a otto anni; e, se dai fatti suindicati e’ derivata la perdita
della nave o dell’aeromobile, con la reclusione non inferiore a quindici
anni.

Le stesse pene si applicano a ogni altro militare, che cagiona i
danni suddetti alla nave o all’aeromobile su cui e’ imbarcato.

Se nel fatto ricorrono particolari circostanze, che attenuano la
responsabilita’ del colpevole, la pena e’ della reclusione non inferiore
a cinque anni.

Art. 108.

(Investimento o incaglio colposo o avaria colposa di nave o
aeromobile).

Quando alcuno dei fatti preveduti dall’articolo precedente e’
commesso per colpa del comandante della nave, o di altro militare su di
essa imbarcato, si applica la reclusione militare fino a due anni.

La stessa pena si applica al comandante di un aeromobile, o ad altro
militare su di esso imbarcato, che, per negligenza o imprudenza o per
inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline, commette alcuno
dei fatti preveduti dall’articolo precedente.

Art. 109.

(Agevolazione colposa).

Quando l’esecuzione di alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 105
e 107 e’ stata resa possibile, o soltanto agevolata, per colpa del
militare che aveva la custodia o la vigilanza delle cose ivi indicate,
questi e’ punito con la reclusione militare da uno a cinque anni.

Art. 110.

(Omesso uso di mezzi per limitare il danno, in caso d’incendio o di
altro sinistro).

Il comandante di una fortezza, di uno stabilimento militare, di una
nave o di un aeromobile, o, in generale, di qualunque opera o
costruzione militare, il quale, nel caso d’incendio, investimento,
naufragio o di qualsiasi altro sinistro, non adopera tutti i mezzi, di
cui puo’ disporre, per limitare il danno, e’ punito con la reclusione
militare fino a cinque anni.

Art. 111.

(Abbandono o cessione del comando in circostanze di pericolo).

Il comandante, che in qualsiasi circostanza di pericolo, senza
giustificato motivo, abbandona il comando o lo cede, e’ punito con la
reclusione militare fino a dieci anni.

La condanna importa la rimozione.

Art. 112.

(Violazione del dovere del comandante di essere l’ultimo ad
abbandonare la nave, l’aeromobile o il posto, in caso di pericolo).

Il comandante, che, in caso di pericolo ovvero di perdita della nave
o dell’aeromobile o del posto affidato al suo comando, non e’ l’ultimo
ad abbandonare la nave, l’aeromobile o il posto, e’ punito con la
reclusione militare non inferiore a un anno.

Se dal fatto e’ derivata la impossibilita’ di salvare la nave o
l’aeromobile o il posto, la reclusione militare non e’ inferiore a
quindici anni.

Se dal fatto e’ derivata la morte di alcuna delle persone imbarcate o
in servizio nel posto, la pena e’ della morte mediante fucilazione nel
petto.

La condanna importa la rimozione.

Art. 113.

(Omissione di soccorso o di protezione, in caso di pericolo).

Il comandante di una forza militare, che, senza giustificato motivo,
omette di soccorrere altra forza militare, che abbia bisogno di
assistenza in caso di pericolo, e’ punito con la reclusione militare
fino a tre anni.

La stessa pena si applica al comandante di una o piu’ navi militari,
o di uno o piu’ aeromobili militari, il quale, fuori dei casi preveduti
dal comma precedente, non presta a navi o ad aeromobili, ancorche’ non
nazionali, l’assistenza o la protezione, che era in grado di dare.

La condanna importa la rimozione.

Art. 114.

(Usurpazione di comando)

Il militare, che indebitamente assume o ritiene un comando, e’ punito
con la reclusione militare da due a quindici anni.

Se il comando indebitamente assunto e’ ritenuto contro l’ordine dei
capi, la pena e’ aumentata da un terzo alla meta’.

Se il fatto e’ commesso a bordo di una nave o di un aeromobile, la
pena e’ aumentata.

In ogni caso, se il fatto ha compromesso l’esito di una operazione
militare, la pena e’ della morte mediante fucilazione nel petto.

Art. 115.

(Movimento arbitrario di forze militari).

Il comandante, che, senza speciale incarico o autorizzazione, ovvero
senza necessita’, ordina un movimento di forze militari, e’ punito con
la reclusione militare da uno a sette anni.

Art. 116.

(Intempestiva od omessa apertura di piego chiuso).

Il comandante di una spedizione militare, che, avendo un piego da
aprirsi in tempo o luogo determinato, lo apre in tempo o in luogo
diverso, ovvero non lo apre, e’ punito, se dal fatto e’ derivato
pregiudizio al buon esito della spedizione, con la reclusione militare
non inferiore a cinque anni.

Se il fatto e’ commesso per colpa, si applica la reclusione militare
fino a tre anni.

Art. 117.

(Omessa esecuzione di un incarico)

Il comandante di una forza militare, che, senza giustificato motivo,
non esegue l’incarico affidatogli, e’ punito con la reclusione militare
fino a tre anni.

La condanna importa la rimozione.

Se l’incarico non e’ eseguito per negligenza, la pena e’ della
reclusione militare fino a un anno.

Sezione II
Dell’abbandono di posto e della
violazione di consegna

Art. 118.

(Abbandono di posto o violata consegna da parte di un militare in
servizio di sentinella, vedetta o scolta).

Il militare, che, essendo di sentinella, vedetta o scolta, abbandona
il posto o viola la consegna, e’ punito con la reclusione militare fino
a tre anni.

La reclusione militare e’ da uno a cinque anni, se il fatto e’
commesso:

1° nella guardia a rimesse di aeromobili o a magazzini o depositi di
armi, munizioni o materie infiammabili o esplosive;

2° a bordo di una nave o di un aeromobile;

3° in qualsiasi circostanza di grave pericolo.

In ogni caso, se dal fatto e’ derivato grave danno, la pena e’ della
reclusione militare da sette a quindici anni.

Art. 119.

(Militare di sentinella, vedetta o scolta, che si addormenta).

Il militare, che, essendo di sentinella, vedetta o scolta in alcuna
delle circostanze indicate nel secondo comma dell’articolo precedente,
si addormenta, e’ punito con la reclusione militare fino a un anno.

Se dal fatto e’ derivato grave danno, la pena e’ della reclusione
militare fino a due anni.

Art. 120.

(Abbandono di posto o violata consegna da parte di militare di
guardia o di servizio).

Fuori dei casi enunciati nei due articoli precedenti, il militare,
che abbandona il posto ove si trova di guardia o di servizio, ovvero
viola la consegna avuta, e’ punito con la reclusione militare fino a un
anno.

Se il colpevole e’ il comandante di un reparto o il militare preposto
a un servizio o il capo di posto, ovvero se si tratta di servizio
armato, la pena e’ aumentata.

Art. 121.

(Abbandono del convoglio o colposa separazione da esso).

Il comandante della scorta di un convoglio, che l’abbandona, e’
punito con la reclusione militare da uno a cinque anni.

Se egli, per colpa, rimane separato da tutto o parte del convoglio,
la pena e’ della reclusione militare fino a due anni.

Art. 122.

(Violata consegna da parte di militare preposto di guardia a cosa
determinata).

Il militare, che, essendo preposto di guardia a cosa determinata, la
sottrae, distrae, devasta, distrugge, sopprime, disperde o deteriora, o
la rende, in tutto o in parte, inservibile, e’ punito, per il solo fatto
della violata consegna, con la reclusione militare non inferiore a due
anni. ((32))

————-

AGGIORNAMENTO (32)

La Corte Costituzionale con sentenza 15 – 24 giugno 1992, n. 299 (in
G.U. 1a s.s. 1/7/1992, n. 28) ha dichiarato l’illegittimita’
costituzionale del presente articolo.

Art. 123.

(Omessa presentazione in servizio).

Il militare, che, senza giustificato motivo, omette di intraprendere
il servizio cui e’ stato comandato, ovvero di raggiungere il suo posto
in caso di allarme, e’ punito con la reclusione militare fino a sei
mesi.

La stessa pena si applica al militare appartenente a un corpo
militare volontario, il quale, chiamato a prestare servizio, non si
presenta ad assumerlo, senza giustificato motivo.

Art. 124.

(Separazione di una parte delle forze militari dal capo od omissione
di riunirsi a esso).

Nel caso di spedizione o altra operazione militare, il comandante di
una parte delle forze militari, che si separa dal suo capo, o che,
costretto da forza maggiore, o comunque da giustificato motivo, a
separarsi, omette di riunirsi al suo capo nel piu’ breve tempo
possibile, e’ punito con la reclusione militare fino a tre anni.

Se il fatto e’ commesso per colpa, la pena e’ della reclusione
militare fino a un anno.

Le stesse pene si applicano a ogni altro militare, che cagiona alcuno
dei fatti suindicati.

Sezione III
Della violazione di doveri
inerenti a speciali servizi

Art. 125.

(Inosservanza di istruzioni ricevute).

L’ufficiale incaricato di una missione o di una spedizione od
operazione militare, che non ottempera, senza giustificato motivo, alle
istruzioni ricevute, e’ punito, se il fatto ha pregiudicato l’esito
della missione, spedizione od operazione, con la reclusione militare
fino a tre anni.

La condanna importa la rimozione.

Se il fatto e’ commesso per colpa, la pena e’ della reclusione
militare fino a sei mesi.

Art. 126.

(Militare custode che cagiona per colpa l’evasione di persona
arrestata o detenuta).

Il militare, incaricato della custodia, anche temporanea, di una
persona arrestata o detenuta per un reato soggetto alla giurisdizione
militare, il quale ne cagiona, per colpa, l’evasione, e’ punito con la
reclusione militare fino a tre anni.

Il colpevole non e’ punibile, se nel termine di tre mesi
dall’evasione procura la cattura della persona evasa o la presentazione
di questa all’Autorita’.

Art. 127.

(Divulgazione di notizie segrete o riservate).

Salvo che il fatto costituisca un piu’ grave reato, il militare, che
rivela notizie concernenti il servizio o la disciplina militare in
generale, da lui conosciute per ragione o in occasione del suo ufficio o
servizio, e che devono rimanere segrete, e’ punito con la reclusione
militare da sei mesi a tre anni.

Se le notizie non sono segrete, ma hanno carattere riservato, per
esserne stata vietata la divulgazione dall’Autorita’ competente, si
applica la reclusione militare fino a due anni.

Se il fatto e’ commesso per colpa, la pena e’ della reclusione
militare fino a un anno.

Art. 128.

(Violazione, soppressione, omessa consegna di dispacci; rivelazione
del contenuto di comunicazioni).

Il militare, che indebitamente apre, sopprime, falsifica o non
consegna un ordine scritto o altro dispaccio qualsiasi, che era
incaricato di portare, o che rivela il contenuto di comunicazioni
telegrafiche, radiotelegrafiche, telefoniche e simili, conosciuto da lui
per ragione del suo ufficio o servizio, e’ punito con la reclusione
militare fino a cinque anni.

Alla stessa pena soggiace il militare incaricato del servizio di
comunicazioni telegrafiche, radiotelegrafiche, telefoniche e simili, che
sopprime, trascrive infedelmente o comunque falsifica un ordine o un
dispaccio inerente al servizio.

Il militare, che omette per colpa di custodire, consegnare o
trasmettere al destinatario, a cui era diretto, l’ordine o altro
dispaccio, o la comunicazione, e’ punito con la reclusione militare fino
a un anno.

Art. 129.

(Violazione o sottrazione di corrispondenza, commessa da militare
addetto al servizio postale, telegrafico o telefonico militare).

Il militare addetto al servizio postale, telegrafico o telefonico
militare, che, abusando di tale qualita’, prende cognizione del
contenuto di una corrispondenza chiusa o di altro piego chiuso o pacco,
ovvero sottrae o distrae, al fine di prenderne o di farne da altri
prendere cognizione, una corrispondenza chiusa o aperta, o altro piego
chiuso o pacco, ovvero, in tutto o in parte, li distrugge o sopprime, e’
punito, se il fatto non e’ preveduto come reato da altra disposizione di
legge, con la reclusione militare da sei mesi a tre anni.

Se il colpevole, senza giusta causa, rivela, in tutto o in parte, il
contenuto della corrispondenza o di un piego chiuso o pacco, si applica,
se il fatto non costituisce un piu’ grave reato, la reclusione militare
da sei mesi a cinque anni.

Le disposizioni precedenti si applicano anche al militare incaricato
del recapito della corrispondenza, il quale commette alcuno dei fatti
suindicati. Tuttavia, la pena e’ diminuita.

Agli effetti delle disposizioni di questa sezione, per corrispondenza
s’intende quella epistolare, telegrafica o telefonica.

Art. 130.

(Rivelazione del contenuto di corrispondenza o di comunicazione da
parte di militare addetto al servizio postale, telegrafico o telefonico
militare).

Il militare addetto al servizio postale, telegrafico o telefonico
militare, che, avendo notizia, in questa sua qualita’, del contenuto di
una corrispondenza aperta o di una comunicazione telegrafica o di una
conversazione telefonica, lo rivela, senza giusta causa, ad altri che
non sia il destinatario, ovvero a una persona diversa da quelle, fra le
quali la comunicazione o la conversazione e’ interceduta, e’ punito con
la reclusione militare da sei mesi a tre anni.

Art. 131.

(Circostanza aggravante).

Se da alcuno dei fatti indicati nei tre articoli precedenti e’
derivato nocumento al servizio militare, la pena, e’ aumentata.

Art. 132.

(Inadempienza nelle somministrazioni militari).

Il militare, che, essendo obbligato, per ragione di ufficio o
servizio, a provvedere all’approvvigionamento o a somministrazioni di
viveri o di altre cose necessarie ad alcuno dei servizi militari, li fa
mancare, e’ punito con la reclusione militare da uno a cinque anni.

Se il fatto e’ commesso per colpa, la pena e’ della reclusione
militare fino a un anno.

Art. 133.

(Requisizione arbitraria).

Il militare, che procede a requisizione senza averne la facolta’, e’
punito con la reclusione militare fino a tre anni.

Ove sia stata usata violenza, si applica la reclusione militare da
uno a cinque anni.

Art. 134.

(Abuso nelle requisizioni).

Il militare incaricato di requisizioni di cose o di opere, che
rifiuta di rilasciare ricevuta della prestazione eseguita, ovvero in
qualunque modo abusa delle facolta’ conferite dalle leggi o dai
regolamenti, e’ punito, se il fatto non costituisce un piu’ grave reato,
con la reclusione militare fino a tre anni.

Ove l’abuso sia commesso con violenza, si applica la reclusione
militare fino a dieci anni.

Se trattasi di alloggio militare, il militare, che costringe colui
che e’ tenuto all’alloggio a dargli piu’ di cio’ che e’ dovuto, ovvero a
tollerare che egli se ne impossessi o, comunque, ne usufruisca, e’
punito, per cio’ solo, con la reclusione militare fino a tre anni.

Art. 135.

(Abuso nell’imbarco di merci o passeggeri).

Il militare, che arbitrariamente imbarca o permette che s’imbarchino
merci o passeggeri a bordo di navi o aeromobili militari, e’ punito con
la reclusione militare fino a due anni.

Art. 136.

(Abuso nel lavoro delle officine o di altri laboratori militari).

Il militare addetto alle officine o ad altri laboratori militari,
che, contro le disposizioni dei regolamenti, o gli ordini dei superiori
o dirigenti, vi lavora o vi fa lavorare per conto proprio o di altri, e’
punito con la reclusione militare fino a due anni.

Sezione IV
Della violazione di speciali
doveri inerenti alla qualita’ militare

Art. 137.

(Manifestazioni di codardia).

Il militare, che, in caso di tempesta, naufragio, incendio o altra
circostanza di grave pericolo, compie atti che possono incutere lo
spavento o provocare il disordine, e’ punito, se lo spavento o il
disordine si produce e il fatto e’ tale da compromettere la sicurezza di
un posto militare, con la reclusione militare da sei mesi a cinque anni.

La condanna importa la rimozione.

Art. 138.

(Omesso impedimento di reati militari).

Ferma in ogni altro caso la disposizione del secondo comma
dell’articolo 40 del codice penale, il militare, che, per timore di un
pericolo o altro inescusabile motivo, non usa ogni mezzo possibile per
impedire la esecuzione di alcuno dei reati contro la fedelta’ o la
difesa militare, o di rivolta o di ammutinamento, che si commette in sua
presenza, e’ punito:

1° con la reclusione non inferiore a dieci anni, se per il reato e’
stabilita la pena di morte con degradazione o quella dell’ergastolo;

2° negli altri casi, con la pena stabilita per il reato, diminuita
dalla meta’ a due terzi.

Se il colpevole e’ il piu’ elevato in grado, o, a parita’ di grado,
superiore in comando o piu’ anziano, si applica la pena stabilita per il
reato. Nondimeno, il giudice puo’ diminuire la pena.

Agli effetti delle disposizioni dei commi precedenti, per la
determinazione della pena stabilita per i reati in essi indicati, non si
ha riguardo a quella che la legge stabilisce per i capi, promotori od
organizzatori del reato o per coloro che ne hanno diretto la esecuzione.

Sezione V
Della ubriachezza in servizio

Art. 139.

(Nozione del reato e circostanze aggravanti).

Il militare, che, in servizio, ovvero dopo di essere stato comandato
per il servizio, e’ colto in stato di ubriachezza, volontaria o colposa,
tale da escludere o menomare la sua capacita’ di prestarlo, e’ punito
con la reclusione militare fino a sei mesi.

Se il fatto e’ commesso dal comandante del reparto o da un militare
preposto al servizio o capo di posto, la pena e’ della reclusione
militare fino a un anno.

Le stesse disposizioni si applicano, quando la capacita’ di prestare
il servizio sia esclusa o menomata dall’azione di sostanze stupefacenti.

CAPO II
Dei reati contro militari in servizio

Art. 140.

(Forzata consegna).

Il militare, che in qualsiasi modo forza una consegna, e’ punito con
la reclusione militare da sei mesi a due anni.

Se il fatto e’ commesso in alcuna delle circostanze indicate nel
secondo comma dell’articolo 118, la pena e’ della reclusione militare da
due a sette anni.

Se il fatto e’ commesso con armi, ovvero da tre o piu’ persone
riunite, o se ne e’ derivato grave danno, la pena e’ aumentata.

Art. 141.

(Resistenza, minaccia o ingiuria a sentinella, vedetta o scolta).

Il militare, che non ottempera all’ingiunzione fatta da una
sentinella, vedetta o scolta, nella esecuzione di una consegna ricevuta,
e’ punito con la reclusione militare fino a un anno.

Il militare, che minaccia o ingiuria una sentinella, vedetta o
scolta, e’ punito con la reclusione militare da uno a tre anni.

Art. 142.

(Violenza a sentinella, vedetta o scolta).

Il militare, che usa violenza a una sentinella, vedetta o scolta, e’
punito con la reclusione militare da uno a cinque anni.

Se la violenza e’ commessa con armi o da piu’ persone riunite, si
applica la reclusione militare da tre a sette anni.

Art. 143.

(Resistenza alla forza armata).

Il militare, che usa violenza o minaccia per opporsi alla forza
armata militare, mentre questa adempie i suoi doveri, e’ punito con la
reclusione militare da sei mesi a cinque anni.

Se la violenza o la minaccia e’ commessa con armi o da piu’ persone
riunite, la pena e’ aumentata.

Se la violenza o minaccia e’ commessa da piu’ di cinque persone
riunite, mediante uso di armi anche da parte soltanto di una di esse,
ovvero da piu’ di dieci persone, ancorche’ senza uso di armi, la pena e’
della reclusione militare da tre a sette anni.

Art. 144.

(Circostanze aggravanti).

Nei casi preveduti dagli articoli 142 e 143, se la violenza consiste
nell’omicidio, ancorche’ tentato o preterintenzionale, o in una lesione
personale gravissima o grave, si applicano le corrispondenti pene,
stabilite dal codice penale. Tuttavia, la pena detentiva temporanea e’
aumentata.

Art. 145.

(Impedimento a portatori di ordini militari).

Il militare, che, con violenza o inganno, ferma o trattiene militari
o altre persone, imbarcazioni, aeromobili o, in generale, veicoli,
spediti con ordini o dispacci riflettenti il servizio militare, ovvero
sottrae i dispacci o ne impedisce altrimenti la trasmissione, e’ punito
con la reclusione militare da due a sette anni.

Art. 146.

(Minaccia a un inferiore per costringerlo a fare un atto contrario ai
propri doveri).

Il superiore, che minaccia l’inferiore per costringerlo a fare un
atto contrario ai propri doveri, ovvero a compiere o ad omettere un atto
inerente al proprio ufficio o servizio, e’ punito con la reclusione
militare da sei mesi a cinque anni.

CAPO III
Dei reati di assenza dal servizio
alle armi
Sezione I
Dell’allontanamento illecito

Art. 147.

(Nozione del reato, sanzione penale).

Il militare, che, essendo in servizio alle armi, se ne allontana
senza autorizzazione e rimane assente per un giorno, e’ punito con la
reclusione militare fino a sei mesi.

Alla stessa pena soggiace il militare, che, essendo legittimamente
assente, non si presenta; senza giusto motivo, nel giorno successivo a
quello prefisso.

Le disposizioni di questo articolo non si applicano, quando il fatto
costituisce il reato di diserzione.

Sezione II
Della diserzione

Art. 148.

(Nozione del reato; sanzione penale).

Commette il reato di diserzione, ed e’ punito con la reclusione
militare da sei mesi a due anni:

1° il militare, che, essendo in servizio alle armi, se ne allontana
senza autorizzazione e rimane assente per cinque giorni consecutivi;

2° il militare, che, essendo in servizio alle armi e trovandosi
legittimamente assente, non si presenta, senza giusto motivo, nei cinque
giorni successivi a quello prefisso.

((35))

————-

AGGIORNAMENTO (35)

La Corte Costituzionale con sentenza 20 – 28 luglio 1993, n. 343 (in
G.U. 1a s.s. 4/8/1993, n. 32) ha dichiarato “l’illegittimita’
costituzionale dell’art. 8, terzo comma, della legge 15 dicembre 1972,
n. 772 (Norme per il riconoscimento dell’obiezione di coscienza), in
connessione con l’art. 148 c.p.m.p., nella parte in cui non prevede
l’esonero dalla prestazione del servizio militare di leva a favore di
coloro che, avendo rifiutato totalmente in tempo di pace la prestazione
del servizio stesso dopo aver addotto motivi diversi da quelli indicati
nell’art. 1 della legge n. 772 del 1972 o senza aver addotto motivo
alcuno, abbiano espiato per quel comportamento la pena della reclusione
in misura complessivamente non inferiore a quella del servizio militare
di leva”.

Art. 149.

(Casi di diserzione immediata).

E’ considerato immediatamente disertore:

1° il militare destinato a un corpo di spedizione od operazione,
ovvero appartenente all’equipaggio di una nave militare o di un
aeromobile militare, che, senza autorizzazione, si trova assente al
momento della partenza del corpo, della nave o dell’aeromobile;

2° il militare, che evade mentre sta scontando la pena detentiva
militare;

3° il militare, che evade mentre e’ in stato di detenzione preventiva
in un carcere militare; o dovunque, per un reato soggetto alla
giurisdizione militare;

4° il militare, che, senza autorizzazione, prende servizio a bordo di
una nave estera o di un aeromobile estero, ovvero nelle forze armate di
uno Stato estero;

5° il militare, che abbandona il servizio alle armi, facendosi
sostituire.

Il disertore e’ punito con la reclusione militare da uno a tre anni
nei casi indicati nei numeri 1°, 2° e 3°; da due a cinque anni nel caso
indicato nel numero 4°; da cinque a sette anni nel caso indicato nel
numero 5°.

Nei casi indicati nei numeri 2°, e 3°, non si applicano le
disposizioni dell’articolo 385 del codice penale.

Art. 150.

(Circostanze aggravanti: passaggio all’estero; previo accordo).

Nei casi preveduti dagli articoli precedenti, se il militare, per
sottrarsi all’obbligo del servizio militare, si reca all’estero, la pena
e’ aumentata.

Le pene stabilite dagli articoli precedenti sono aumentate da un
terzo alla meta’, quando la diserzione e’ commessa da tre o piu’
militari, previo accordo.

Nel caso preveduto dal comma precedente, l’aumento e’ sempre della
meta’ per i capi, promotori od organizzatori.

Sezione III
Della mancanza alla chiamata

Art. 151.

(Nozione del reato: sanzione penale).

Il militare, che, chiamato alle armi per adempiere il servizio di
ferma, non si presenta, senza giusto motivo, nei cinque giorni
successivi a quello prefisso, e’ punito con la reclusione militare da
sei mesi a due anni.

La stessa pena si applica al militare in congedo, che, chiamato alle
armi, non si presenta, senza giusto motivo, nei tre giorni successivi a
quello prefisso.

Se la chiamata alle armi e’ fatta per solo scopo di istruzione, il
militare, che non si presenta, senza giusto motivo, negli otto giorni
successivi a quello prefisso, e’ punito con la reclusione militare fino
a sei mesi.

Art. 152.

(Circostanza aggravante: passaggio all’estero).

Nei casi preveduti dai primi due commi dell’articolo precedente, se
il militare, per sottrarsi all’obbligo del servizio militare, si reca
all’estero, la pena e’ aumentata.

Art. 153.

(Militare chiamato alle armi, che si fa sostituire).

Il militare, che, chiamato in servizio alle armi in alcuno dei casi
enunciati nell’articolo 151, non si presenta, facendo presentare altri
in sua vece, e’ considerato immediatamente mancante alla chiamata e
punito con le pene rispettivamente stabilite dall’articolo stesso,
aumentate da un terzo alla meta’.

Sezione IV
Disposizioni comuni alle sezioni
seconda e terza

Art. 154.

(Circostanza aggravante e circostanza attenuante in relazione alla
durata dell’assenza).

Nei casi preveduti dalle sezioni seconda e terza:

1° se la durata dell’assenza supera sei mesi, la pena e’ aumentata da
un terzo alla meta’;

2° se la durata dell’assenza non supera quindici giorni, la pena puo’
essere diminuita da un terzo alla meta’.

Art. 155.

(Persona che sostituisce il militare disertore o il mancante alla
chiamata).

Nei casi preveduti dal numero 5° dell’articolo 149 e dall’articolo
153, colui che si sostituisce al militare disertore o mancante alla
chiamata e’ punito con le pene ivi stabilite. Tuttavia, la pena puo’
essere diminuita.

Art. 156.

(Rimozione).

La condanna per alcuno dei reati preveduti dalle sezioni seconda e
terza, eccettuato quello preveduto dall’ultimo comma dell’articolo 151,
importa la rimozione.

CAPO IV
Della mutilazione e della simulazione
d’infermita’

Art. 157.

(Procurata infermita’ a fine di sottrarsi permanentemente all’obbligo
del servizio militare).

Il militare, che, a fine di sottrarsi permanentemente all’obbligo del
servizio militare, stabilito dalla legge o volontariamente assunto, si
mutila o si procura infermita’ o imperfezioni, o in qualsiasi altro modo
si rende permanentemente inabile a prestare il servizio stesso, e’
punito con la reclusione da sei a quindici anni.

Nel caso di delitto tentato, si applicano le disposizioni
dell’articolo 46, sostituita alla reclusione la reclusione militare.

Art. 158.

(Procurata infermita’ a fine di sottrarsi temporaneamente all’obbligo
del servizio militare).

Il militare, che, a fine di sottrarsi temporaneamente all’obbligo del
servizio militare, stabilito dalla legge o volontariamente assunto, si
mutila o si procura infermita’ o imperfezioni, o in qualsiasi altro modo
si rende temporaneamente inabile a prestare il servizio stesso, e’
punito con la reclusione militare fino a cinque anni.

La stessa pena si applica al militare, che, a fine di sottrarsi a un
particolare servizio di un corpo, di un’arma o di una specialita’, o
comunque di menomare la sua incondizionata idoneita’ al servizio
militare, si mutila o si procura infermita’ o imperfezioni, o in
qualsiasi altro modo si rende inabile a prestare un particolare servizio
di un corpo, di un’arma o di una specialita’, o menoma la sua
incondizionata idoneita’ al servizio militare, o si rende
temporaneamente inabile al servizio stesso.

Se dai fatti indicati nei commi precedenti e’ derivata inabilita’
permanente al servizio militare, si applica la reclusione da cinque a
dieci anni.

Art. 159.

(Simulazione d’infermita’).

Il militare, che simula infermita’ o imperfezioni, in modo tale da
indurre in errore i suoi superiori o altra Autorita’ militare, e’ punito
con la reclusione militare fino a tre anni, se la simulazione e’
commessa a fine di sottrarsi all’obbligo del servizio militare,
stabilito dalla legge o volontariamente assunto; e con la reclusione
militare fino a un anno, se la simulazione e’ commessa per sottrarsi a
un particolare servizio di un corpo, di un’arma o di una specialita’.

Art. 160.

(Fatti commessi dagli iscritti di leva o durante lo stato di
congedo).

Le disposizioni degli articoli precedenti si applicano anche:

1° agli iscritti di leva;

2° ai militari in congedo illimitato, per i fatti commessi durante lo
stato di congedo, se i militari stessi sono richiamati in servizio alle
armi e dal momento stabilito per la loro presentazione.

Art. 161.

(Procurata inabilita’ o simulata infermita’ a fine di sottrarsi
all’adempimento di alcuno dei doveri inerenti al servizio militare).

Fuori dei casi indicati negli articoli precedenti, il militare, che,
a fine di sottrarsi all’adempimento di alcuno dei doveri inerenti al
servizio militare, in qualsiasi modo si rende inabile al detto
adempimento, ovvero simula una infermita’ o una imperfezione, e’ punito
con la reclusione militare fino a sei mesi.

Se dal fatto e’ derivata inabilita’ al servizio militare, si
applicano le disposizioni dell’articolo 158.

Art. 162.

(Circostanza aggravante per i concorrenti nel reato).

Nel caso di concorso di persone in alcuno dei reati preveduti da
questo capo, la pena e’ aumentata per coloro che hanno commesso il fatto
a fine di lucro.

Il pubblico ufficiale, il medico, il chirurgo o altro esercente una
professione sanitaria, che concorre in alcuno dei reati preveduti dagli
articoli precedenti, soggiace alle pene ivi stabilite, aumentate da un
terzo alla meta’. L’aumento e’ della meta’, se il colpevole e’ un
ufficiale.

Art. 163.

(Pena militare accessoria).

Nei casi indicati negli articoli precedenti, la condanna, quando non
ne derivi la degradazione, importa la rimozione.

CAPO V
Della distruzione, alienazione,
acquisto o ritenzione di effetti militari

Art. 164.

(Distruzione o alienazione di oggetti d’armamento militare).

Il militare, che distrae, distrugge, sopprime, disperde, deteriora o
rende, in tutto o in parte, inservibili, o in qualsiasi modo aliena le
armi, gli oggetti di armamento, le munizioni di guerra, materiali o
altri oggetti, che, a norma dei regolamenti, gli sono forniti
dall’amministrazione militare come costituenti il suo armamento
militare, e’ punito con la reclusione militare fino a quattro anni.

Art. 165.

(Distruzione o alienazione di effetti di vestiario o equipaggiamento
militare).

Il militare, che distrae, distrugge, sopprime, disperde, rende
inservibili o in qualsiasi modo aliena oggetti, che, a norma dei
regolamenti, gli sono forniti dall’amministrazione militare come
costituenti il suo vestiario o equipaggiamento militare, e’ punito con
la reclusione militare fino a sei mesi.

(1) ((6))

————-

AGGIORNAMENTO (1)

Il D.Lgs. Luogotenenziale 21 marzo 1946, n. 144 ha disposto (con
l’art. 3, comma 1) che “La pena per il reato di distruzione o di
alienazione di effetti di vestiario o di equipaggiamento militare,
previsto dall’art. 165 del Codice penale militare di pace, e’ della
reclusione militare fino a due anni”.

————-

AGGIORNAMENTO (6)

La L. 8 febbraio 1958, n. 109 nel modificare l’art. 3 del D.Lgs.
Luogotenenziale 21 marzo 1946, n. 144 ha conseguentemente disposto (con
l’articolo unico) che “Le norme dell’art. 3 del decreto legislativo
luogotenenziale 21 marzo 1946, n. 144, cessano di avere applicazione dal
giorno della pubblicazione della presente legge nella Gazzetta
Ufficiale”.

Art. 166.

(Acquisto o ritenzione di effetti militari).

Chiunque acquista o per qualsiasi titolo ritiene oggetti di
vestiario, equipaggiamento o armamento militare o altre cose destinate a
uso militare, senza che siano muniti del marchio o del segno di rifiuto,
o comunque senza che egli possa dimostrare che tali oggetti abbiano
legittimamente cessato di appartenere al servizio militare, soggiace
alle pene rispettivamente stabilite dagli articoli precedenti.

(1) ((6))

————-

AGGIORNAMENTO (1)

Il D.Lgs. Luogotenenziale 21 marzo 1946, n. 144 ha disposto (con
l’art. 3, comma 2) che la pena per il reato di acquisto o di ritenzione
di effetti di vestiario o di equipaggiamento militare o di altre cose
destinate a uso militare, previsto dal presente articolo, e’ della
reclusione militare fino a due anni.

————-

AGGIORNAMENTO (6)

La L. 8 febbraio 1958, n. 109 nel modificare l’art. 3 del D.Lgs.
Luogotenenziale 21 marzo 1946, n. 144 ha conseguentemente disposto (con
l’articolo unico) che “Le norme dell’art. 3 del decreto legislativo
luogotenenziale 21 marzo 1946, n. 144, cessano di avere applicazione dal
giorno della pubblicazione della presente legge nella Gazzetta
Ufficiale”.

CAPO VI
Distruzione o danneggiamento di
opere, di edifici o di cose mobili militari

Art. 167.

(Distruzione o sabotaggio di opere militari).

Il militare, che, fuori dei casi preveduti dagli articoli 105 a 108,
distrugge o rende inservibili, in tutto o in parte, anche
temporaneamente, navi, aeromobili, convogli, strade, stabilimenti,
depositi o altre opere militari o adibite al servizio delle forze armate
dello Stato, e’ punito con la reclusione non inferiore a otto anni.

Se il fatto ha compromesso la preparazione o la efficienza bellica
dello Stato, si applica la pena di morte con degradazione.

Se il fatto e’ commesso per colpa, si applica la reclusione militare
fino a cinque anni.

Art. 168.

(Danneggiamento di edifici militari).

Fuori dei casi preveduti dai due primi commi dell’articolo
precedente, il militare, che comunque danneggia edifici militari, e’
punito con la reclusione militare fino a cinque anni.

Art. 169.

(Distruzione o deterioramento di cose mobili militari).

Il militare, che, i fuori dei casi preveduti dagli articoli 164 e
165, distrugge, disperde, deteriora, o rende inservibili, in tutto o in
parte, oggetti, armi, munizioni o qualunque altra cosa mobile
appartenente all’amministrazione militare, e’ punito con la reclusione
militare da sei mesi a quattro anni.

Se il fatto e’ commesso a bordo di una nave militare o di un
aeromobile militare, la reclusione militare e’ da due a cinque anni; e
puo’ estendersi fino a quindici anni, se dal fatto e’ derivata la
perdita della nave o dell’aeromobile, o se l’una o l’altro non sia piu’
atto al servizio cui era destinato.

Art. 170.

(Fatti colposi).

Se alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 168 e 169 e’ commesso
per colpa, si applica la reclusione militare fino a sei mesi.

Art. 171.

(Circostanza aggravante e circostanza attenuante in relazione alla
entita’ del danno).

Nei casi preveduti dagli articoli 168 e 169:

1° si applica la reclusione non inferiore a cinque anni, se dal fatto
e’ derivato un danno di rilevante entita’;

2° la pena e’ diminuita, se, per la particolare tenuita’ del danno,
il fatto risulta di lieve entita’.

Art. 172.

(Uccisione o deterioramento di un cavallo o altro animale destinato
al servizio delle forze armate dello Stato).

Il militare, che, senza necessita’, uccide, o rende inservibile, o
comunque danneggia un cavallo o altro animale destinato al servizio
delle forze armate dello Stato, e’ punito con la reclusione militare da
sei mesi a quattro anni.

TITOLO TERZO
DEI REATI CONTRO LA DISCIPLINA
MILITARE
CAPO I
Della disobbedienza

Art. 173.

(Nozione del reato e circostanza aggravante).

Il militare, che rifiuta, omette o ritarda di obbedire a un ordine
attinente al servizio o alla disciplina, intimatogli da un superiore, e’
punito con la reclusione militare fino a un anno.

Se il fatto e’ commesso in servizio, ovvero a bordo di una nave o di
un aeromobile, la reclusione militare e’ da sei mesi a un anno; e puo’
estendersi fino a cinque anni, se il fatto e’ commesso in occasione
d’incendio o epidemia o in altra circostanza di grave pericolo.

CAPO II
Della rivolta, dell’ammutinamento e
della sedizione militare

Art. 174.

(Rivolta).

Sono puniti con la reclusione militare da tre a quindici anni i
militari, che, riuniti in numero di quattro o piu’:

1° mentre sono in servizio armato, rifiutano, omettono o ritardano di
obbedire a un ordine di un loro superiore;

2° prendono arbitrariamente le armi e rifiutano, omettono o ritardano
di obbedire all’ordine di deporle, intimato da un loro superiore;

3° abbandonandosi a eccessi o ad atti violenti, rifiutano, omettono o
ritardano di obbedire alla intimazione di disperdersi o di rientrare
nell’ordine, fatta da un loro superiore.

La pena per chi ha promosso, organizzato o diretto la rivolta e’
della reclusione militare non inferiore a quindici anni.

La condanna importa la rimozione.

Art. 175.

(Ammutinamento).

Fuori dei casi indicati nell’articolo precedente, sono puniti con la
reclusione militare da sei mesi a tre anni i militari, che, riuniti in
numero di quattro o piu’:

1° rifiutano, omettono o ritardano di obbedire a un ordine di un loro
superiore;

2° persistono nel presentare, a voce o per iscritto, una domanda, un
esposto o un reclamo.

La pena per chi ha promosso, organizzato o diretto l’ammutinamento e’
della reclusione militare da uno a cinque anni.

Se il fatto ha carattere di particolare gravita’ per il numero dei
colpevoli o per i motivi che lo hanno determinato, ovvero se e’ commesso
in circostanze di pericolo a bordo di una nave o di un aeromobile, le
pene suddette sono aumentate dalla meta’ a due terzi.

La condanna importa la rimozione.

Se il colpevole cede alla prima intimazione, si applica la reclusione
militare fino a sei mesi; tranne che abbia promosso, organizzato o
diretto l’ammutinamento, nel qual caso la pena e’ della reclusione
militare fino a un anno.

Art. 176.

(Provocazione del superiore).

Quando alcuno dei reati preveduti dai due articoli precedenti e’
commesso nello stato d’ira determinato dal fatto ingiusto del superiore,
consistente in una violenza o altra grave offesa verso l’inferiore, e
subito dopo di essa, le pene ivi stabilite sono diminuite da un terzo
alla meta’.

Art. 177.

(Omesso rapporto).

Il militare, che, sebbene non presente ad alcuno dei fatti enunciati
negli articoli 174 e 175, omette di farne rapporto ai superiori appena
ne abbia avuto notizia, e’ punito con la reclusione militare fino a un
anno.

Se il colpevole e’ un ufficiale, la reclusione militare e’ da uno a
due anni.

Art. 178.

(Accordo a fine di commettere rivolta o ammutinamento).

Quando quattro o piu’ militari si accordano a fine di commettere
alcuno dei reati di rivolta o ammutinamento preveduti dagli articoli
precedenti, coloro che partecipano all’accordo sono puniti, se il reato
non e’ commesso, con la pena stabilita per il reato stesso, diminuita da
un terzo alla meta’.

Art. 179.

(Cospirazione per compromettere la sicurezza del posto o l’autorita’
del comandante).

Quando piu’ militari si accordano per commettere un reato a fine di
compromettere la sicurezza della nave o dell’aeromobile, del forte o del
posto, o di impedire l’esercizio dei poteri del comandante, ciascuno di
essi, per cio’ solo, e’ punito con la reclusione militare non inferiore
a due anni.

Art. 180.

(Domanda, esposto o reclamo collettivo, previo accordo).

Quando dieci o piu’ militari, collettivamente o separatamente, ma
previo accordo, presentano una stessa domanda o uno stesso esposto o
reclamo, ciascuno di essi e’ punito con la reclusione militare fino a un
anno. ((18))

Se la domanda, l’esposto o il reclamo e’ presentato da quattro o piu’
militari mediante pubblica manifestazione, la pena e’ della reclusione
militare da sei mesi a tre anni.

————-

AGGIORNAMENTO (18)

La Corte Costituzionale con sentenza 29 aprile – 2 maggio 1985, n.
126 (in G.U. 1a s.s. 8/5/1985, n. 107) ha dichiarato “l’illegittimita’
costituzionale dell’art. 180, comma primo, del codice penale militare di
pace”.

Art. 181.

(Casi di non punibilita’).

Nei casi indicati nei tre articoli precedenti, non sono punibili:

1° coloro che recedono dall’accordo prima che sia commesso il reato
per cui l’accordo e’ intervenuto, e anteriormente all’arresto ovvero al
procedimento;

2° coloro che impediscono comunque che sia compiuta l’esecuzione del
reato per cui l’accordo e’ intervenuto.

Art. 182.

(Attivita’ sediziosa).

Il militare, che svolge un’attivita’ diretta a suscitare in altri
militari il malcontento per la prestazione del servizio alle armi o per
l’adempimento di servizi speciali, e’ punito con la reclusione militare
fino a due anni.

Art. 183.

(Manifestazioni e grida sediziose).

Il militare, che pubblicamente compie manifestazioni sediziose o
emette grida sediziose, e’ punito, se il fatto non costituisce un piu’
grave reato, con la reclusione militare fino a un anno.

Art. 184.

(Raccolta di sottoscrizioni per rimostranza o protesta. Adunanza di
militari).

Il militare, che raccoglie sottoscrizioni per una collettiva
rimostranza o protesta in cose di servizio militare o attinenti alla
disciplina, o che la sottoscrive, e’ punito con la reclusione militare
fino a sei mesi.

La stessa pena si applica al militare, che, per trattare di cose
attinenti al servizio militare o alla disciplina, arbitrariamente
promuove un’adunanza di militari, o vi partecipa.

Art. 185.

(Rilascio arbitrario di attestazioni o dichiarazioni).

Se piu’ militari rilasciano arbitrariamente attestazioni o
dichiarazioni concernenti cose o persone militari, ciascuno di essi e’
punito con la reclusione militare fino a sei mesi.

CAPO III
Della insubordinazione

Art. 186.

(( (Insubordinazione con violenza).))

((Il militare che usa violenza contro un superiore e’
punito con la reclusione militare da uno a tre anni.


Se la violenza consiste nell’omicidio volontario,
consumato o tentato, nell’omicidio preterintenzionale ovvero in una
lesione personale grave o gravissima, si applicano le corrispondenti
pene stabilite dal codice penale. La pena detentiva temporanea puo’
essere aumentata))
.

————–

AGGIORNAMENTO (13)

La Corte Costituzionale con sentenza 5 – 24 maggio 1979, n. 26 (in
G.U. 1a s.s. 30/5/1979, n. 147) ha dichiarato:

– “l’illegittimita’ costituzionale dell’art. 186 primo comma del
codice penale militare di pace, limitatamente alle parole “tentato o””;

– “in applicazione dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 –
l’illegittimita’ costituzionale dell’art. 186 primo comma, limitatamente
alle parole ” ancorche’… preterintenzionale””;

– “in applicazione dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 –
l’illegittimita’ costituzionale dell’art 186 secondo comma del codice
penale militare di pace, limitatamente alle parole “la pena di morte con
degradazione, se il superiore e’ un ufficiale, e”.

—————

AGGIORNAMENTO (14)

La Corte Costituzionale con sentenza 20 – 27 maggio 1982, n. 103 (in
G.U. 1a s.s. 2/6/1982, n. 150) ha dichiarato “l’illegittimita’
costituzionale dell’art. 186 ultimo comma c.p.m.p. limitatamente alle
parole “con la reclusione militare non inferiore a cinque anni se il
superiore e’ un ufficiale e con la stessa pena da tre a dodici anni se
il superiore non e’ un ufficiale”” e “in applicazione dell’art. 27 legge
11 marzo 1953 n. 87, l’illegittimita’ costituzionale dell’art. 186
secondo comma c.p.m.p. limitatamente alle parole “e la reclusione da
sette a quindici anni, se il superiore non e’ un ufficiale””.

Art. 187.

(( Circostanze aggravanti). ))

((Nella ipotesi di cui all’articolo precedente la pena
puo’ essere aumentata se il superiore offeso e’ il comandante del
reparto o il militare preposto al servizio o il capo di posto))
.

Art. 188.

((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 26 NOVEMBRE 1985, N. 689))

Art. 189.

(( (Insubordinazione con minaccia o ingiuria).))

((Il militare, che minaccia un ingiusto danno ad un
superiore in sua presenza, e’ punito con la reclusione militare da sei
mesi a tre anni.


Il militare, che offende il prestigio,
l’onore o la dignita’ di un superiore in sua presenza, e’ punito con la
reclusione militare fino a due anni.


Le stesse pene si applicano al militare, che commette
i fatti indicati nei commi precedenti mediante comunicazione
telegrafica, telefonica, radiofonica o televisiva, o con scritti o
disegni o con qualsivoglia altro mezzo di comunicazione, diretti al
superiore))
.

—————

AGGIORNAMENTO (14)

La Corte Costituzionale con sentenza 20 – 27 maggio 1982, n. 103 (in
G.U. 1a s.s. 2/6/1982, n. 150) ha dichiarato “l’illegittimita’
costituzionale dell’art. 189 primo comma c.p.m.p. limitatamente alle
parole “con la reclusione militare da tre a sette anni, se il superiore
e’ un ufficiale, e da uno a cinque anni, se il superiore non e’ un
ufficiale””.

Art. 190.

(( (Circostanze aggravanti).))

((Le pene stabilite dall’articolo precedente sono
aumentate:

1) se la minaccia e’ usata per costringere il superiore a
compiere un atto contrario ai propri doveri, ovvero a compiere o ad
omettere un atto del proprio ufficio o servizio, ovvero per influire
comunque sul superiore;

2) se il superiore offeso e’ il comandante del reparto o
il militare preposto al servizio o il capo di posto;

3) se la minaccia e’ grave o ricorre alcuna delle
circostanze indicate nel primo comma dell’articolo 339 del codice
penale.


Se ricorre alcuna delle circostanze indicate nel
secondo comma dello stesso articolo 339, si applica la reclusione
militare da tre anni a quindici anni))
.

Art. 191.

((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 26 NOVEMBRE 1985, N. 689))

Art. 192.

((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 26 NOVEMBRE 1985, N. 689))

Art. 193.

((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 26 NOVEMBRE 1985, N. 689))

Art. 194.

((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 26 NOVEMBRE 1985, N. 689))

CAPO IV
Dell’abuso di autorita’

Art. 195.

(( (Violenza contro un inferiore).))

((Il militare, che usa violenza contro un inferiore, e’
punito con la reclusione militare da uno a tre anni.


Se la violenza consiste nell’omicidio volontario,
consumato o tentato, nell’omicidio preterintenzionale, ovvero in una
lesione personale grave o gravissima, si applicano le corrispondenti
pene stabilite dal codice penale. La pena detentiva temporanea puo’
essere aumentata))
.

Art. 196.

(( (Minaccia o ingiuria a un inferiore).))

((Il militare, che minaccia un ingiusto danno ad un
inferiore in sua presenza, e’ punito con la reclusione militare da sei
mesi a tre anni.


Il militare, che offende il prestigio,
l’onore o la dignita’ di un inferiore in sua presenza, e’ punito con la
reclusione militare fino a due anni.


Le stesse pene si applicano al militare
che commette i fatti indicati nei commi precedenti mediante
comunicazione telegrafica, telefonica, radiofonica o televisiva, o con
scritti o disegni o con qualsivoglia altro mezzo di comunicazione,
diretti all’inferiore.


La pena e’ aumentata se la minaccia e’
grave o se ricorre alcuna delle circostanze indicate nel primo comma
dell’articolo 339 del codice penale.


Se ricorre alcuna delle circostanze indicate nel
secondo comma dello stesso articolo 339, si applica la reclusione
militare da tre a quindici anni))
.

————-

AGGIORNAMENTO (17)

La Corte Costituzionale con sentenza 2 – 4 aprile 1985, n. 102 (in
G.U. 1a s.s. 10/4/1985, n. 85) ha dichiarato “l’illegittimita’
costituzionale dell’art. 196, terzo comma, c.p.m.p. limitatamente alle
parole “la reclusione militare fino a tre anni””.

Art. 197.

((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 26 NOVEMBRE 1985, N. 689))

CAPO V
Disposizione comune ai capi terzo e
quarto

Art. 198.

(( (Provocazione).))

((Se alcuno dei reati preveduti dai capi terzo e quarto
e’ commesso nello stato d’ira determinato da un fatto ingiusto del
superiore o dell’inferiore, e subito dopo di esso o subito dopo che il
colpevole ne ha avuta notizia, alla pena dell’ergastolo e’ sostituita la
reclusione non inferiore a quindici anni e le altre pene sono diminuite
da un terzo alla meta’))
.

Art. 199.

(Cause estranee al servizio o alla disciplina militare).

Le disposizioni dei capi terzo e quarto non si applicano quando
alcuno dei fatti da esse preveduto e’ commesso per cause estranee al
servizio e alla disciplina militare, fuori dalla presenza di militari
riuniti per servizio e da militare che non si trovi in servizio o a
bordo di una nave militare o di un aeromobile militare o in luoghi
militari. ((29))

————-

AGGIORNAMENTO (29)

La Corte Costituzionale con sentenza 17 – 24 gennaio 1991, n. 22 (in
G.U. 1a s.s. 30/1/1991, n. 5) ha dichiarato “l’illegittimita’
costituzionale dell’art. 199 del codice penale militare di pace,
limitatamente alle parole: “o in luoghi militari””.

CAPO VI
Del reato militare di duello
Sezione I
Disposizione generale

Art. 200.

(( (Disposizioni penali applicabili).))

((In caso di sfida a duello, di accettazione di sfida o
di uso delle armi in duello fra militari in servizio, in luogo delle
disposizioni del Codice penale relativo ai reati suindicati, si
applicano quelle delle sezioni seguenti))
.

Sezione II
Del duello fra superiore e
inferiore

Art. 201.

(Inferiore che sfida il superiore; accettazione; duello).

Il militare, che sfida a duello un superiore, anche se la sfida non
e’ accettata, e’ punito, se il duello non avviene, con la reclusione
militare da sei mesi a due anni.

Il superiore, che accetta la sfida, e’ punito con la reclusione
militare fino a un anno, sempre che il duello non avvenga.

Se il duello avviene, si applica la reclusione militare da uno a
sette anni per l’inferiore, e da sei mesi a tre anni per il superiore.

Art. 202.

(Superiore che sfida l’inferiore; accettazione; duello).

Il militare, che sfida a duello un inferiore, anche se la sfida non
e’ accettata, e’ punito, se il duello non avviene, con la reclusione
militare fino a un anno.

L’inferiore, che accetta la sfida, e’ punito con la reclusione
militare fino a otto mesi, sempre che il duello non avvenga.

Se il duello avviene, si applica la reclusione militare da sei mesi a
tre anni per il superiore, e da tre mesi a due anni per l’inferiore.

Art. 203.

(Promozione dell’inferiore).

Le disposizioni degli articoli precedenti si applicano anche nel caso
in cui la sfida e’ portata, o il duello avviene, dopo che l’inferiore e’
stato promosso a grado eguale a quello del superiore, ma per cause di
servizio anteriori alla promozione.

Sezione III
Del duello fra eguali

Art. 204.

(Sfida; accettazione; duello).

Il militare, che sfida a duello altro militare di pari grado, anche
se la sfida non e’ accettata, e’ punito, se il duello non avviene, con
la reclusione militare fino a due mesi.

La stessa pena si applica al militare, che accetta la sfida, sempre
che il duello non avvenga.

Il duellante e’ punito con la reclusione militare fino a tre anni.

Sezione IV
Disposizioni comuni alle sezioni
seconda e terza

Art. 205.

(Casi di non punibilita’).

Non sono punibili i padrini o secondi, le persone che hanno agevolato
il duello e il sanitario che presta la propria assistenza ai duellanti.

Art. 206.

(Circostanze aggravanti e circostanza attenuante).

Le pene stabilite dalle disposizioni delle sezioni precedenti sono
aumentate da un terzo alla meta’:

1° se la sfida e’ portata o il duello avviene per causa di servizio;

2° se il duello avviene, senza che la vertenza sia stata deferita al
giuri d’onore e da questo decisa, ovvero dopo che il giuri d’onore ha
deciso che non v’era ragione a contesa o che la vertenza doveva essere
amichevolmente composta.

Le pene stabilite dalle disposizioni delle sezioni precedenti sono
diminuite fino a un sesto, se il colpevole e’ stato indotto alla sfida o
al duello da grave insulto o da grave onta.

Art. 207.

(Esclusione della rimozione).

La condanna per alcuno dei reati preveduti dalle sezioni precedenti
non importa la rimozione.

Art. 208.

(Omesso deferimento della vertenza al giuri’ d’onore).

Ciascuno dei militari rappresentanti delle parti, il quale, nel caso
in cui non sia stato possibile comporre la vertenza sorta fra due
militari, omette di deferirla al giuri d’onore, e’ punito con la
reclusione militare fino a un anno.

Art. 209.

(Casi di applicazione delle pene stabilite per la insubordinazione,
l’abuso di autorita’, l’omicidio e la lesione personale).

Se ricorre alcuna delle circostanze prevedute dal primo comma
dell’articolo 397 del codice penale, in luogo delle disposizioni degli
articoli precedenti, si applicano:

1° quelle contenute nei capi terzo e quarto di questo titolo, nel
caso di duello fra militari di grado diverso;

2° quelle relative ai reati contro la vita e l’incolumita’
individuale, preveduti da questo codice e dal codice penale, nel caso di
scontro fra militari di pari grado.

La frode o la violazione delle condizioni stabilite quanto alla
scelta delle armi o allo scontro, e’ a carico non solo di chi ne e’
l’autore, ma anche di quello fra i duellanti, padrini o secondi, che ne
ha avuto conoscenza prima o durante lo scontro.

Le disposizioni del primo comma di questo articolo si applicano anche
a chi ha provocato il duello con l’intento di carpire denaro o altra
utilita’; ferma, in ogni caso, l’applicazione delle disposizioni
dell’articolo 629 del codice penale.

Art. 210.

(Facolta’ di non rinviare a giudizio o di non pronunciare condanna).

Nei casi preveduti dall’articolo 204, quando ricorrono circostanze di
particolare valore morale, il giudice puo’ astenersi dal rinviare a
giudizio, e, qualora si proceda al giudizio, puo’, nella stessa
sentenza, astenersi dal pronunciare condanna.

Nei casi medesimi, il giudice, qualora non ritenga di astenersi dal
rinviare a giudizio o dal pronunciare condanna, puo’ diminuire la pena
da un terzo a due terzi.

Art. 211.

((ARTICOLO SOPPRESSO DALLA L. 23 MARZO 1956, N. 167))

CAPO VII
Della istigazione a delinquere

Art. 212.

(( (Istigazione a commettere reati militari).))

((Salvo che la legge disponga altrimenti, il militare,
che istiga uno o piu’ militari in servizio alle armi a commettere un
reato militare, e’ punito, se l’istigazione non e’ accolta, ovvero se
l’istigazione e’ accolta ma il reato non e’ commesso, con la reclusione
militare fino a cinque anni. Tuttavia, la pena e’ sempre applicata in
misura inferiore alla meta’ della pena stabilita per il reato al qual si
riferisce l’istigazione.


La stessa pena si applica se l’istigato
e’ un militare in congedo illimitato, e l’istigazione si riferisce ad
uno dei reati per i quali, secondo l’art. 7 di questo Codice, ai
militari in congedo illimitato e’ applicabile la legge penale militare.


Se il colpevole e’ superiore dell’istigato, la
condanna importa la rimozione))
.

Art. 213.

(Istigazione di militari a disobbedire alle leggi).

Il militare, che commette alcuno dei fatti d’istigazione o di
apologia indicati nell’articolo 266 del codice penale, verso militari in
servizio alle armi o in congedo, soggiace alle pene ivi stabilite,
aumentate da un sesto a un terzo.

Le stesse pene si applicano al militare, che istiga iscritti di leva
a violare i doveri inerenti a questa loro qualita’.

La condanna, quando non ne derivi la degradazione, importa la
rimozione.

Art. 214.

(( (Militari in congedo).))

((Le disposizioni dell’art. 212 si applicano anche se il
fatto e’ commesso da un militare in congedo illimitato, sempreche’
l’istigazione si riferisca a reati esclusivamente militari ovvero a
reati per i quali e’ prevista, a norma dell’art. 7 del Codice penale
militare di pace, l’applicabilita’ della legge penale militare ai
militari in congedo))
.

TITOLO QUARTO
REATI SPECIALI CONTRO
L’AMMINISTRAZIONE MILITARE, CONTRO LA FEDE PUBBLICA, CONTRO LA PERSONA E
CONTRO IL PATRIMONIO
CAPO I
Del peculato e della malversazione
militare

Art. 215.

(Peculato militare).

Il militare incaricato di funzioni amministrative o di comando, che,
avendo per ragione del suo ufficio o servizio il possesso di denaro o di
altra cosa mobile, appartenente all’amministrazione militare, se
l’appropria, ovvero lo distrae a profitto proprio o di altri, e’ punito
con la reclusione da due a dieci anni. (30) ((47))

————

AGGIORNAMENTO (30)

La Corte Costituzionale con sentenza 4 – 13 dicembre 1991, n. 448 (in
G.U. 1a s.s. 18/12/1991, n. 50) ha dichiarato “l’illegittimita’
costituzionale dell’art. 215 del codice penale militare di pace,
limitatamente alle parole: “ovvero lo distrae a profitto proprio o di
altri””.

————

AGGIORNAMENTO (47)

La Corte Costituzionale con sentenza 9 – 18 luglio 2008, n. 286 (in
G.U. 1a s.s. 23/7/2008, n. 31) ha dichiarato “l’illegittimita’
costituzionale dell’art. 215 del codice penale militare di pace nella
parte in cui si riferisce anche al militare che abbia agito al solo
scopo di fare uso momentaneo della cosa e, dopo l’uso momentaneo,
l’abbia immediatamente restituita”.

Art. 216.

(Malversazione a danno di militari).

Il militare incaricato di funzioni amministrative o di comando, che
si appropria, o comunque distrae a profitto proprio o di un terzo,
denaro o altra cosa mobile, appartenente ad altro militare e di cui egli
ha il possesso per ragione del suo ufficio o servizio, e’ punito con la
reclusione da due a otto anni.

Art. 217.

(Peculato e malversazione del portalettere).

Il militare incaricato del servizio di portalettere, che commette
l’appropriazione o la distrazione preveduta dai due articoli precedenti,
o che, comunque, si appropria, o distrae a profitto proprio o di altri,
con danno dell’amministrazione militare o di militari, valori o cose di
cui ha il possesso per ragione del suo servizio, e’ punito con le pene
in detti articoli stabilite, diminuite da un terzo alla meta’.

Art. 218.

(Peculato militare mediante profitto dell’errore altrui).

Il militare incaricato di funzioni amministrative o di comando, che,
nell’esercizio di esse, giovandosi dell’errore altrui, riceve o ritiene
indebitamente, per se’ o per un terzo, denaro o altra cosa mobile,
appartenente ad altro militare o all’amministrazione militare, e’ punito
con la reclusione militare da due mesi a tre anni.

Art. 219.

(Pena accessoria).

La condanna per alcuno dei reati indicati negli articoli precedenti,
quando non ne derivi la degradazione, importa la rimozione.

CAPO II
Reati di falso

Art. 220.

(Falso in fogli di licenza, di via e simili).

Il militare, che forma, in tutto o in parte, un falso foglio di
licenza o di via o un permesso o una autorizzazione di libera uscita o
d’ingresso o di libera circolazione in uno stabilimento militare, o un
documento di entrata in un luogo di cura militare o di uscita da questo,
ovvero altera alcuno di detti fogli, autorizzazioni o documenti veri, e’
punito con la reclusione militare fino a un anno.

La stessa pena si applica al militare, che fa uso di alcuno dei
fogli, autorizzazioni o documenti indicati nel comma precedente, da
altri falsificato o alterato, ovvero regolarmente rilasciato ad altro
militare e non alterato.

Art. 221.

(Usurpazione di decorazioni o distintivi militari).

Il militare, che porta abusivamente in pubblico decorazioni militari,
o segni distintivi di grado, cariche, specialita’, brevetti militari, e’
punito con la reclusione militare fino a sei mesi.

((COMMA SOPPRESSO DALLA L. 23 MARZO 1956, N. 167)).

CAPO III
Reati contro la persona

Art. 222.

(Percosse).

Il militare, che percuote altro militare, se dal fatto non deriva una
malattia nel corpo, o nella mente, e’ punito con la reclusione militare
fino a sei mesi.

Tale disposizione non si applica, quando la legge considera la
violenza come elemento costitutivo o come circostanza aggravante di un
altro reato.

Art. 223.

(Lesione personale).

Il militare, che cagiona ad altro militare una lesione personale,
dalla quale deriva una malattia nel corpo o nella mente, e’ punito, se
il fatto non costituisce un piu’ grave reato, con la reclusione militare
da due mesi a due anni.

Se la malattia ha una durata non superiore ai dieci giorni, e non
ricorre alcuna delle circostanze aggravanti prevedute dagli articoli 583
e 585 del codice penale, si applica la reclusione militare fino a sei
mesi.

Art. 224.

(Lesione personale grave o gravissima).

Se la lesione personale, commessa dal militare a danno di altro
militare, e’ grave, si applica la reclusione da due a sette anni. Se la
lesione personale e’ gravissima, si applica la reclusione da cinque a
dodici anni.

Art. 225.

(Circostanza aggravante e circostanza attenuante).

Nei casi preveduti dai due articoli precedenti, la pena e’ aumentata
da un terzo alla meta, se ricorre alcuna delle circostanze aggravanti
indicate nell’articolo 576 del codice penale; ed e’ aumentata fino a un
terzo, se ricorre alcuna delle circostanze aggravanti indicate
nell’articolo 577 di detto codice, ovvero se il fatto e’ commesso con
armi o con sostanze corrosive.

Se alcuno dei fatti preveduti dai tre articoli precedenti e’ commesso
a causa d’onore, nelle circostanze indicate nell’articolo 587 del codice
penale, si applicano le disposizioni di detto codice, sostituita la pena
della reclusione militare alla pena della reclusione.

Art. 226.

(Ingiuria).

Il militare, che offende l’onore o il decoro di altro militare
presente, e’ punito, se il fatto non costituisce un piu’ grave reato,
con la reclusione militare fino a quattro mesi.

Alla stessa pena soggiace il militare, che commette il fatto mediante
comunicazione telegrafica o telefonica, o con scritti o disegni, diretti
alla persona offesa.

La pena e’ della reclusione militare fino a sei mesi, se l’offesa
consiste nell’attribuzione di un fatto determinato.

Art. 227.

(Diffamazione).

Il militare, che, fuori dei casi indicati nell’articolo precedente,
comunicando con piu’ persone, offende la reputazione di altro militare,
e’ punito, se il fatto non costituisce un piu’ grave reato, con la
reclusione militare fino a sei mesi.

Se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato, o e’
recata per mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di
pubblicita’, ovvero in atto pubblico, la pena e’ della reclusione
militare da sei mesi a tre anni.

Se l’offesa e’ recata a un corpo militare, ovvero a un ente
amministrativo o giudiziario militare, le pene sono aumentate.

((49))

———–

AGGIORNAMENTO (49)

La Corte Costituzionale con sentenza 19-29 ottobre 2009, n. 273 (in
G.U. 1a s.s. 4/11/2009, n. 44) ha dichiarato:

– l’illegittimita’ costituzionale del presente articolo nella parte
in cui non prevede l’applicabilita’ anche al delitto di diffamazione
militare dell’art. 596, terzo comma, numero 1), e quarto comma, del
codice penale;

– ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87,
l’illegittimita’ costituzionale del presente articolo nella parte in cui
non prevede l’applicabilita’ anche al delitto di diffamazione militare
dell’art. 596, terzo comma, numero 2), e quarto comma, del codice
penale.

Art. 228.

(Ritorsione. Provocazione).

Nei casi preveduti dall’articolo 226, se le offese sono reciproche,
il giudice puo’ dichiarare non punibili uno o entrambi gli offensori.

Non e’ punibile chi ha commesso alcuno dei fatti preveduti dagli
articoli 226 e 227 nello stato d’ira determinato da un fatto ingiusto
altrui, e subito dopo di esso.

Art. 229.

(Minaccia).

Il militare, che minaccia ad altro militare un ingiusto danno, e’
punito, se il fatto non costituisce un piu’ grave reato, con la
reclusione militare fino a due mesi.

Se la minaccia e’ grave, si applica la reclusione militare fino a sei
mesi.

Se la minaccia e’ fatta in uno dei modi indicati nell’articolo 339
del codice penale, la pena e’ della reclusione militare fino a un anno.

CAPO IV
Reati contro il patrimonio

Art. 230.

(Furto militare).

Il militare, che, in luogo militare, si impossessa della cosa mobile
altrui, sottraendola ad altro militare che la detiene, al fine di trarne
profitto per se’ o per altri, e’ punito con la reclusione militare da
due mesi a due anni.

Se il fatto e’ commesso a danno dell’amministrazione, militare, la’
pena e’ della reclusione militare da uno a cinque anni.

La condanna importa la rimozione.

Agli effetti della legge penale militare, sotto la denominazione di
luogo militare si comprendono le caserme, le navi, gli aeromobili, gli
stabilimenti militari e qualunque altro luogo dove i militari si
trovano, ancorche’ momentaneamente, per ragione di servizio.

Art. 231.

(Circostanze aggravanti).

La pena e’ della reclusione da uno a cinque anni nel caso preveduto
dal primo comma dell’articolo precedente, e da due a sette anni nel caso
preveduto dal secondo comma dell’articolo stesso:

1° se il colpevole usa violenza sulle cose o si vale di un qualsiasi
mezzo fraudolento;

2° se il colpevole porta in dosso armi o narcotici, senza farne uso;

3° se il fatto e’ commesso con destrezza, ovvero strappando la cosa
di mano o di dosso alla persona;

4° se il fatto e’ commesso da tre o piu’ persone, ovvero anche da una
sola, che sia travisata.

Se concorrono due o piu’ delle circostanze indicate nel comma
precedente, ovvero se una di tali circostanze concorre con altra fra
quelle indicate nell’articolo 51 del codice penale o nell’articolo 47 di
questo codice, si applica la reclusione da due a otto anni, nel caso
preveduto dal primo comma dell’articolo precedente, e la reclusione da
tre a dieci anni, nel caso preveduto dal secondo comma dell’articolo
stesso.

La condanna, quando non ne derivi la degradazione, importa la
rimozione.

Art. 232.

(Furto a danno del superiore al cui personale servizio il colpevole
sia addetto, o nell’abitazione detto stesso superiore).

Il militare addetto al personale servizio di un superiore, che, in
qualsiasi luogo, s’impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola al
superiore che la detiene, al fine di trarne profitto per se’ o per
altri, e’ punito con la reclusione da due a sette anni.

La disposizione del comma precedente si applica anche se il fatto e’
commesso, nell’abitazione del superiore, a danno di persona con questo
convivente.

Se ricorre alcuna delle circostanze indicate nel primo comma
dell’articolo precedente, la pena e’ della reclusione da tre a dieci
anni.

Se concorrono due o piu’ delle circostanze indicate nel primo comma
dell’articolo precedente, o se alcuna di dette circostanze concorre con
altra fra quelle indicate nell’articolo 61 del codice penale o
nell’articolo 47 di questo codice, la pena e’ della reclusione da
quattro a dodici anni.

La condanna, quando non ne derivi la degradazione, importa la
rimozione.

Art. 233.

(Furto d’uso o su cose di tenue valore; Furto di oggetti di vestiario
o di equipaggiamento).

Si applica la reclusione militare fino a sei mesi:

1° se il colpevole ha agito al solo scopo di fare uso momentaneo
della cosa sottratta, e questa, dopo l’uso momentaneo, e’ stata
immediatamente restituita; ((28))

2° se il fatto e’ commesso su cose di tenue valore, per provvedere a
un grave e urgente bisogno;

3° se il fatto e’ commesso su oggetti di vestiario o di
equipaggiamento militare, al solo scopo di sopperire a deficienze del
proprio corredo.

Tali disposizioni non si applicano, se ricorre alcuna delle
circostanze indicate nei numeri 1°, 2° e 3° del primo comma
dell’articolo 231.

————

AGGIORNAMENTO (28)

La Corte Costituzionale con sentenza 8-10 gennaio 1991, n. 2 (in G.U.
1a s.s. 16/1/1991, n. 3) ha dichiarato “l’illegittimita’ costituzionale
dell’art. 233, primo comma, n. 1, del codice penale militare di pace,
nella parte in cui non estende la disciplina ivi prevista alla mancata
restituzione, dovuta a caso fortuito o forza maggiore, della cosa
sottratta.”

Art. 234.

(Truffa).

Il militare, che, con artifici o raggiri, inducendo taluno in errore,
procura a se’ o ad altri un ingiusto profitto con danno di altro
militare e’ punito con la reclusione militare da sei mesi a tre anni.

La pena e’ della reclusione militare da uno a cinque anni:

1° se il fatto e’ commesso a danno dell’amministrazione militare o
col pretesto di fare esonerare taluno dal servizio militare;

2° se il fatto e’ commesso, ingenerando nella persona offesa, il
timore di un pericolo immaginario o l’erroneo convincimento di dover
eseguire un ordine dell’Autorita’.

La condanna importa la rimozione.

Art. 235.

(Appropriazione indebita).

Il militare, che, per procurare a se’ o ad altri un ingiusto
profitto, si appropria il denaro o la cosa, mobile di altro militare, di
cui abbia, a qualsiasi titolo, il possesso, e’ punito con la reclusione
militare fino a tre anni.

Se il fatto e’ commesso su cose possedute a titolo di deposito
necessario o appartenenti all’amministrazione militare, la pena e’
aumentata.

Se il fatto e’ commesso su oggetti di vestiario o di equipaggiamento
militare, al solo scopo di sopperire a deficienze del proprio corredo,
si applica la reclusione militare fino a sei mesi.

Nei casi preveduti dal primo e dal secondo comma, la condanna importa
la rimozione.

Art. 236.

(Appropriazione di cose smarrite o avute per errore o caso fortuito).

E’ punito con la reclusione militare fino a sei mesi:

1° il militare, che, avendo trovato, in luogo militare, denaro o cose
da altri smarrite, se li appropria o non li consegna al superiore entro
ventiquattro ore;

2° il militare, che si appropria cose appartenenti ad altri militari
o all’amministrazione militare, delle quali sia venuto in possesso per
errore altrui o per caso fortuito.

Se il colpevole conosceva il proprietario della cosa che si e’
appropriata, la pena e’ della reclusione militare fino a due anni.

Art. 237.

(Ricettazione).

Fuori dei casi di concorso nel reato, il militare, che, al fine di
procurare a se’ o ad altri un profitto, acquista, riceve od occulta
denaro o cose provenienti da un qualsiasi reato militare, o comunque si
intromette nel farli acquistare, ricevere od occultare, e’ punito con la
reclusione militare fino a due anni.

Se il denaro o le cose provengono da un reato militare, che importa
una pena detentiva superiore nel massimo a cinque anni o una pena piu’
grave, si applica la reclusione fino a sei anni.

Le disposizioni di questo articolo si applicano anche quando l’autore
del reato, da cui il denaro o le cose provengono, non e’ imputabile o
non e’ punibile.

La condanna, quando non ne derivi la degradazione, importa la
rimozione.

TITOLO QUINTO
DISPOSIZIONI RELATIVE AI
MILITARI IN CONGEDO, AI MOBILITATI CIVILI E ALLE PERSONE ESTRANEE ALLE
FORZE ARMATE DELLO STATO
CAPO I
Disposizioni per i militari in
congedo

Art. 238.

(( (Reati commessi dal militare in congedo a causa del
servizio prestato).))

((E’ punito a norma delle rispettive disposizioni di
questo Codice il militare in congedo che, a causa del servizio prestato,
commette verso un militare in servizio o in congedo alcuno dei fatti
preveduti dai capi terzo, quarto e sesto del titolo terzo di questo
libro; purche’ il fatto medesimo sia stato commesso entro due anni dal
giorno in cui il militare ha cessato di prestare servizio alle armi))
.

Art. 239.

(Reati commessi contro militari in congedo a causa del servizio
prestato).

E’ punito a norma delle rispettive disposizioni di questo codice il
militare in servizio alle armi o considerato tale, che, a causa del
servizio prestato, commette verso un militare in congedo alcuno dei
fatti preveduti dai capi terzo, quarto e sesto del titolo terzo di
questo libro.

Art. 240.

(( (Reati commessi contro militari in congedo che
vestono, ancorche’ indebitamente, l’uniforme militare).))

((Il militare in servizio alle armi, o considerato tale,
che commette alcuno dei fatti previsti dai capi terzo, quarto e sesto
del titolo terzo di questo libro, contro un militare in congedo mentre
questi veste, ancorche’ indebitamente, l’uniforme militare, e’ punito a
norma delle rispettive disposizioni di questo Codice))
.

Art. 241.

(( (Militari in congedo assoluto).))

((Le disposizioni contenute nei tre articoli precedenti
si applicano anche se gli offesi avevano, al momento del fatto, cessato
di appartenere alle Forze armate dello Stato))
.

CAPO II
Disposizioni per i mobilitati civili

Art. 242.

(Mutilazione o infermita’ procurata o simulazione d’infermita’).

Chiunque, a fine di sottrarsi agli obblighi della mobilitazione
civile, si mutila o si procura infermita’ o imperfezioni, ovvero simula
infermita’ o imperfezioni, e’ punito a norma delle disposizioni degli
articoli 157, 158, primo e terzo comma, e 159, relative al militare che
commette i fatti predetti a fine di sottrarsi all’obbligo del servizio
militare. Tuttavia, la pena e’ diminuita.

Art. 243.

(Abbandono del servizio da parte del mobilitato civile).

Chiunque, appartenendo al personale di uno stabilimento statale di
produzione per la guerra ovvero a uno stabilimento privato mobilitato,
si assenta senza autorizzazione dallo stabilimento per oltre cinque
giorni, ovvero, essendone legittimamente assente, non vi rientra, senza
giusto motivo, nei cinque giorni successivi a quello prefissogli, e’
punito con la reclusione militare da sei mesi a due anni.

La stessa pena si applica al militare dispensato, all’ammesso a
ritardo o all’esonerato dal richiamo alle armi per mobilitazione, che,
appartenendo al personale di alcuno degli stabilimenti indicati nel
comma precedente, si assenta senza autorizzazione dallo stabilimento per
oltre ventiquattro ore, ovvero, essendone legittimamente assente, non vi
rientra, senza giusto motivo, nello stesso termine.

Se il fatto e’ commesso da tre o piu’ persone, previo accordo, la
pena e’ aumentata da un terzo alla meta’.

Se la durata dell’assenza non supera quindici giorni, la pena puo’
essere diminuita da un terzo alla meta’.

Art. 244.

(Violenza contro superiori nella gerarchia tecnica o amministrativa o
contro militari preposti alla sorveglianza disciplinare).

Chiunque, appartenendo al personale di alcuno degli stabilimenti
indicati nell’articolo precedente, usa violenza contro un superiore
nella gerarchia tecnica o amministrativa dello stabilimento stesso,
ovvero contro chi rappresenta l’Autorita’ militare preposta alla
sorveglianza disciplinare dello stabilimento, e’ punito con la
reclusione militare da due a cinque anni.

Se il fatto e’ commesso per cause estranee al servizio, si applica la
reclusione militare da uno a tre anni.

Se il colpevole ha reagito in stato d’ira determinato da un fatto
ingiusto del superiore o del rappresentante dell’Autorita’ militare, la
pena e’ diminuita da un terzo alla meta’.

Se la violenza consiste nell’omicidio, ancorche’ tentato o
preterintenzionale, o in una lesione personale gravissima o grave, si
applicano le corrispondenti pene stabilite dal codice penale, Tuttavia,
la pena detentiva temporanea e’ aumentata.

Art. 245.

(Minaccia o ingiuria a superiori nella gerarchia tecnica o
amministrativa o contro militari preposti alla sorveglianza
disciplinare).

Chiunque, appartenendo al personale di alcuno degli stabilimenti
indicati nell’articolo 243, minaccia un ingiusto danno a un superiore
nella gerarchia tecnica o amministrativa dello stabilimento stesso,
ovvero a chi rappresenta l’Autorita’ militare preposta alla sorveglianza
disciplinare dello stabilimento, ovvero ne offende, in sua presenza,
l’onore o il decoro, e’ punito con la reclusione militare fino a tre
anni.

La stessa pena si applica, se l’ingiuria e’ commessa mediante
comunicazione telegrafica o telefonica, o con scritti o disegni, diretti
alla persona offesa.

Se il fatto e’ commesso per cause estranee al servizio, la pena e’
della reclusione militare fino a due anni.

Se il colpevole ha reagito in stato d’ira determinato da un fatto
ingiusto del superiore o del rappresentante dell’Autorita’ militare, la
pena e’ diminuita da un terzo alla meta’.

Art. 246.

(Rifiuto di obbedienza a superiori nella gerarchia tecnica o
amministrativa o a militari preposti alla sorveglianza disciplinare).

Chiunque, appartenendo al personale di alcuno degli stabilimenti
indicati nell’articolo 243, rifiuta, omette o ritarda di obbedire a un
ordine, inerente al servizio o alla disciplina, di un superiore nella
gerarchia tecnica o amministrativa dello stabilimento, ovvero di chi
rappresenta l’Autorita’ militare preposta alla sorveglianza disciplinare
dello stabilimento, e’ punito con la reclusione militare fino a otto
mesi.

Se il fatto e’ commesso durante il servizio, o in presenza di piu’
persone appartenenti allo stabilimento stesso, la pena e’ aumentata.

Art. 247.

(Violenza usata da superiori nella gerarchia tecnica o amministrativa
o da militari preposti alla sorveglianza disciplinare).

Chiunque, appartenendo al personale di alcuno degli stabilimenti
indicati nell’articolo 243, usa violenza contro un inferiore nella
gerarchia tecnica o amministrativa dello stabilimento stesso, e’ punito
con la reclusione militare da sei mesi a un anno.

Se il colpevole ha reagito in stato d’ira determinato da un fatto
ingiusto dell’inferiore, la pena e’ diminuita dalla meta’ ai due terzi.

Le stesse disposizioni si applicano, se il fatto e’ commesso da chi
rappresenta l’Autorita’ militare preposta alla sorveglianza disciplinare
dello stabilimento, contro un appartenente allo stabilimento medesimo.

Se la violenza consiste nell’omicidio, ancorche’ tentato o
preterintenzionale, o in una lesione personale, si applicano le
corrispondenti pene del codice penale. Tuttavia, la pena detentiva
temporanea e’ aumentata.

Art. 248.

(Minaccia o ingiuria a un inferiore).

Chiunque, appartenendo al personale di alcuno degli stabilimenti
indicati nell’articolo 243, minaccia un ingiusto danno a un inferiore
nella gerarchia tecnica o amministrativa dello stabilimento stesso,
ovvero ne offende, in sua presenza, l’onore o il decoro, e’ punito con
la reclusione militare fino a otto mesi.

La pena e’ della reclusione militare fino a due anni, se la minaccia
e’ grave o e’ fatta in uno dei modi indicati nell’articolo 339 del
codice penale.

Le stesse pene si applicano, se il fatto e’ commesso mediante
comunicazione telegrafica o telefonica, o con scritti o disegni, diretti
alla persona offesa.

Si applica la disposizione del secondo comma dell’articolo
precedente.

Art. 249.

(Violenza a causa d’onore).

Quando alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 244 e 247 e’
commesso a causa d’onore nelle circostanze indicate nell’articolo 587
del codice penale, si applicano le disposizioni di detto codice.

Art. 250.

(Ostruzionismo o sabotaggio nei lavori).

Chiunque, appartenendo al personale di alcuno degli stabilimenti
indicati nell’articolo 243, ostacola il corso dei lavori, ovvero esegue
lavorazione difettosa, o deteriora il materiale di lavoro affidatogli,
e’ punito, se il fatto non costituisce un piu’ grave reato, con la
reclusione militare da uno a cinque anni.

Se dal fatto e’ derivato grave danno, si applica la reclusione
militare non inferiore a sette anni.

Art. 251.

(Violazione di disposizioni dell’Autorita’ statale preposta alle
fabbricazioni di guerra).

Salvo che il fatto costituisca un piu’ grave reato, e’ punito con la
reclusione militare da tre mesi a cinque anni il dirigente o preposto a
un ente o stabilimento privato mobilitato o che abbia ricevuto
dall’Autorita’ statale preposta alle fabbricazioni di guerra il
preavviso della dichiarazione di ausiliarieta’, il quale:

1° ritarda od omette di comunicare notizie o dati richiesti dalla
predetta Autorita’, relativi all’attivita’ dello stabilimento, ovvero li
fornisce in modo infedele o incompleto;

2° presenta all’Autorita’ suindicata domanda di assegnazione di
materie prime o di prodotti industriali per quantita’ superiore a quella
necessaria e sufficiente;

3° aliena le materie prime o i prodotti industriali assegnatigli
dalla detta Autorita’, ovvero li utilizza per scopi diversi da quelli
per i quali erano stati concessi;

4° omette o trascura la manutenzione degli impianti dello
stabilimento, cagionando la riduzione della sua rapacita’ produttiva;

5° procede, senza autorizzazione dell’Autorita’ suindicata, a
trasformazioni o trasferimenti di stabilimenti o reparti, oppure ad
alienazione di tutti o parte degli stessi, o di macchinari.

CAPO III
Disposizioni per i piloti non
militari di navi militari o aeromobili militari, per i capitani di navi
mercantili e per i comandanti di aeromobili civili

Art. 252.

(Pilota che cagiona la perdita, ovvero l’investimento, l’incaglio o
l’avaria della nave).

Il pilota, che cagiona la perdita di una nave militare da lui
condotta o di una nave di un convoglio sotto scorta o direzione militare
da lui condotto, e’ punito con la morte mediante fucilazione nella
schiena.

Il pilota, che cagiona l’investimento di una nave militare da lui
condotta o di una nave di un convoglio sotto scorta o direzione militare
da lui condotto, o cagiona ad essa incaglio o grave avaria, e’ punito
con la reclusione non inferiore a otto anni.

Se il fatto e’ commesso per colpa, si applica:

1° la reclusione fino a dieci anni, nel caso preveduto dal primo
comma;

2° la reclusione fino a due anni, nel caso preveduto dal secondo
comma.

Art. 253.

(Pilota che abbandona la nave).

Il pilota, che abbandona la nave militare o la nave di un convoglio
sotto scorta o direzione militare, da lui condotti, e’ punito con la
reclusione da uno a cinque anni.

Se il fatto e’ commesso in caso di pericolo, si applica la reclusione
da tre a dieci anni.

Art. 254.

(Pilota che rifiuta, omette o ritarda di prestare servizio).

Il pilota, che, incaricato di condurre una nave militare o un
convoglio sotto scorta o direzione militare, rifiuta, omette o ritarda
di assumere, o comunque di prestare il servizio, e’ punito con la
reclusione da sei mesi a tre anni.

Art. 255.

(Pilota che induce in errore il comandante).

Il pilota di una nave militare o di una nave di un convoglio sotto
scorta o direzione militare, che, mediante indicazioni o suggerimenti o
in qualsiasi altro modo, induce in errore il comandante, con danno del
servizio, e’ punito con la reclusione da due a dieci anni.

Se l’errore del comandante deriva dalla colpa del pilota, questi e’
punito con la reclusione fino a un anno.

Art. 256.

(Perdita, investimento, avaria o abbandono di un aeromobile).

Le disposizioni degli articoli precedenti si applicano anche a colui,
che e’ chiamato a esercitare, relativamente a un aeromobile militare,
funzioni analoghe a quelle del pilota marittimo.

Art. 257.

(Reati di comandanti di navi mercantili o aeromobili civili).

Il comandante di una nave mercantile o di un aeromobile civile in
convoglio sotto scorta o direzione militare, che cagiona la perdita
della nave o dell’aeromobile, e’ punito con la morte mediante
fucilazione nella schiena.

Se il comandante si separa dal convoglio, si applica la reclusione
fino a tre anni.

Se il fatto e’ commesso per colpa, la pena e’ della reclusione fino a
dieci anni nel caso preveduto dal primo comma, e della reclusione fino a
un anno nel caso preveduto dal secondo comma.

Art. 258.

(Circostanze attenuanti).

Quando, nei fatti preveduti dal primo e dal secondo comma
dell’articolo 252 e dal primo comma dell’articolo 253, ricorrono
particolari circostanze, che attenuano la responsabilita’ del colpevole,
alla pena di morte e’ sostituita la reclusione non inferiore a sette
anni, e le altre pene sono diminuite dalla meta’ a due terzi.

Art. 259.

(Rifiuto di assistenza a nave o aeromobile militare).

Il comandante di una nave mercantile o di un aeromobile civile,
cittadino dello Stato, che rifiuta od omette di prestare a una nave
militare o ad un aeromobile militare l’assistenza chiestagli in
circostanze di pericolo, e’ punito con la reclusione da uno a tre anni.

TITOLO SESTO
DISPOSIZIONI COMUNI AI TITOLI
PRECEDENTI

Art. 260.

(Richiesta di procedimento).

I reati preveduti dagli articoli 94, 103, 104, 105, 106, 107, 108,
109, 110, 111 ((112, 115, 116, secondo comma, 117, terzo
comma, e 167, terzo comma))
sono puniti a richiesta del
Ministro da cui dipende il militare colpevole; o, se piu’ sono i
colpevoli e appartengono a forze armate diverse, a richiesta del
Ministro da cui dipende il piu’ elevato in grado, o, a parita’ di grado,
il piu’ anziano.

I reati, per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione
militare non superiore nel massimo a sei mesi, e quello preveduto dal
numero 2° dell’articolo 171 sono puniti a richiesta del comandante del
corpo o di altro ente superiore, da cui dipende il militare colpevole,
o, se piu’ sono i colpevoli e appartengono a corpi diversi o a forze
armate diverse, dal comandante del corpo dal quale dipende il militare
piu’ elevato in grado, o, a parita’ di grado, il superiore in comando o
il piu’ anziano. (31)

Agli effetti della legge penale militare, per i militari non
appartenenti al Regio esercito, al comandante del corpo e’ sostituito il
comandante corrispondente delle altre forze armate dello Stato.

Nei casi preveduti dal secondo e dal terzo comma, la richiesta non
puo’ essere piu’ proposta, decorso un mese dal giorno in cui l’Autorita’
ha avuto notizia del fatto che costituisce il reato.

Nei casi preveduti dal primo e dal secondo comma:

1° se il colpevole non e’ militare, alla richiesta del Ministro
indicato nel primo comma e’ sostituita la richiesta del Ministro della
forza armata alla quale appartiene il comando dell’unita’, presso cui e’
costituito il tribunale militare competente; e alla richiesta del
comandante del corpo e’ sostituita la richiesta del comandante
dell’unita’, presso cui e’ costituito il tribunale militare competente;

2° se piu’ sono i colpevoli e alcuno di essi non e’ militare, la
richiesta di procedimento a carico del militare colpevole si estende
alle persone estranee alle forze armate dello Stato, che sono concorse
nel reato.

———–

AGGIORNAMENTO (31)

La Corte Costituzionale con sentenza 4 -13 dicembre 1991, n. 449 (in
G.U. 1a s.s. 18/12/1991, n. 50) ha dichiarato “l’illegittimita’
costituzionale dell’art. 260, secondo comma, del codice penale militare
di pace, nella parte in cui non prevede che i reati ivi previsti siano
puniti a richiesta del comandante di altro ente superiore, allorche’ il
comandnate del corpo di appartenenza del militare colpevole sia la
persona offesa dalla condotta contestata.”

LIBRO TERZO
DELLA PROCEDURA PENALE MILITARE
TITOLO PRIMO
DISPOSIZIONI PRELIMINARI

Art. 261.

(Applicazione delle disposizioni del codice di procedura penale).

Salvo che la legge disponga diversamente, le disposizioni del codice
di procedura penale si osservano anche per i procedimenti davanti ai
tribunali militari, sostituiti:

1° al tribunale e al procuratore del Re Imperatore, rispettivamente,
il tribunale militare e il procuratore militare del Re Imperatore;

2° alla corte di cassazione e al procuratore generale presso di
questa, rispettivamente, il tribunale supremo militare e il procuratore
generale militare del Re Imperatore;

3° al ricorso per cassazione, il ricorso per annullamento al
tribunale supremo militare;

4° al segretario, il cancelliere.

Art. 261-ter.

(( (Ricorso per Cassazione).))

(( Contro i provvedimenti dei giudici militari e’ ammesso
ricorso per Cassazione secondo le norme del codice di procedura penale))
.

Art. 261-quater.

(Giudizio davanti alla Corte militare di Appello).

Il giudizio d’appello ((…)) e’ regolato
dalle norme del codice di procedura penale; sulla impugnazione dei
provvedimenti del giudice per l’udienza preliminare decide la Corte
militare di appello, in camera di consiglio.

TITOLO SECONDO
DELL’ESERCIZIO DELLA
GIURISDIZIONE MILITARE
CAPO I
Della giurisdizione militare

Art. 262.

(Unicita’ della giurisdizione militare).

La giurisdizione militare e’ unica per tutte le forze armate dello
Stato, terrestri, marittime ed aeree.

Art. 263.

(Giurisdizione militare in relazione alle persone e ai reati
militari).

Appartiene ai tribunali militari la cognizione dei reati militari
commessi dalle persone alle quali e’ applicabile la legge penale
militare.(22)((33))

———–

AGGIORNAMENTO (22)

La Corte Costituzionale con sentenza 22 febbraio – 3 marzo 1989, n.
78 (in G.U. 1a s.s. 8/3/1989, n. 10), ha dichiarato l’illegittimita’
costituzionale del presente articolo nella parte in cui sottrae al
tribunale per i minorenni la cognizione dei reati militari commessi dai
minori degli anni diciotto appartenenti alle forze armate.

———–

AGGIORNAMENTO (33)

La Corte Costituzionale con sentenza 23 ottobre – 10 novembre 1992,
n. 429 (in G.U. 1a s.s. 18/11/1992, n. 48) ha dichiarato
“l’illegittimita’ costituzionale dell’art. 263 del codice penale
militare di pace, nella parte in cui assoggetta alla giurisdizione
militare le persone alle quali e’ applicabile la legge penale militare,
anziche’ i soli militari in servizio alle armi o considerati tali dalla
legge al momento del commesso reato.”

Art. 264.

(( (Connessione di procedimenti). ))

((Tra i procedimenti di competenza della autorita’
giudiziaria ordinaria e i procedimenti di competenza dell’autorita’
giudiziaria militare si ha connessione solamente quando essi riguardano
delitti commessi nello stesso tempo da piu’ persone riunite o da piu’
persone anche in tempi e luoghi diversi, ma in concorso tra loro, o da
piu’ persone in danno reciprocamente le une delle altre, Ovvero delitti
commessi gli uni per eseguire o per occultare gli altri o per
conseguirne o assicurarne, al colpevole o ad altri, il profitto, il
prezzo, il prodotto o la impunita’.


Nei casi preveduti nel comma precedente
e’ competente per tutti i procedimenti l’autorita’ giudiziaria
ordinaria. Non di meno la Corte di cassazione, su ricorso del pubblico
ministero presso il giudice ordinario o presso il giudice militare,
ovvero risolvendo un conflitto, puo’ ordinare, per ragioni di
convenienza, con sentenza, la separazione dei procedimenti.


Il ricorso ha effetto sospensivo))
.

CAPO II
Effetti della connessione dei
procedimenti sulla competenza dei tribunali militari

Art. 265.

(Proscioglimento di alcuno degli imputati).

Durante l’istruzione, quando si procede congiuntamente contro persone
soggette alla giurisdizione militare e persone originariamente soggette
alla giurisdizione ordinaria, il giudice militare, se proscioglie
dall’imputazione le prime, rinvia le altre all’Autorita’ giudiziaria
ordinaria per l’ulteriore corso del procedimento, qualora non ritenga di
proscioglierle.

Se il proscioglimento avviene in esito al giudizio, non v’e’ luogo a
rimessione; e l’Autorita’ giudiziaria militare giudica anche le persone
che sarebbero state originariamente soggette alla giurisdizione
ordinaria.

Art. 266.

(Effetti della connessione sulla competenza dell’Autorita’
giudiziaria militare e su quella dell’Alta Corte di giustizia).

Nel caso di connessione fra procedimenti di competenza dell’Autorita’
giudiziaria militare e procedimenti di competenza dell’Alta Corte di
giustizia, la competenza per tutti appartiene all’Alta Corte, osservate
le disposizioni del regolamento giudiziario del Senato.

Art. 267.

(Giurisdizione militare italiana in territorio estero).

Presso i corpi di spedizione all’estero, l’esercizio della
giurisdizione militare italiana e’ regolato dagli accordi stipulati con
lo Stato, che concede il transito o il soggiorno al corpo di spedizione;
e, in mancanza di accordi, dagli usi internazionali.

Art. 268.

(Sostituzione della giurisdizione militare alla giurisdizione
consolare).

Nei paesi nei quali i trattati e gli usi internazionali attribuiscono
ai consoli la giurisdizione penale, alla giurisdizione consolare e’
sostituita quella militare italiana, inerente ai corpi di spedizione
all’estero, alle navi militari e agli aeromobili militari.

Se trattasi di giurisdizione consolare straniera, si applica la
disposizione dell’articolo precedente.

TITOLO TERZO
DISPOSIZIONI GENERALI
CAPO I
Delle azioni

Art. 269.

(Officialita’ dell’azione penale).

Per i reati soggetti alla giurisdizione militare, l’azione penale e’
pubblica, e, quando non sia necessaria la richiesta o la querela, e’
iniziata d’ufficio in seguito a rapporto, a referto, a denuncia o ad
altra notizia del reato.

Art. 270.

(Azione civile per le restituzioni e per il risarcimento del danno).

Nei procedimenti di competenza del giudice militare, l’azione civile
per le restituzioni e per il risarcimento del danno non puo’ essere
proposta davanti ai tribunali militari. ((41))

Il giudizio su di essa e’ sospeso fino a che sull’azione penale sia
pronunciata, nella istruzione, la sentenza di proscioglimento non piu’
soggetta a impugnazione, o, nel giudizio, la sentenza irrevocabile,
ovvero sia divenuto esecutivo il decreto di condanna.((41))

———–

AGGIORNAMENTO (41)

La Corte Costituzionale con sentenza 22-28 febbraio 1996, n. 60 (in
G.U. 1a s.s. 6/3/1996, n. 10) ha dichiarato:

– l’illegittimita’ costituzionale del primo comma del presente
articolo;

– ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87,
l’illegittimita’ costituzionale del secondo comma del presente articolo.

CAPO II
Del giudice
Sezione I
Organi
della giurisdizione militare

Art. 271.

(Disposizione generale).

La legge relativa all’ordinamento giudiziario militare determina la
specie, la composizione e il numero degli organi, che esercitano la
giurisdizione militare.

Sezione II
Della competenza
§ 1
Della
competenza dei tribunali militari territoriali

Art. 272.

(Competenza dei tribunali militari territoriali).

Appartiene ai tribunali militari territoriali la cognizione dei reati
soggetti alla giurisdizione militare, esclusi quelli di competenza dei
tribunali militari di bordo e dei tribunali militari istituiti presso
forze armate concentrate.

Per la determinazione della competenza territoriale, si osservano le
norme del codice di procedura penale, salve le disposizioni degli
articoli seguenti.

Art. 273.

(( (Reati commessi all’estero o in corso di
navigazione).))

((Per i reati commessi all’estero e’ competente il
Tribunale militare di Roma.


La cognizione dei reati commessi in corso di
navigazione, su navi o aeromobili militari, e’ di competenza del
Tribunale militare del luogo di stanza dell’unita’ militare alla quale
appartiene l’imputato))
.

Art. 274.

(Reati di diserzione, di mancanza alla chiamata e di allontanamento
illecito).

Per i reati di diserzione, di mancanza alla chiamata e di
allontanamento illecito, e’ competente il tribunale militare del luogo
in cui ha sede il corpo o reparto al quale l’imputato apparteneva o
avrebbe dovuto presentarsi.

In caso di arresto, consegna o volontaria costituzione, la competenza
appartiene al tribunale militare del luogo dell’arresto, della consegna
o della volontaria costituzione.

Art. 275.

(Reati di perdita di nave o aeromobile e di abbandono di comando).

Per i reati preveduti dagli articoli 105, 106, 111, 112, 252, primo
comma e numero 1° del terzo comma, e 257, e’ competente il tribunale
militare territoriale designato dal tribunale supremo militare.

Art. 276.

(Effetti della connessione sulla competenza per territorio).

La competenza per i procedimenti connessi, rispetto ai quali sono
competenti per territorio tribunali militari diversi, appartiene al
tribunale militare del luogo nel quale fu commesso il reato piu’ grave,
o, in caso di reati di pari gravita’, il maggior numero di essi.

Se i reati soggetti alla competenza di tribunali militari diversi
sono di pari gravita’ e numero, e’ competente a conoscerne il tribunale
militare territoriale designato dal tribunale supremo militare.

§ 2
Della competenza dei tribunali militari
di bordo

Art. 277.

(Competenza ordinaria dei tribunali militari di bordo).

Appartiene ai tribunali militari di bordo la cognizione dei reati
soggetti alla giurisdizione militare, commessi, sia a terra, sia a
bordo, da qualsiasi persona iscritta, sotto qualunque titolo, nel ruolo
d’equipaggio di una nave militare in armamento o in riserva, quando
questa non dipenda da un’Autorita’ dipartimentale, ovvero, pur
dipendendone organicamente, faccia parte temporaneamente di gruppi di
unita’ al comando di un ufficiale ammiraglio o di un capitano di
vascello.

La dipendenza della nave da un’Autorita’ dipartimentale o navale e’
stabilita in base alla composizione organica del Regio naviglio.

Ai tribunali militari di bordo appartiene inoltre la cognizione:

1° dei reati soggetti alla giurisdizione militare, commessi a bordo
di una nave militare che si trovi nelle condizioni indicate nel primo
comma, da qualsiasi persona su di essa imbarcata;

2° dei delitti preveduti dal codice penale e dalle altre leggi penali
dello Stato, commessi fuori delle acque territoriali di questo, da
qualsiasi persona iscritta, sotto qualunque titolo, nel ruolo di
equipaggio di una nave militare che si trovi nelle condizioni indicate
nel primo comma. In questo caso, alla richiesta, autorizzazione o
querela, cui sia subordinato, a norma della legge penale, l’esercizio
della azione penale, e’ sostituito, a ogni effetto, l’ordine del
comandante della squadra o della divisione o del gruppo di navi o della
nave isolata, presso cui il tribunale si deve costituire.

Art. 278.

(Competenza speciale dei tribunali militari di bordo).

I tribunali militari di bordo giudicano altresi’:

1° le persone imbarcate sopra navi mercantili in convoglio sotto
scorta di navi militari, per i reati soggetti alla giurisdizione
militare;

2° le persone imbarcate sopra navi mercantili nazionali, che
all’estero concorrono nella diserzione di militari imbarcati su navi
militari;

3° i piloti e i capitani di navi mercantili nazionali, per i reati
che, rispetto a essi, sono preveduti da questo codice;

4° coloro che, in una rada dello Stato o straniera, occupata
militarmente da forze navali, commettono alcuno dei reati militari di
tradimento, spionaggio, istigazione di militari alla diserzione o
concorso in essa, danneggiamento di opere, edifici o cose mobili
militari, ovvero alcuno dei delitti indicati nel numero 1° dell’articolo
264.

Nel caso preveduto dal numero 2° del comma precedente, la competenza
e’ determinata con riferimento alla nave a cui appartiene il militare
colpevole di diserzione.

Art. 279.

(Effetti della connessione sulla competenza di tribunali militari
territoriali e sulla competenza di tribunali militari di bordo).

Nel caso di procedimenti connessi, se alcuno appartiene alla
competenza dei tribunali militari territoriali e altri appartengono alla
competenza dei tribunali militari di bordo, la competenza appartiene per
tutti ai tribunali militari territoriali.

Art. 280.

(Effetti della connessione sulla competenza di tribunali militari di
bordo diversi).

Nel caso di procedimenti connessi di competenza di tribunali militari
di bordo diversi, e’ competente, per tutti, il tribunale cui spetta di
giudicare l’imputato piu’ elevato in grado, o, a parita’ di grado, il
numero maggiore di imputati, ovvero, a parita’ di grado e di numero,
l’imputato piu’ anziano nel grado, o, qualora trattisi di non graduati,
nel servizio.

Art. 281.

(Effetti della connessione sulla competenza dei tribunali militari di
bordo e sulla competenza del giudice ordinario).

Nel caso di procedimenti connessi, se alcuno appartiene alla
competenza dei tribunali militari di bordo e altri appartengono alla
competenza del giudice ordinario, la competenza, per tutti, appartiene
al tribunale militare territoriale del luogo del commesso reato, o, se
il reato e’ stato commesso in navigazione o all’estero, al tribunale
militare territoriale del luogo del primo approdo della nave; ferma la
facolta’ del giudice militare di ordinare la separazione dei
procedimenti, a norma dell’ultimo comma dell’articolo 49 del codice di
procedura penale.

Art. 282.

(Cessazione della competenza dei tribunali militari di bordo).

La competenza dei tribunali militari di bordo cessa:

1° quando il tribunale non si possa costituire per mancanza del
numero di ufficiali richiesto dalla legge;

2° quando la nave non si trovi piu’ nelle condizioni prevedute dal
primo comma dell’articolo 277;

3° quando la nave non si trovi piu’ nel luogo del commesso reato e
l’imputato l’abbia abbandonata, o sia stato sbarcato d’ordine del
comandante indicato nell’ultimo comma dell’articolo 277.

Nei casi indicati nel comma precedente, e’ competente a giudicare il
tribunale militare territoriale costituito presso la forza armata cui
appartiene l’imputato, piu’ vicino al luogo del commesso reato, o, se
questo sia stato commesso in navigazione o all’estero, piu’ vicino al
luogo del primo approdo.

§ 3
Della competenza dei tribunali militari
presso forze armate concentrate

Art. 283.

(Tribunali all’interno e all’estero).

La competenza dei tribunali militari presso forze armate concentrate
all’interno e’ determinata dal decreto Reale che li istituisce.

Per la competenza dei tribunali militari presso forze armate
concentrate all’estero, oltre le disposizioni del decreto Reale che li
istituisce, si osservano gli accordi stipulati con lo Stato che concede
il transito o il soggiorno al corpo di spedizione, e, in mancanza di
accordi, gli usi internazionali. Ove occorra, provvede il comandante del
corpo di spedizione, mediante bando.

Sezione III
Dei conflitti di competenza

Art. 284.

(Denuncia e risoluzione dei conflitti di competenza fra giudici
militari).

Quando piu’ giudici militari contemporaneamente prendono o ricusano
di prendere cognizione dello stesso reato, la decisione sul conflitto
spetta al tribunale supremo militare.

I conflitti preveduti dal comma precedente cessano per effetto del
provvedimento di uno dei giudici che dichiara, secondo i casi, la
propria competenza o la propria incompetenza.

Le norme sui conflitti si applicano altresi’ in ogni caso analogo a
quelli preveduti da questo articolo.

Il giudice, che rileva il conflitto, pronuncia ordinanza, con cui
rimette gli atti al tribunale supremo militare.

Il tribunale supremo militare provvede in camera di consiglio.

Nel risolvere il conflitto, il tribunale supremo militare determina
se e in quale parte devono conservare validita’ gli atti compiuti dal
giudice dichiarato incompetente.

La sentenza del tribunale supremo militare sulla competenza ha
autorita’ di cosa giudicata, salvo che nuovi fatti o circostanze, nel
seguito del giudizio, vengano a modificare la competenza.

Sezione IV
Della rimessione dei procedimenti

Art. 285.

(Casi di rimessione e norme relative).

In ogni stato del procedimento di merito, per motivi di ordine
pubblico, di servizio o di disciplina, sulla richiesta del procuratore
generale militare del Re Imperatore il tribunale supremo militare puo’
rimettere il procedimento da uno a un altro tribunale militare.((8))

Il tribunale supremo militare decide in camera di consiglio, con
ordinanza non motivata.(4)

Nei procedimenti di competenza dei tribunali militari di bordo, la
richiesta per rimessione puo’ essere fatta anche dal comandante indicato
nell’ultimo comma dell’articolo 277; e il tribunale supremo militare
decide, inteso il procuratore generale militare del Re Imperatore.

Qualora sorgano elementi nuovi, su proposta del procuratore generale
militare del Re Imperatore, il tribunale supremo militare puo’ revocare
la precedente rimessione, oppure procedere ad altra designazione.

L’imputato non puo’ proporre istanza di rimessione.

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AGGIORNAMENTO (4)

La Corte Costituzionale con sentenza 3-8 luglio 1957, n. 119 (in G.U.
1a s.s. 13/7/1957, n. 174) ha dichiarato “l’illegittimita’
costituzionale della disposizione contenuta nel secondo comma dell’art.
285 Cod. pen. mil. di pace – con riferimento all’art. 111, primo comma,
della Costituzione – nella parte in cui lo stesso art. 285 consente che
sia “non motivata” l’ordinanza con la quale il Tribunale supremo
militare decide in camera di consiglio sulla rimessione dei procedimenti
penali da uno ad un altro tribunale militare”.

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AGGIORNAMENTO (8)

La Corte Costituzionale con sentenza 21-26 aprile 1971, n. 82 (in
G.U. 1a s.s. 28/4/1971, n. 106) ha dichiarato “l’illegittimita’
costituzionale dell’art. 285, primo comma, del codice penale militare di
pace nella parte relativa alle parole “di servizio”.”

Art. 286.

(Effetti del procedimento per rimessione).

Il procedimento per rimessione non sospende l’istruzione o il
giudizio, salvo che il tribunale supremo militare pronunci ordinanza di
sospensione; nel qual caso rimane salva la facolta’ di compiere gli atti
urgenti.

Art. 287.

(Applicazione delle norme del codice di procedura penale).

In quanto non sia diversamente disposto dagli articoli precedenti, al
procedimento per rimessione relativo a reati soggetti alla giurisdizione
militare si applicano le disposizioni del codice di procedura penale.

Sezione V
Della incompatibilita’,
dell’astensione e della ricusazione del giudice

Art. 288.

(Applicazione delle norme del codice di procedura penale).

Per la incompatibilita’, l’astensione e la ricusazione dei magistrati
e dei giudici militari, si applicano le disposizioni del codice di
procedura penale, relative alla incompatibilita’, all’astensione e alla
ricusazione del giudice, salve le norme dell’articolo seguente.

Art. 289.

(Incompatibilita’ speciali per i procedimenti militari).

Oltre i casi indicati negli articoli 61 e 62 del codice di procedura
penale, non possono sotto qualsiasi titolo concorrere alla istruzione di
un procedimento, far parte di un tribunale militare o del tribunale
supremo militare, o esercitarvi le funzioni di pubblico ministero:

1° colui che e’ stato offeso dal reato;

2° gli ufficiali della compagnia, o reparto corrispondente, cui
appartiene l’imputato, e gli ufficiali che hanno partecipato a un
precedente giudizio disciplinare per lo stesso fatto, o che comunque
hanno avuto una diretta ingerenza nella repressione disciplinare del
fatto stesso;

3° gli ufficiali che si trovavano immediatamente agli ordini
dell’imputato al tempo in cui fu commesso il reato o iniziato il
procedimento penale;

4° l’ufficiale che ha proceduto ad atti preliminari all’istruzione.

CAPO III
Delle parti
Sezione I
Del
pubblico ministero

Art. 290.

(Esercizio dell’azione penale da parte del pubblico ministero).

Il pubblico ministero presso i tribunali militari inizia ed esercita
l’azione penale per i reati soggetti alla giurisdizione militare.

Art. 291.

(Attribuzioni del procuratore militare del Re Imperatore).

Il procuratore militare del Re Imperatore, sotto la dipendenza e la
direzione del procuratore generale militare del Re Imperatore:

1° vigila sull’osservanza delle leggi, sull’ordine delle competenze e
sulla sollecita spedizione delle cause;

2° fa eseguire i provvedimenti dei tribunali militari e del giudice
istruttore;

3° esercita tutte le altre attribuzioni, che gli sono conferite dalle
leggi e dai regolamenti militari approvati con decreto Reale.

Sezione II
Dell’imputato

Art. 292.

(Dubbio sulla identita’ personale dell’imputato nel giudizio davanti
al tribunale supremo militare).

Quando il dubbio sulla identita’ personale dell’imputato sorge nel
giudizio davanti al tribunale supremo militare, questo, se lo ritiene
fondato, delega, anche d’ufficio, l’istruzione sull’incidente al giudice
istruttore del tribunale militare presso il quale fu emesso il
provvedimento impugnato.

Art. 293.

(Difensori).

((COMMA ABROGATO DAL D.LGS. DEL CAPO PROVVISORIO DELLO
STATO 20 AGOSTO 1947, N. 1103))
.

((COMMA ABROGATO DAL D.LGS. DEL CAPO PROVVISORIO DELLO
STATO 20 AGOSTO 1947, N. 1103))
.

((COMMA ABROGATO DAL D.LGS. DEL CAPO PROVVISORIO DELLO
STATO 20 AGOSTO 1947, N. 1103))
.

((Qualora occorra tutelare il segreto politico o militare
il giudice istruttore o il presidente, con provvedimento non soggetto a
impugnazione, puo’ escludere il difensore o il consulente tecnico non
militare))
.

Art. 294.

(Disciplina dei difensori militari).

Il difensore militare, nominato di ufficio o scelto dall’imputato,
non puo’ rifiutare l’incarico senza giusti motivi. Se ricorrono giusti
motivi, il presidente ha facolta’ di concedere la dispensa.

Se il rifiuto di assumere la difesa non e’ giustificato, al difensore
militare e’ inflitta dallo stesso tribunale militare, in via
disciplinare, una delle punizioni, che, a norma dei regolamenti, puo’
infliggere il superiore gerarchico.

Il difensore militare, ancorche’ scelto dall’imputato, se accetta
qualsiasi compenso, in qualunque forma, per il servizio della difesa,
soggiace a provvedimenti disciplinari, senza pregiudizio dell’azione
penale, qualora il fatto costituisca reato.

Art. 295.

((ARTICOLO ABROGATO DAL D.LGS. DEL CAPO PROVVISORIO DELLO
STATO 20 AGOSTO 1947, N. 1103))

CAPO IV
Degli atti processuali
Sezione I
Delle notificazioni e delle copie degli atti

Art. 296.

(Obbligo d’osservanza delle norme processuali).

Nei procedimenti di competenza dell’Autorita’ giudiziaria militare, i
magistrati militari, i giudici militari, i cancellieri giudiziari
militari, gli ufficiali giudiziari, i messi giudiziari militari, gli
ufficiali di polizia giudiziaria militare sono obbligati a osservare le
norme stabilite da questo codice e, in quanto applicabili, quelle del
codice di procedura penale, anche quando l’inosservanza non importa
nullita’ o altra sanzione particolare.

Art. 297.

(Rilascio di copie, di estratti o di certificati).

Il rilascio di copie, estratti o certificati di singoli atti di un
procedimento penale militare puo’ essere consentito soltanto dal
pubblico ministero.

Art. 298.

(Notificazione degli atti).

In quanto la legge non disponga diversamente, per la notificazione
degli atti si osservano le norme del codice di procedura penale. Le
mansioni spettanti all’ufficiale giudiziario possono essere disimpegnate
anche dal messo giudiziario militare.

Art. 299.

(Notificazioni ai militari che devono comparire come testimoni,
periti, interpreti o custodi di cose sequestrate).

Le notificazioni ai militari in servizio alle armi, che devono
comparire, come testimoni, periti, interpreti o custodi di cose
sequestrate, davanti ai tribunali militari, sono eseguite con semplice
avviso per iscritto o telegrafico, diretto dall’Autorita’ procedente al
comando da cui il militare dipende. Il comando stesso trasmette senza
indugio all’Autorita’ procedente l’attestato della fatta intimazione.

Se ricorrono particolari ragioni di urgenza, i militari in servizio
alle armi possono essere citati con avviso verbale, anche telefonico,
diretto ai rispettivi superiori, che hanno l’obbligo di curare
l’immediata intimazione.

Se i militari sono in congedo o altrimenti lontani dalla sede del
corpo, l’avviso puo’ essere notificato a cura dell’arma dei carabinieri
Reali del luogo, che invia subito la sua relazione all’Autorita’
procedente.

Sezione II
Delle nullita’

Art. 300.

(Nullita’ non sanabili).

Le nullita’ stabilite dall’articolo 185 del codice di procedura
penale non possono essere sanate in alcun modo. Esse possono essere
dedotte in ogni stato e grado del procedimento, e devono anche essere
dichiarate d’ufficio.

TITOLO QUARTO
DELLA ISTRUZIONE
CAPO I
Disposizioni generali
Sezione I
Degli atti preliminari alla
istruzione
§ 1
Degli atti di polizia giudiziaria militare

Art. 301.

(Persone che esercitano le funzioni di polizia giudiziaria militare).

Per i reati soggetti alla giurisdizione militare, salva la
disposizione dell’articolo 415, le funzioni di polizia giudiziaria, sono
esercitate, nell’ordine seguente:

1° dai comandanti di corpo, di distaccamento o di posto delle varie
forze armate;

2° dagli ufficiali e sottufficiali dei carabinieri Reali e dagli
altri ufficiali di polizia giudiziaria indicati nell’articolo 221 del
codice di procedura penale.

Concorrendo piu’ militari fra quelli rispettivamente indicati nei
numeri 1° e 2°, le funzioni sono esercitate dal piu’ elevato in grado o,
a parita’ di grado, dal piu’ anziano.

I militari suddetti hanno la facolta’ di richiedere la forza
pubblica.

In ogni caso, tutte le persone indicate nel primo comma, senza
interrompere le indagini, devono informarne immediatamente il
procuratore militare del Re Imperatore.

Art. 302.

(Subordinazione della polizia giudiziaria militare).

Le persone indicate nell’articolo precedente esercitano le loro
attribuzioni, sotto la direzione del procuratore generale militare del
Re Imperatore e del procuratore militare del Re Imperatore, osservate le
disposizioni, che, nei rispettivi ordinamenti, ne regolano i rapporti
interni di dipendenza gerarchica.

Art. 303.

(Arresti, ispezioni o perquisizioni).

Quando devono procedere ad arresti, ispezioni o perquisizioni, gli
ufficiali di polizia giudiziaria, militare od ordinaria, osservano le
norme speciali stabilite dagli articoli 310 e 327.

Art. 304.

(Trasmissione degli atti e informazioni al procuratore militare del
Re Imperatore).

Terminate le operazioni, le persone indicate nell’articolo 301 devono
trasmettere immediatamente gli atti compilati e le cose sequestrate al
procuratore militare del Re Imperatore.

Le dette persone devono inoltre riferire al procuratore militare del
Re Imperatore ogni notizia che loro successivamente pervenga, e compiere
in qualsiasi momento gli atti necessari per assicurare le prove del
reato.

Art. 305.

(Sanzioni disciplinari per le persone che esercitano le funzioni di
polizia giudiziaria militare).

Le persone indicate nell’articolo 301, che violano le disposizioni di
legge per le quali non e’ stabilita una sanzione speciale, o che
ricusano, omettono o ritardano l’esecuzione di un ordine dell’Autorita’
giudiziaria militare, ovvero eseguono l’ordine soltanto in parte o
negligentemente, sono punite con sanzioni disciplinari dai superiori
gerarchici, a richiesta del procuratore generale militare del Re
Imperatore.

§ 2
Degli atti di polizia giudiziaria del
procuratore militare del Re Imperatore

Art. 306.

(Assunzione di atti di polizia giudiziaria).

Il procuratore militare del Re Imperatore, prima di richiedere la
istruzione formale o di iniziare la istruzione sommaria, puo’ procedere
direttamente, o per mezzo delle persone indicate nell’articolo 301, ad
atti di polizia giudiziaria, secondo le norme del paragrafo precedente.

Art. 307.

(Assistenza del cancelliere).

Il procuratore militare del Re Imperatore, in tutti gli atti che
compie, e’ assistito dal cancelliere.

Sezione II
Della liberta’ personale
dell’imputato
§ 1
Dell’arresto

Art. 308.

(Arresto in flagranza).

Le persone indicate nell’articolo 301 devono procedere o far
procedere all’arresto di chiunque e’ colto in flagranza di un reato
militare, punibile con pena detentiva o con pena piu’ grave, ferma la
osservanza dei modi prescritti dai regolamenti per l’accesso in luoghi
militari.((23))

Dell’arresto e’ compilato processo verbale. L’arrestato e’ posto
immediatamente a disposizione del procuratore militare del Re
Imperatore, e intanto e’ custodito, preferibilmente, in luogo militare,
e, se trattasi di militare, e’ tenuto separato da persone estranee alle
forze armate dello Stato.

———–

AGGIORNAMENTO (23)

La Corte Costituzionale con sentenza 26 ottobre – 15 novembre 1989,
n. 503 (in G.U. 1a s.s. 22/11/1989, n. 47) ha dichiarato
“l’illegittimita’ costituzionale dell’art. 308, primo comma, del codice
penale militare di pace.”

Art. 309.

(Arresto fuori dei casi di flagranza).

Fuori dei casi di flagranza, il militare in servizio alle armi,
imputato di un reato, ancorche’ non soggetto alla giurisdizione
militare, non puo’ essere arrestato o fermato o trattenuto sotto
custodia, se non in dipendenza di un mandato od ordine di cattura o di
arresto dell’Autorita’ giudiziaria; salve le misure precauzionali che il
comandante da cui il militare dipende ritenga di adottare.((16))

————

AGGIORNAMENTO (16)

La Corte Costituzionale con sentenza 19-20 marzo 1985, n. 74 (in G.U.
1a s.s. 27/3/1985, n. 74) ha dichiarato “l’illegittimita’ costituzionale
dell’art. 309 del codice penale militare di pace.”

Art. 310.

(Arresto in luoghi privati o in stabilimenti non dipendenti
dall’Autorita’ militare).

Se, fuori dei casi di flagranza e in seguito a mandato od ordine
dell’Autorita’ giudiziaria militare, si deve procedere, in case o altri
luoghi privati, ovvero in stabilimenti non dipendenti dall’Autorita’
militare, all’arresto di imputati soggetti alla giurisdizione militare,
gli ufficiali di polizia giudiziaria militare vi procedono direttamente.

Art. 311.

(Arresto in stabilimenti o altri luoghi dipendenti dall’Autorita’
militare).

Quando, per un reato soggetto alla giurisdizione ordinaria, fuori dei
casi di flagranza e in seguito a mandato od ordine dell’Autorita’
giudiziaria ordinaria, si deve procedere all’arresto dell’imputato,
militare o non militare, in caserme, navi, stabilimenti o altri luoghi
dipendenti dall’Autorita’ militare, l’Autorita’ giudiziaria ordinaria ne
fa richiesta all’Autorita’ militare, la quale e’ tenuta a porre
immediatamente l’imputato a disposizione dell’Autorita’ giudiziaria.

Art. 312.

(Provvedimenti del procuratore militare del Re Imperatore).

Il procuratore militare del Re Imperatore, appena l’arrestato e’
stato posto a sua disposizione, procede all’interrogatorio, e, se
ritiene che ricorre alcuno dei casi indicati nei due primi commi
dell’articolo 246 o nell’articolo 249 del codice di procedura penale,
ordina che sia posto in liberta’.

§ 2
Dei mandati

Art. 313.

(Casi nei quali il mandato di cattura e’ obbligatorio).

Per i reati soggetti alla giurisdizione militare, deve essere emesso
il mandato di cattura contro l’imputato:

1° di un reato contro la fedelta’ o la difesa militare;

2° di mutilazione o simulazione d’infermita’ per sottrarsi
all’obbligo del servizio militare, di rivolta, di ammutinamento, di
sedizione militare o di istigazione a delinquere;

3° di un reato non colposo, per il quale la legge stabilisce una pena
detentiva superiore nel massimo a tre anni, o una pena piu’ grave; salvo
che trattisi di alcuno dei reati di duello preveduti da questo codice.

Deve essere parimenti emesso il mandato di cattura contro l’imputato
di delitto non colposo, per il quale la legge stabilisce la pena
detentiva, quando l’imputato e’ stato dichiarato delinquente abituale,
professionale o per tendenza, o si trova nelle condizioni stabilite
dall’articolo 102 del codice penale per la dichiarazione di abitualita’
nel delitto, ovvero e’ assegnato a una colonia agricola o a una casa di
lavoro, o e’ sottoposto a liberta’ vigilata.

Art. 314.

(Casi nei quali il mandato di cattura e’ facoltativo).

Puo’ essere emesso il mandato di cattura contro l’imputato di reato
non colposo, per il quale la legge stabilisce una pena detentiva non
superiore nel massimo a tre anni, salvo che trattisi di alcuno dei reati
di duello preveduti da questo codice.

Art. 315.

(Determinazione della pena agli effetti degli articoli precedenti).

Per il computo della pena agli effetti degli articoli precedenti, si
osservano le disposizioni dell’articolo 255 del codice di procedura
penale.

Art. 316.

(Revoca e nuova emissione del mandato di cattura).

In ogni stato dell’istruzione, quando vengono a mancare le condizioni
che legittimano il mandato di cattura, il giudice deve revocarlo.

Fuori dei casi preveduti dall’articolo 313, il giudice, in ogni stato
dell’istruzione, quando non ritiene piu’ necessario mantenere il mandato
di cattura, puo’ revocarlo ed emettere, se occorre, mandato di
comparizione o di accompagnamento.

La revoca e’ disposta con ordinanza.

Il mandato di cattura gia’ revocato o convertito puo’ essere, quando
ne ricorrono le condizioni, nuovamente emesso.

Art. 317.

(Casi nei quali puo’ emettersi mandato di comparizione o di
accompagnamento; successiva emissione del mandato di cattura).

Fuori dei casi preveduti dagli articoli 313 e 314, puo’ essere emesso
soltanto mandato di comparizione o di accompagnamento.

Il mandato di comparizione puo’ essere convertito in quello di
accompagnamento, se l’imputato non si presenta senza un legittimo
impedimento.

Il mandato di accompagnamento puo’ emettersi nei casi preveduti
dall’articolo 314, quando il giudice non ritiene di emettere mandato di
cattura o di comparizione, o quando vi e’ fondato motivo per ritenere
che il mandato di comparizione abbia a rimanere senza effetto.

L’imputato, contro il quale e’ stato emesso mandato di
accompagnamento, non puo’ essere privato della liberta’, in forza di
tale mandato, oltre il giorno successivo a quello del suo arrivo nel
luogo in cui si trova il giudice.

Dopo il mandato di comparizione o di accompagnamento, puo’ essere
emesso il mandato di cattura, se risultano elementi che autorizzano la
cattura.

Art. 318.

(Esecuzione dei mandati).

I mandati di accompagnamento, di arresto e di cattura, emessi contro
un militare, sono trasmessi per la esecuzione al comandante del corpo o
della nave, a cui appartiene l’imputato; e ne e’ consegnata copia
all’imputato stesso.

Il mandato di comparizione e’ notificato nei modi stabiliti
dall’articolo 298.

Se l’imputato non e’ un militare, la esecuzione dei mandati di
accompagnamento, d’arresto e di cattura e’ regolata dal codice di
procedura penale.

§ 3
Della custodia preventiva

Art. 319.

(Scarcerazione dell’imputato: sottoposizione a cauzione o malleveria;
inoppugnabilita’ dell’ordinanza relativa).

Se, durante l’istruzione e dopo l’interrogatorio, e’ ordinata dal
giudice o dal pubblico ministero la scarcerazione per mancanza di indizi
sufficienti, ma rimangono motivi di sospetto, l’imputato estraneo alle
forze armate dello Stato puo’ essere sottoposto a cauzione o malleveria
o ad altri obblighi, con le forme stabilite dal codice di procedura
penale.

Contro l’ordinanza, con la quale il giudice istruttore o il pubblico
ministero provvede sulla scarcerazione dell’imputato, non e’ ammessa
impugnazione.

Art. 320.

(Provvedimenti relativi alla durata della custodia preventiva).

Il regolamento giudiziario militare stabilisce i provvedimenti
diretti a evitare la durata eccessiva della custodia preventiva, e ad
accertare le responsabilita’ del ritardo nella definizione dei
procedimenti penali.

Art. 321.

(Mandato di cattura dopo il rinvio a giudizio).

Dopo ordinata la scarcerazione, il mandato di cattura deve essere
emesso, successivamente alla sentenza di rinvio o al decreto di
citazione a giudizio, dal presidente del tribunale che deve giudicare,
nei casi preveduti dall’articolo 314, qualora l’imputato si sia dato o
sia per darsi alla fuga.

§ 4
Della liberta’ provvisoria

Art. 322.

(Casi nei quali la liberta’ provvisoria e’ ammessa).

All’imputato, che si trova nello stato di custodia preventiva, puo’
essere conceduta la liberta’ provvisoria.

La liberta’ provvisoria non e’ ammessa nei casi preveduti
dall’articolo 313.((10))

———–

AGGIORNAMENTO (10)

La Corte Costituzionale con sentenza 6-13 marzo 1974, n. 68 (in G.U.
1a s.s. 20/3/1974, n. 75) ha dichiarato “l’ illegittimita’
costituzionale dell’art. 322, secondo comma, del codice penale militare
di pace, nella parte in cui non consente che sia concessa la liberta’
provvisoria nei casi, previsti dall’art. 313 dello stesso codice, in cui
sia obbligatorio il mandato di cattura.”

Art. 323.

(Momento in cui puo’ concedersi la liberta’ provvisoria: cauzione o
malleveria).

La liberta’ provvisoria puo’ essere conceduta in ogni stato
dell’istruzione e nel giudizio, escluso il giudizio davanti al tribunale
supremo militare.((11))

Non e’ ammessa impugnazione contro i provvedimenti del giudice
istruttore o del pubblico ministero, concernenti la liberta’
provvisoria.

Il militare, al quale e’ stata conceduta la liberta’ provvisoria, non
puo’ essere sottoposto a cauzione o malleveria.

———–

AGGIORNAMENTO (11)

La Corte Costituzionale con sentenza 28 maggio – 6 giugno 1974, n.
167 (in G.U. 1a s.s. 12/6/1974, n. 153) ha dichiarato “l’illegittimita’
costituzionale dell’inciso “escluso il giudizio dinanzi al tribunale
supremo militare”, contenuto nell’art. 323, primo comma, del codice
penale militare di pace”.

CAPO II
Della istruzione formale
Sezione I
Disposizioni generali

Art. 324.

(Casi in cui e’ obbligatoria l’istruzione formale).

Per i reati soggetti alla giurisdizione militare, per i quali la
legge stabilisce la pena di morte o quella dell’ergastolo, si procede
con istruzione fermale.

Per i reati soggetti alla giurisdizione militare, per i quali la
legge stabilisce una pena diversa da quella indicata nel comma
precedente, il procuratore militare del Re Imperatore puo’ richiedere
l’istruzione formale a’ sensi del secondo comma dell’articolo 350.((9))

In ogni caso si osserva l’istruzione formale per i procedimenti nei
quali occorra tutelare il segreto politico o militare.

————

AGGIORNAMENTO (9)

La Corte Costituzionale con sentenza 21-26 aprile 1971, n. 83 (in
G.U. 1a s.s. 28/4/1971, n. 106) ha dichiarato l’illegittimita’
costituzionale ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87,
del secondo comma del presente articolo.

Art. 325.

(Attivita’ e delegazioni del giudice istruttore militare).

L’istruzione formale e’ compiuta dal giudice istruttore militare, a
richiesta del pubblico ministero.

Per gli atti da eseguirsi fuori del comune in cui risiede, il giudice
istruttore, quando non ritiene di dovere, per ragioni di urgenza o per
altro motivo, procedere personalmente, richiede il giudice istruttore
militare del luogo, o, in mancanza, l’Autorita’ giudiziaria ordinaria,
secondo le norme stabilite dall’articolo 296 del codice di procedura
penale.

Se il militare da sentirsi quale testimone e’ in navigazione, e non
vi e’ probabilita’ di pronto ritorno, il giudice istruttore richiede per
l’esame il comandante della nave o dell’aeromobile, che delega un
ufficiale per ricevere con giuramento la deposizione.

Se la nave si trova in un porto estero, puo’ essere richiesto anche
il Regio console.

Art. 326.

(Vigilanza del procuratore militare del Re Imperatore sulla
istruzione).

Il procuratore militare del Re Imperatore deve vigilare e,
occorrendo, richiedere tutto cio’ che ritiene opportuno, perche’ la
istruzione sia speditamente compiuta, riferendo anche, ove sia
necessario, al procuratore generale militare del Re Imperatore.

Sezione II
Disposizioni speciali
§ 1
Delle ispezioni, delle perquisizioni e degli esperimenti giudiziali

Art. 327.

(Ispezioni e perquisizioni in luoghi dipendenti dall’Autorita’
militare da parte del giudice istruttore militare).

Quando si deve procedere a ispezione o perquisizione in caserme,
navi, stabilimenti o altri luoghi dipendenti dalla Autorita’ militare,
il giudice istruttore, osservate le disposizioni dei regolamenti per
l’accesso in luoghi militari, procede alla ispezione o perquisizione,
presente il comandante del luogo o un ufficiale da esso delegato; ovvero
una superiore Autorita’ militare, quando il magistrato procedente lo
ritenga necessario per particolari ragioni di giustizia.

Art. 328.

(Esperimenti giudiziali).

Ferma la disposizione dell’ultimo comma dell’articolo 312 del codice
di procedura penale, nei procedimenti per reati soggetti alla
giurisdizione militare sono vietati gli esperimenti giudiziali che
possono turbare il servizio, la disciplina o l’ordine dei luoghi
militari.

§ 2
Dei periti e dei consulenti tecnici

Art. 329.

(Nomina del perito).

Quando e’ necessario procedere a perizia, il giudice nomina il
perito, scegliendolo preferibilmente fra gli ufficiali delle forze
armate dello Stato.

Art. 330.

((ARTICOLO ABROGATO DAL D.LGS. DEL CAPO PROVVISORIO DELLO
STATO 20 AGOSTO 1947, N. 1103))

Art. 331.

(Incapacita’ o incompatibilita’ del perito).

((Oltre i casi di incompatibilita’ o incapacita’ del
perito e del consulente tecnico, stabiliti dal Codice di procedura
penale, non puo’ prestare ufficio di perito o consulente tecnico
l’ufficiale che ha compilato il rapporto o la denuncia, o che ha
proceduto ad atti preliminari all’istruzione))
.

Art. 332.

(Termine per la presentazione della relazione del perito).

Quando per la natura o per la difficolta’ delle indagini il parere
del perito non puo’ essere dato immediatamente, il giudice stabilisce,
per la presentazione in iscritto della relazione, un termine che non
puo’ superare la durata di due mesi. Questo termine puo’ essere
prorogato una sola volta dallo stesso giudice, sentito il procuratore
militare del Re Imperatore. Se il perito non presenta la relazione nel
termine prefissogli, il giudice lo sostituisce, ed applica le
disposizioni dell’articolo 321 del codice di procedura penale. Degli
atti suindicati il giudice fa compilare processo verbale.

§ 3
Degli interpreti

Art. 333.

(Nomina dell’interprete).

Quando e’ necessario ricorrere all’opera di un interprete, il giudice
lo nomina, scegliendolo preferibilmente fra gli ufficiali delle forze
armate dello Stato.

Art. 334.

(Incapacita’ o incompatibilita’ dell’interprete).

Oltre i casi d’incapacita’ o d’incompatibilita’ dell’interprete,
stabiliti dal codice di procedura penale, non puo’ prestare l’ufficio
d’interprete l’ufficiale che ha compilato il rapporto o la denuncia, o
che ha proceduto ad atti preliminari alla istruzione.

§ 4
Del sequestro per il procedimento penale

Art. 335.

(Sequestro in luoghi dipendenti dall’Autorita’ militare).

Quando si debba procedere al sequestro di cose pertinenti al reato in
luoghi dipendenti dalla Autorita’ militare, si osservano, per l’accesso
nei luoghi militari, le disposizioni dei regolamenti.

Al sequestro si procede alla presenza dell’Autorita’ militare da cui
il luogo dipende o di persona da essa delegata; ovvero di una superiore
Autorita’ militare, quando il magistrato procedente lo ritenga
necessario per particolari ragioni di giustizia.

Art. 336.

(Atti o cose costituenti segreto militare o di ufficio).

Quando il militare, che ha in deposito, o che custodisce o detiene
atti, documenti o cose di carattere militare, non aderisce alla
richiesta di esibirli, fattagli dal giudice istruttore, dichiarando che
trattasi di segreto militare o di segreto d’ufficio, il giudice, ove non
ritenga fondata tale dichiarazione, rimette gli atti al procuratore
generale militare del Re Imperatore, il quale provvede a norma
dell’articolo 339, se la dichiarazione concerne un segreto militare, e
puo’ disporre che il giudice istruttore proceda al sequestro, se la
dichiarazione concerne un segreto d’ufficio.

Art. 337.

(Nomina del custode delle cose sequestrate).

Nei procedimenti per reati soggetti alla giurisdizione militare, nel
caso indicato nel secondo comma dell’articolo 344 del codice di
procedura penale, se il giudice sceglie un custode militare, questi e’
nominato senza obbligo di cauzione.

§ 5
Dei testimoni

Art. 338.

(Segreto professionale).

Il diritto di astenersi dal testimoniare, determinato dal segreto
professionale a norma dell’articolo 351 del codice di procedura penale,
spetta anche al militare incaricato della difesa di un imputato davanti
ai tribunali militari.

Art. 339.

(Segreto d’ufficio).

Nei casi preveduti dall’articolo 352 del codice di procedura penale,
quando il giudice istruttore ritiene non fondata la dichiarazione del
militare, rimette gli atti al procuratore generale militare del Re
Imperatore, che ne informa il Ministro da cui il militare dipende. In
tal caso, non si procede, per il delitto preveduto dall’articolo 372 del
codice penale, senza l’autorizzazione del Ministro medesimo.

Sezione III
Della chiusura della istruzione
formale

Art. 340.

(Rapporti fra il giudice istruttore e il pubblico ministero).

Compiuta l’istruzione, il giudice istruttore comunica gli atti al
procuratore militare del Re Imperatore.

Il procuratore militare del Re Imperatore presenta le sue
requisitorie al giudice istruttore.

Le requisitorie non sono notificate.

Art. 341.

(Dissenso fra il giudice istruttore e il pubblico ministero sulla
competenza del tribunale militare).

Il giudice istruttore, se ritiene che la cognizione del fatto
appartiene al tribunale militare, e il pubblico ministero ha chiesto
invece la trasmissione degli atti ad altra Autorita’, provvede con
ordinanza alla trasmissione degli atti al pubblico ministero, il quale
ha l’obbligo di presentare senz’altro le sue requisitorie definitive in
merito; salva la facolta’ di proporre la questione di competenza nel
dibattimento.

Art. 342.

(Sentenza d’incompetenza).

Quando il giudice istruttore ritiene che la cognizione del fatto
appartiene ad altro tribunale militare, ovvero all’Autorita’ giudiziaria
ordinaria, o ad altro giudice speciale, pronuncia sentenza, con cui
ordina l’invio degli atti all’Autorita’ competente.

Se il giudice istruttore riconosce che il fatto costituisce un reato
di competenza di un tribunale di bordo, ordina l’invio degli atti al
comandante a cui spetta di convocare il tribunale.

Art. 343.

(Sentenza di rinvio a giudizio. Provvedimenti relativi alla liberta’
personale dell’imputato).

Il giudice istruttore, se riconosce che il fatto costituisce un reato
di competenza del tribunale al quale egli e’ addetto, e che vi sono
sufficienti prove a carico dell’imputato per rinviarlo a giudizio,
ordina, con sentenza, il rinvio dell’imputato davanti al tribunale
medesimo, salvo che ritenga di concedere il perdono giudiziale, o di
astenersi dal rinviare a giudizio in applicazione dell’articolo 210.

Con la stessa sentenza, il giudice istruttore, se non ha disposto
anteriormente, puo’ dare i provvedimenti menzionati nell’articolo 301
del codice di procedura penale, ovvero puo’ modificarli o revocarli.

Se l’imputato non e’ detenuto per il reato per cui si procede, si
applicano le disposizioni dell’articolo 375 del codice di procedura
penale.

Art. 344.

(Sentenza di proscioglimento).

Nel caso di proscioglimento, e’ ordinata la cessazione delle pene
accessorie e delle misure di sicurezza gia’ provvisoriamente applicate e
che devono essere revocate in conseguenza del proscioglimento, e sono
applicate le misure di sicurezza a norma della legge penale comune e di
questo codice.

Art. 345.

(Sentenza di astensione dal rinvio a giudizio per il reato militare
di duello).

Nel caso preveduto dall’articolo 210, il giudice pronuncia sentenza,
con la quale dichiara non doversi procedere, enunciandone la causa nel
dispositivo.

Art. 346.

(Requisiti formali della sentenza del giudice istruttore).

La sentenza del giudice istruttore, pronunciata in confronto di un
militare, contiene, in aggiunta ai requisiti formali stabiliti dal
codice di procedura penale, le indicazioni del grado che il militare
riveste e del corpo o della nave a cui appartiene.

Art. 347.

((ARTICOLO ABROGATO DAL D.LGS. DEL CAPO PROVVISORIO DELLO
STATO 20 AGOSTO 1947, N. 1103))

Art. 348.

(Impugnazione della sentenza istruttoria).

Contro la sentenza del giudice istruttore, che dichiara non doversi
procedere, ovvero dichiara la competenza di un tribunale militare di
bordo, il procuratore militare del Re Imperatore puo’ proporre ricorso
al tribunale supremo militare.

Puo’ ricorrere al tribunale supremo militare l’imputato, per il quale
la sentenza del giudice istruttore dichiara non doversi procedere per
insufficienza di prove, o per concessione del perdono giudiziale, o in
applicazione dell’articolo 210, ovvero dichiara la competenza di un
tribunale militare di bordo.

Se trattasi di sentenza di proscioglimento, il ricorso e’ ammesso per
i motivi indicati nell’articolo 387; e, se trattasi di sentenza che
dichiara la competenza di un tribunale militare di bordo, limitatamente
al motivo dell’incompetenza di questo tribunale.

Il ricorso e’ proposto, a pena di decadenza, nel termine di cinque
giorni, decorrenti, per il procuratore militare del Re Imperatore, dalla
comunicazione del deposito in cancelleria dell’originale della sentenza,
e, per l’imputato, dalla notificazione della sentenza stessa.

Art. 349.

(Assenza dell’imputato).

((Se l’imputato non si e’ potuto arrestare, o e’ evaso
prima della sentenza di rinvio a giudizio, questa e’ notificata nei modi
stabiliti dal Codice di procedura penale; e se l’imputato appartiene a
un corpo o a una nave, e’ posta all’ordine del giorno del corpo o della
nave, al quale effetto essa e’ trasmessa al comandante dell’uno o
dell’altra))
.

CAPO III
Della istruzione sommaria

Art. 350.

(Casi in cui si procede con istruzione sommaria).

Fuori dei casi preveduti dal primo comma dell’articolo 324, il
procuratore militare del Re Imperatore procede con istruzione sommaria,
quando si verificano le circostanze di fatto e le condizioni enunciate
nell’articolo 389 del codice di procedura penale.

In ogni altro caso, il procuratore militare del Re Imperatore puo’
richiedere l’istruzione formale o procedere con istruzione sommaria. ((9))

—————

AGGIORNAMENTO (9)

La Corte Costituzionale, con sentenza 21 – 26 aprile 1971, n. 83 (in
G.U. 1a s.s. 28/4/1971, n. 106), ha dichiarato l’illegittimita’
costituzionale del comma 2 del presente articolo.

Art. 351.

(Richiesta di proscioglimento e sentenza del giudice istruttore).

Il procuratore militare del Re Imperatore, se ritiene che non si
debba procedere, anche solo per taluno fra piu’ coimputati, o se ritiene
che la cognizione del fatto appartiene a un tribunale militare di bordo,
trasmette gli atti al giudice istruttore, con le opportune richieste.

Il giudice istruttore, se accoglie tali richieste, pronuncia
sentenza, con cui dichiara non doversi procedere, ovvero ordina la
trasmissione degli atti all’Autorita’ competente; altrimenti dispone che
l’istruzione sia proseguita in via formale contro tutti gli imputati.

Per la sentenza del giudice istruttore, si applicano, secondo i casi,
le disposizioni degli articoli 344 a 349.

Art. 352.

(Requisiti formali della richiesta di citazione a giudizio).

La richiesta del procuratore militare del Re Imperatore per la
citazione di un militare a giudizio contiene, in aggiunta ai requisiti
formali stabiliti dal codice di procedura penale, le indicazioni del
grado che il militare riveste e del corpo o della nave a cui appartiene.

CAPO IV
Della riapertura dell’istruzione

Art. 353.

(Riapertura dell’istruzione e procedimento relativo).

La riapertura della istruzione e’ ammessa nei casi stabiliti dal
codice di procedura penale, ed e’ regolata dalle disposizioni del codice
stesso.

TITOLO QUINTO
DEL GIUDIZIO
CAPO I
Degli
atti preliminari al giudizio
Sezione I
Degli atti preliminari al
giudizio nei procedimenti con istruzione formale

Art. 354.

((ARTICOLO ABROGATO DAL D.LGS. DEL CAPO PROVVISORIO DELLO
STATO 20 AGOSTO 1947, N. 1103))

Art. 355.

((ARTICOLO ABROGATO DAL D.LGS. DEL CAPO PROVVISORIO DELLO
STATO 20 AGOSTO 1947, N. 1103))

Art. 356.

((ARTICOLO ABROGATO DAL D.LGS. DEL CAPO PROVVISORIO DELLO
STATO 20 AGOSTO 1947, N. 1103))

Art. 357.

((ARTICOLO ABROGATO DAL D.LGS. DEL CAPO PROVVISORIO DELLO
STATO 20 AGOSTO 1947, N. 1103))

Art. 358.

(Fissazione del dibattimento e notificazione dell’avviso relativo).

11 presidente fissa il giorno e l’ora del dibattimento.

L’avviso del giorno e dell’ora fissati per il dibattimento e’
notificato all’imputato e al difensore. Se l’imputato non e’ detenuto,
la notificazione gli e’ fatta nei modi stabiliti, per la citazione dei
testimoni, dagli articoli 298 e 299.

11 termine per comparire non puo’ essere minore di cinque giorni,
osservate le disposizioni dell’articolo 183 del codice di procedura
penale.

SEZIONE II
Degli atti preliminari al giudizio
nei procedimenti con istruzione sommaria

Art. 359.

((ARTICOLO ABROGATO DAL D.LGS. DEL CAPO PROVVISORIO DELLO
STATO 20 AGOSTO 1947, N. 1103))

Art. 360.

(Requisiti del decreto di citazione. Nullita’. Notificazione).

Il decreto di citazione a giudizio contiene:

1° le generalita’ dell’imputato, con le indicazioni prescritte
dall’articolo 352 e le altre atte a identificarlo;

2° la indicazione del luogo, del giorno e dell’ora della
comparizione, e l’avvertimento all’imputato che, non comparendo, sara’
giudicato in contumacia;

3° la data e la sottoscrizione del presidente e del cancelliere.

Per il termine a comparire si applica la disposizione dell’ultimo
comma dell’articolo 358.

Il decreto di citazione e’ nullo, se non e’ stato preceduto dalla
notificazione della richiesta del pubblico ministero, e nei casi
indicati nell’articolo 412 del codice di procedura penale.

Il decreto di citazione e’ notificato nei modi stabiliti
dall’articolo 298.

Sezione III
Disposizioni comuni ai
procedimenti con istruzione formale e ai procedimenti con istruzione
sommaria

Art. 361.

(Liste testimoniali e riduzione di esse; richiamo di documenti,
citazione di periti ed altri atti preliminari. Sanatoria di nullita’).

Nei procedimenti davanti ai tribunali militari, con istruzione
formale o sommaria, si osservano, in quanto sono applicabili, le
disposizioni dei due ultimi commi dell’articolo 406 e quelle degli
articoli 410, 413, 414, 415, 416, 417, 418, 419, 421 e 422 del codice di
procedura penale.

Il presidente deve ridurre le liste testimoniali sovrabbondanti, e
deve eliminare le testimonianze inammissibili per legge o non pertinenti
direttamente all’oggetto del giudizio.

Art. 362.

(Esame di testimoni prossimi a partire in navigazione).

Quando sia necessario procedere all’esame di un testimonio prossimo a
partire in navigazione, il presidente, sull’istanza delle parti o anche
d’ufficio, puo’ disporre che la deposizione sia ricevuta anche prima
dell’apertura del dibattimento, delegando all’uopo il giudice istruttore
del tribunale militare o l’Autorita’ giudiziaria ordinaria.

La deposizione, in questo caso, e’ ricevuta con giuramento.

Art. 363.

(Notificazione all’imputato estraneo alle forze armate della Stato;
citazione di testimoni, periti, interpreti e consulenti tecnici).

Le notificazioni all’imputato estraneo alle forze armate dello Stato,
che non sia detenuto, sono eseguite nei modi stabiliti dal codice di
procedura penale, salvo che questo codice disponga altrimenti.

Per la citazione di testimoni, periti, interpreti o consulenti
tecnici, per il giudizio, si osservano le disposizioni degli articoli
298 e 299.

CAPO II
Del dibattimento e della sentenza

Art. 364.

(Applicazione delle norme del codice di procedura penale).

Nei procedimenti davanti ai tribunali militari, per le udienze, per
gli atti del dibattimento e per la sentenza, si osservano le
disposizioni del codice di procedura penale relative al giudizio davanti
ai tribunali, con le modificazioni e aggiunte stabilite dalle sezioni
seguenti.

Si applica altresi’ la disposizione del penultimo comma dell’articolo
356 di questo codice.

 

Sezione I
Del dibattimento

Art. 365.

(Comparizione dell’imputato).

Alla udienza dei tribunali militari, l’imputato deve comparire
personalmente. ((37))

In nessun caso l’imputato puo’ chiedere o consentire che il
dibattimento avvenga in sua assenza. ((37))

Se l’imputato si assenta nel corso del dibattimento, si applicano le
disposizioni degli articoli 427, 428 e 429 del codice di procedura
penale.

—————

AGGIORNAMENTO (37)

La Corte Costituzionale, con sentenza 6 – 15 luglio 1994, n. 301 (in
G.U. 1a s.s. 20/7/1994, n. 30), ha dichiarato l’illegittimita’
costituzionale dei commi 1 e 2 del presente articolo.

Art. 366.

(Rinvio del dibattimento a tempo indeterminato).

Nel caso di rinvio del dibattimento a tempo indeterminato, il nuovo
dibattimento e’ richiesto e stabilito e la citazione e’ eseguita secondo
le disposizioni del capo primo di questo titolo.

In conseguenza del provvedimento che rinvia il dibattimento, il
giudice puo’ valersi di tutte le facolta’ e il pubblico ministero e le
parti private possono esercitare tutti i diritti a essi spettanti nel
corso degli atti preliminari al giudizio, eccettuati quei diritti per i
quali siasi gia’ verificata la decadenza. Gli atti preveduti dagli
articoli 415, 416 e 417 del codice di procedura penale e la
dichiarazione preveduta dall’articolo 357 di questo codice rimangono
validi rispetto al nuovo dibattimento, se le parti non li rinnovano.

Art. 367.

(Reati commessi in udienza; giudizio immediato).

Quando e’ commesso un reato all’udienza di un tribunale militare, si
procede a norma dell’articolo 435 del codice di procedura penale.

Si osservano le disposizioni dell’articolo 436 del codice di
procedura penale, oltre che nei casi indicati nell’articolo stesso,
anche quando:

1° il reato e’ punibile con la pena della reclusione militare
superiore nel minimo a cinque anni o nel massimo a dieci anni, o con una
pena militare piu’ grave;

2° il reato e’ commesso all’udienza del tribunale supremo militare.

Art. 368.

(Decisione sulle eccezioni di nullita’ verificatesi nella
istruzione).

Le eccezioni di nullita’ proposte nel termine stabilito dall’articolo
357 sono trattate e decise nel dibattimento, subito dopo compiute per la
prima volta le formalita’ per la sua apertura, salvo che il tribunale
ritenga opportuno differire la discussione o rinviare la decisione alla
chiusura del dibattimento, insieme con la sentenza di merito.

Art. 369.

(Letture permesse di deposizioni testimoniali).

Oltre le deposizioni testimoniali indicate nell’articolo 462 del
codice di procedura penale, possono essere lette al dibattimento anche
le deposizioni ricevute a norma dell’articolo 362 di questo codice.

Sezione II
Della sentenza

Art. 370.

(Deliberazione della sentenza).

Nel deliberare la sentenza, il giudice relatore riferisce
distintamente sulle questioni indicate nel primo comma dell’articolo 473
del codice di procedura penale.

Il presidente raccoglie i voti, cominciando dal giudice relatore e
proseguendo dal giudice meno elevato in grado, o, a parita’ di grado,
dal giudice meno anziano.

Il dispositivo della sentenza e’ firmato dal presidente e dal giudice
relatore, e, dopo la lettura, e’ unito agli atti.

Art. 371.

(Requisiti formali della sentenza).

Oltre i requisiti formali richiesti dall’articolo 474 del codice di
procedura penale, la sentenza contiene:

1° il nome, il cognome e il grado dei giudici che l’hanno deliberata,
e l’indicazione dell’arma o corpo a cui appartengono;

2° la indicazione del grado dell’imputato militare e del corpo o
della nave a cui appartiene.

Art. 372.

(Decisione di astenersi dal pronunciare condanna).

Il giudice, quando si astiene dal pronunciare condanna a norma
dell’articolo 210, dichiara, con sentenza, non doversi procedere,
enunciando la causa nel dispositivo.

Art. 373.

(Risarcimento del danno).

Con la sentenza di condanna, l’imputato e’ condannato alle
restituzioni e al risarcimento dei danni cagionati dal reato. ((22))

Il giudizio di liquidazione del danno e’ promosso davanti al giudice
civile competente. ((22))

Nel giudizio per il risarcimento e la liquidazione del danno,
promosso o proseguito dopo che la sentenza di condanna penale e’
divenuta irrevocabile questa ha autorita’ di cosa giudicata quanto alla
sussistenza del fatto e al titolo del risarcimento. Tuttavia, il giudice
civile puo’ conoscere anche degli effetti dannosi posteriori alla
sentenza.

Rimane impregiudicata la questione, se, a norma delle leggi civili,
la persona civilmente responsabile debba rispondere per l’imputato del
danno cagionato dal reato.

—————

AGGIORNAMENTO (22)

La Corte Costituzionale, con sentenza 22 febbraio – 3 marzo 1989, n.
78 (in G.U. 1a s.s. 8/3/1989, n. 10), ha dichiarato l’illegittimita’
costituzionale del comma 1 del presente articolo e, in applicazione
dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l’illegittimita’
costituzionale del comma 2 del presente articolo “nella parte in cui non
prevede che, dinanzi al giudice civile competente, venga proposta la
domanda relativa alle restituzioni ed al risarcimento del danno”.

Sezione III
Del processo verbale di
dibattimento

Art. 374.

(Contenuto del processo verbale di dibattimento e norme per la sua
compilazione).

Il processo verbale del dibattimento e’ compilato secondo le norme
stabilite dal codice di procedura penale, e, oltre le enunciazioni da
questo prescritte, deve con tenere la menzione:

1° del grado dei giudici effettivi o supplenti che hanno deliberato
la sentenza, e dell’arma o corpo a cui appartengono;

2° del grado dell’imputato e del corpo o della nave a cui appartiene;

3° della lettura del dispositivo della sentenza e della osservanza
delle relative formalita’.

Le dichiarazioni dell’imputato e le deposizioni dei testimoni sono
riassunte nel processo verbale secondo le disposizioni date dal
presidente, o in quanto sia richiesto da una delle parti.

CAPO III
Dei giudizi speciali

Art. 375.

(Del giudizio in contumacia, del giudizio direttissimo e del giudizio
per decreto).

Per i procedimenti davanti ai tribunali militari, il giudizio
direttissimo, il giudizio per decreto e il giudizio in contumacia sono
ammessi nei casi indicati negli articoli seguenti e secondo le norme da
essi stabilite.

Sezione I
Del giudizio in contumacia

Art. 376.

(Applicazione delle norme del codice di procedura penale).

Per il giudizio in contumacia davanti ai tribunali militari, si
osservano le disposizioni del codice di procedura penale, relative al
giudizio contumaciale davanti ai tribunali, salve le disposizioni
dell’articolo 349 di questo codice e quelle degli articoli seguenti.

Art. 377.

(Reati per i quali non si procede al giudizio in contumacia).

Non si procede al giudizio in contumacia per i reati di diserzione e
di mancanza alla chiamata, salvo che vi sia concorso di altro delitto, o
che ne sia cessata la permanenza, o che sia diversamente ordinato dal
procuratore generale militare del Re Imperatore.

((27))

—————

AGGIORNAMENTO (27)

La Corte Costituzionale, con sentenza 9 – 22 ottobre 1990, n. 469 (in
G.U. 1a s.s. 31/10/1990, n. 43), ha dichiarato l’illegittimita’
costituzionale del presente articolo.

Art. 378.

(Notificazione delle sentenze contumaciali. Ricorso).

Quando si e’ proceduto in contumacia, la sentenza e’ notificata
all’imputato nei modi stabiliti per la notificazione delle sentenze di
rinvio a giudizio, ed e’ soggetta alle impugnazioni stabilite per le
sentenze pronunciate in contraddittorio.

Il ricorso per annullamento al tribunale supremo militare puo’
proporsi anche per il motivo dell’illegale dichiarazione della
contumacia.

Sezione II
Del giudizio direttissimo

Art. 379.

(Casi e procedura del giudizio direttissimo).

Quando una persona e’ stata arrestata nella flagranza di un reato di
competenza dei tribunali militari, il procuratore militare del Re
Imperatore, a disposizione del quale l’arrestato e’ stato posto a’
termini dell’articolo 308, dopo averlo sommariamente interrogato, se
ritiene di dover procedere e se non sono necessarie speciali indagini,
puo’ farlo subito condurre in stato d’arresto davanti al tribunale
militare, se questo siede in udienza; altrimenti, dopo aver disposto
perche’ l’arresto sia mantenuto, puo’ farlo presentare a una udienza
prossima, non oltre il decimo giorno dall’arresto. Se non e’ possibile
provvedere in tal modo, il procuratore militare del Re Imperatore
procede con le forme ordinarie, osservata la disposizione dell’articolo
312.

Art. 380.

(Atti del giudizio direttissimo).

Nel giudizio direttissimo, se l’imputata non sceglie subito un
difensore, questi e’ nominato dal pubblico ministero nel primo atto del
procedimento, e, se cio’ non e’ avvenuto, dal presidente prima
dell’apertura del dibattimento. I testimoni possono, a cura del pubblico
ministero, essere citati anche oralmente dai messi giudiziari militari o
da un ufficiale giudiziario o da un agente di polizia giudiziaria.

Il pubblico ministero e l’imputato possono presentare nel
dibattimento testimoni senza citazione.

Se l’imputato ne fa domanda, il giudice, quando lo ritiene
necessario, puo’ accordargli un termine massimo improrogabile di cinque
giorni per preparare la difesa. In questo caso, il dibattimento, con
ordinanza del presidente, da notificarsi all’imputato, e’ fissato per la
udienza immediatamente successiva alla scadenza del termine. Nel
frattempo, l’imputato rimane in stato di arresto.

Art. 381.

(Sostituzione del procedimento ordinario al giudizio direttissimo).

Chiuso il dibattimento, il tribunale puo’ disporre che si proceda con
istruzione formale.

Se il giudizio direttissimo risulta promosso fuori delle circostanze
prevedute dall’articolo 379, il giudice, anche all’inizio del
dibattimento, ordina che gli atti siano trasmessi al pubblico ministero,
perche’ proceda con le forme ordinarie.

In entrambi i casi preveduti dai commi precedenti, il tribunale
ordina la liberazione dell’arrestato, se la legge non consente il
mandato di cattura.

I provvedimenti indicati nei commi precedenti sono dati con
ordinanza.

Sezione III
Del giudizio per decreto

Art. 382.

(Casi del giudizio per decreto).

Nei procedimenti per reati militari, per i quali la legge stabilisce
la pena della reclusione militare non superiore nel massimo a un anno,
il pubblico ministero, se in seguito all’esame degli atti e alle
investigazioni che reputa necessarie, ritiene che all’imputato possa
essere inflitta detta pena in misura non superiore a sei mesi, puo’
chiedere al presidente del tribunale militare che pronunci la condanna
con decreto, senza procedere al dibattimento.

La disposizione del comma precedente si applica anche:

1° nei procedimenti per i delitti indicati nei numeri 1° e 7°
dell’articolo 264, per i quali la legge stabilisce una pena pecuniaria,
sempreche’ il pubblico ministero ritenga che all’imputato possa essere
inflitta detta pena in misura non superiore a lire cinquecento;

2° nei procedimenti per i reati indicati nel numero 3° dell’articolo
264, per i quali la legge stabilisce una pena detentiva non superiore
nel massimo a due anni, ovvero una pena pecuniaria, sempreche’ il
pubblico ministero ritenga che all’imputato possa essere inflitta una
pena detentiva in misura non superiore a un anno, ovvero una pena
pecuniaria in misura non superiore a lire cinquecento;

3° in ogni altro caso espressamente preveduto dalla legge.

Il procedimento per decreto non e’ ammesso nei casi indicati nel
terzo comma dell’articolo 506 del codice di procedura penale.

Art. 383.

(Poteri del presidente o del giudice relatore delegato).

Nei casi preveduti dai due primi commi dell’articolo precedente, il
presidente, o il giudice relatore da lui delegato, se accoglie la
richiesta del pubblico ministero, pronuncia la condanna con decreto,
senza procedere al dibattimento. Con il decreto di condanna, il
presidente, o il giudice relatore da lui delegato, applica la pena in
misura non eccedente il limite stabilito dalla legge per la richiesta
del pubblico ministero, pone a carico del condannato le spese del
procedimento, e ordina, occorrendo, la confisca o la restituzione delle
cose sequestrate.

Puo’ anche disporre, quando la legge lo consente, la sospensione
condizionale della pena e la non menzione della condanna nel certificato
penale rilasciato a istanza privata.

Se il presidente, o il giudice relatore delegato, non accoglie la
richiesta, restituisce gli atti al pubblico ministero, perche’ l’azione
penale sia proseguita nei modi ordinari.

Art. 384.

(Requisiti formali del decreto penale. Opposizione).

Il decreto di condanna contiene;

1° il nome, il cognome e il grado del presidente, o del giudice
relatore, che lo emette;

2° le generalita’ dell’imputato, e, se questi e’ militare,
l’indicazione del grado che riveste e del corpo o della nave a cui
appartiene;

3° l’enunciazione del fatto, del titolo del reato e delle circostanze
che formano oggetto dell’imputazione;

4° l’indicazione sommaria delle richieste del pubblico ministero;

5° la concisa esposizione dei motivi di fatto e di diritto su cui e’
fondata la decisione;

6° il dispositivo, con l’indicazione degli articoli di legge
applicati;

7° la data e la sottoscrizione del presidente, o del giudice
relatore, e del cancelliere.

Copia del decreto, insieme, quando e’ il caso, con il precetto
menzionato nell’articolo 586 del codice di procedura penale, e’
notificata all’imputato, nei modi stabiliti dall’articolo 347 di questo
codice, con avvertimento che ha facolta’ di proporre opposizione nel
termine di dieci giorni dalla notificazione, se trattasi di condanna a
pena pecuniaria, e di trenta giorni, se trattasi di condanna a pena
detentiva.

Trascorso questo termine, senza che sia stata proposta opposizione,
il decreto diventa senz’altro esecutivo.

Art. 385.

(Procedimento relativo all’opposizione).

L’opposizione e’ proposta dall’interessato, personalmente o per mezzo
di procuratore speciale, mediante dichiarazione ricevuta nella
cancelleria del tribunale presso cui e’ in corso il procedimento, ovvero
nella cancelleria di altro tribunale militare o nella cancelleria di una
pretura, che ne cura l’immediata comunicazione al tribunale competente.

Nella dichiarazione di opposizione deve essere chiesto il
dibattimento e devono essere indicati specificamente, a pena
d’inammissibilita’, i motivi dell’opposizione. Si osservano nel resto,
in quanto sono applicabili, le disposizioni degli articoli 197 e 198 del
codice di procedura penale.

Se l’opposizione e’ stata fatta fuori termine, o e’ stata proposta da
chi non ne aveva il diritto, o e’ priva delle indicazioni prescritte, o
se queste non sono specifiche, il presidente o il giudice, che ha emesso
il decreto, dichiara, con ordinanza, inammissibile l’opposizione, e pone
a carico del condannato le spese ulteriori. Contro questa ordinanza,
l’opponente puo’ ricorrere, nel termine di tre giorni dalla
notificazione di essa, al tribunale supremo militare, per i motivi
indicati nell’articolo 387.

Fuori dei casi preveduti dal comma precedente, il presidente emette
il decreto di citazione per il dibattimento.

Per la notificazione dell’ordinanza preveduta dal terzo comma e del
decreto di citazione, per la nomina del difensore e per gli altri atti
preliminari al dibattimento, si osservano le disposizioni dell’articolo
354.

Si osservano altresi’ le disposizioni degli articoli 508 e 510 del
codice di procedura penale, sostituito al pretore il tribunale militare.

Art. 386.

(Denuncia del decreto penale al tribunale supremo militare, per
annullamento).

Il procuratore generale militare del Re Imperatore, quando abbia
notizia che e’ stata pronunciata condanna per decreto fuori dei casi
stabiliti dalla legge, puo’, prima che sia intervenuta una causa
estintiva del reato, denunciare il decreto stesso per annullamento al
tribunale supremo militare. Questo provvede in camera di consiglio, e,
se pronuncia la revoca del decreto, ordina la trasmissione degli atti al
procuratore militare del Re Imperatore competente, per la prosecuzione
del procedimento nei modi ordinari.

CAPO IV
Del ricorso per annullamento
Sezione I
Dei casi nei quali si puo’ ricorrere

Art. 387.

(Motivi di ricorso contro le sentenze dei tribunali militari).

Salvo che la legge disponga altrimenti, il ricorso per annullamento
al tribunale supremo militare puo’ proporsi dal pubblico ministero e
dall’imputato per i motivi seguenti:

1° inosservanza o erronea applicazione dello legge penale o di altre
norme giuridiche, di cui si deve tener conto nell’applicazione della
legge penale;

2° esercizio da parte del giudice di una potesta’ riservata dalla
legge a organi legislativi o amministrativi, ovvero non consentita ai
pubblici poteri;

3° inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullita’,
di inammissibilita’ o di decadenza.

Il ricorso, oltre che nei casi e con gli effetti determinati da
particolari disposizioni, puo’ essere proposto contro le sentenze
pronunciate nel giudizio.

Il ricorso e’ inammissibile, se e’ proposto per motivi non consentiti
dalla legge o manifestamente infondati.

Art. 388.

(Ricorso dell’imputato).

Oltre che nei casi preveduti dall’articolo 526 del codice di
procedura penale, l’imputato puo’ ricorrere anche contro la sentenza con
cui il giudice dichiara di astenersi dal pronunciare condanna a’ termini
dell’articolo 210 di questo codice.

Art. 389.

(Termine per la presentazione del ricorso).

Il procuratore militare del Re Imperatore e l’imputato possono
proporre ricorso per annullamento al tribunale supremo militare, a pena
di decadenza, nei tre giorni successivi a quello della pronuncia della
sentenza.

Quando si e’ proceduto in contumacia, il termine e’, per l’imputato,
di dieci giorni, a decorrere da quello della notificazione della
sentenza.

Sezione II
Del ricorso, del procedimento
relativo e della sentenza

Art. 390.

((ARTICOLO ABROGATO DAL D.LGS. DEL CAPO PROVVISORIO DELLO
STATO 20 AGOSTO 1947, N. 1103))

Art. 391.

(Notificazione del ricorso del pubblico ministero all’imputato).

Il ricorso proposto dal procuratore militare del Re Imperatore e’
notificato, a pena di decadenza, all’imputato detenuto, entro tre giorni
dalla dichiarazione, per mezzo del cancelliere.

All’atto della consegna della copia, il cancelliere invita il
detenuto a scegliere il difensore per il procedimento davanti al
tribunale supremo militare con avvertimento che, se non lo sceglie, gli
sara’ nominato dal presidente dello stesso tribunale.

Di tutto deve compilarsi processo verbale.

((Se l’imputato non e’ detenuto il cancelliere deve
disporre, a pena di decadenza, la notificazione di copia della
dichiarazione di ricorso entro tre giorni dalla sua data))
.

Art. 392.

(Presentazione e sottoscrizione dei motivi di ricorso).

I motivi del ricorso possono enunciarsi nello stesso atto della
dichiarazione; altrimenti devono presentarsi per iscritto, con atto
sottoscritto da chi ha proposto l’impugnazione o dal difensore del
ricorrente nel giudizio davanti al tribunale militare, nel termine di
giorni dieci dall’avvenuta notificazione del deposito della sentenza
impugnata nella cancelleria. Il cancelliere appone all’atto la data del
ricevimento, con la sua sottoscrizione, e lo trasmette immediatamente,
con tutti gli atti della causa, al procuratore generale militare del Re
Imperatore.

Se i motivi sono stati presentati in termine, possono esserne
aggiunti altri, entro cinque giorni dalla notificazione dell’avviso
indicato nell’articolo 393, dal procuratore generale militare del Re
Imperatore o dal difensore, nominato, per il giudizio davanti al
tribunale supremo militare, fra gli avvocati iscritti nell’albo speciale
della corte di cassazione.

Si applicano le disposizioni del secondo e del terzo comma
dell’articolo 201 del codice di procedura penale.

I termini indicati in questo articolo sono stabiliti a pena di
decadenza.

Art. 393.

(Avviso al difensore).

Il cancelliere del tribunale supremo militare avvisa il difensore
che, durante il termine di cinque giorni dalla notificazione
dell’avviso, puo’ esaminare nella cancelleria gli atti e i documenti,
estrarne copia e presentare nuovi documenti. Di questo avviso il
cancelliere da’ immediata comunicazione al procuratore generale militare
del Re Imperatore, per gli effetti indicati nel secondo comma
dell’articolo precedente.

Art. 394.

(Fissazione dell’udienza e conseguenti provvedimenti).

Decorso il termine stabilito dall’articolo precedente, il presidente
del tribunale supremo militare fissa l’udienza e designa il relatore.

Il cancelliere comunica immediatamente gli atti al procuratore
generale militare del Re Imperatore, e notifica al difensore l’avviso
del giorno e dell’ora stabiliti per la udienza.

Non piu’ tardi del quinto giorno precedente a quello della udienza,
il difensore puo’ presentare memorie a svolgimento dei motivi di ricorso
gia’ presentati.

Art. 395.

(Deliberazione e sentenza).

Per la deliberazione della sentenza del tribunale supremo militare,
si osservano le disposizioni dell’articolo 370, sostituito il
consigliere relatore al giudice relatore.

La sentenza e’ sottoscritta dal presidente, dal relatore e dal
cancelliere. Il dispositivo e’ letto dal presidente, o da un giudice
militare da esso delegato, in pubblica udienza, con l’assistenza dei
giudici che in quella udienza compongono il tribunale, del
rappresentante del pubblico ministero e del cancelliere.

Art. 396.

(Annullamento senza rinvio).

Ferme le altre disposizioni dell’articolo 539 del codice di procedura
penale, il tribunale supremo militare pronuncia l’annullamento senza
rinvio anche se il reato non e’ di competenza del giudice militare. In
questo caso, ordina che gli atti siano trasmessi alla Autorita’
competente.

Art. 397.

(Annullamento con rinvio).

Ferme in ogni altra parte, in quanto applicabili, le disposizioni
dell’articolo 543 del codice di procedura penale, se, a seguito di
annullamento di una sentenza di un tribunale militare, si deve rinnovare
il giudizio, questo e’ rinviato ad altro tribunale militare.

Il tribunale supremo militare puo’ anche ordinare il rinvio del
giudizio allo stesso tribunale; ma in questo caso il tribunale di rinvio
deve essere composto con giudici diversi da quelli che pronunciarono la
sentenza annullata.

Art. 398.

(Esclusione della sanzione pecuniaria in caso di inammissibilita’ o
rigetto del ricorso).

Nel caso in cui il tribunale supremo militare dichiari inammissibile
o rigetti il ricorso presentato dalla parte privata, non si applica la
sanzione pecuniaria stabilita dall’articolo 549 del codice di procedura
penale.

Art. 399.

(Limite dell’applicazione della pena nel giudizio di rinvio).

Quando una sentenza di condanna a pena diversa dalla pena di morte
sia annullata su ricorso dell’imputato, il tribunale militare di rinvio
puo’ infliggere una pena piu’ grave di quella applicata con la sentenza
annullata, ma non puo’ pronunciare condanna alla pena di morte.

SEZIONE III
Del ricorso straordinario contro
le sentenze del tribunale supremo militare

Art. 400.

(Casi di ricorso. Presentazione dei motivi).

Contro la sentenza, con la quale il tribunale supremo militare
rigetta, in tutto o in parte, il ricorso proposto contro una sentenza di
condanna, il procuratore generale militare del Re Imperatore e il
condannato possono proporre ricorso per cassazione, per incompetenza o
eccesso di potere.

Il ricorso puo’ essere proposto in ogni tempo, prima che la pena sia
estinta.

Il ricorso non ha effetto sospensivo; ma, se e’ stata inflitta la
pena di morte, la sospensione della esecuzione puo’ essere ordinata dal
Ministro della giustizia.

I motivi di ricorso possono essere enunciati nello stesso atto della
dichiarazione; altrimenti devono essere presentati, a pena di decadenza,
nei dieci giorni successivi alla notificazione dell’avviso del deposito
degli atti nella cancelleria della corte di cassazione.

CAPO V
Della revisione

Art. 401.

(Norma generale).

Le sentenze dei tribunali militari sono sottoposte a revisione nei
casi e in conformita’ del capo terzo, titolo terzo, libro terzo, del
codice di procedura penale, sostituito un giudice del tribunale supremo
militare al consigliere delegato, e salve le modificazioni seguenti:

1° la richiesta di promuovere il procedimento di revisione emana dal
Ministro da cui dipende il militare condannato, ovvero, se il condannato
non e’ un militare, da quello da cui dipende il comando della forza
armata, presso cui e’ costituito il tribunale che pronuncio’ la
condanna; ed e’ trasmessa al procuratore generale militare del Re
Imperatore;

2° l’istanza e’ promossa davanti al tribunale supremo militare, il
quale, se ammette la revisione, annulla la sentenza di condanna,
ordinando, ove occorra, il rinvio a nuovo giudizio davanti ad altro
tribunale militare.

TITOLO SESTO
DELLA ESECUZIONE
CAPO I
Disposizioni generali

Art. 402.

(Applicazione delle norme del codice di procedura penale).

Salvo quanto e’ stabilito da questo titolo, per la esecuzione delle
sentenze dei tribunali militari si osservano, in quanto applicabili, le
disposizioni del libro quarto del codice di procedura penale, sostituito
al Ministro della giustizia il Ministro da cui dipende il militare
condannato, o, se il condannato non e’ un militare, il Ministro da cui
dipende il comando della forza armata, presso cui e’ costituito il
tribunale che pronuncio’ la condanna.

((26))

—————

AGGIORNAMENTO (26)

La Corte Costituzionale, con sentenza 23 – 31 maggio 1990, n. 274 (in
G.U. 1a s.s. 6/6/1990, n. 23), ha dichiarato “l’illegittimita’
costituzionale dell’art. 402 del codice penale militare di pace, nella
parte in cui attribuisce al Ministro da cui dipende il militare
condannato e non al Tribunale militare di sorveglianza il potere di
differire l’esecuzione della pena ai sensi del primo comma dell’art.
147, n. 1 del codice penale”.

Art. 403.

(Pluralita’ di condanne per il medesimo fatto).

Agli effetti del ragguaglio delle pene, a’ termini dell’articolo 579
del codice di procedura penale, nel caso di piu’ sentenze di condanna
divenute irrevocabili, pronunciate contro la stessa persona per il
medesimo fatto, la pena della reclusione militare e’ equiparata a quella
della reclusione.

CAPO II
Disposizioni speciali

Art. 404.

(Esecuzione della condanna alla pena di morte).

La condanna alla pena di morte e’ eseguita a cura dell’Autorita’
militare e secondo le norme dei regolamenti militari approvati con
decreto Reale.

Alla esecuzione intervengono, oltre il rappresentante del pubblico
ministero e il cancelliere, anche un ufficiale medico, nonche’ un
cappellano militare o un ministro del culto professato dal condannato,
se questi lo richiede.

Art. 405.

(Esecuzione di pene detentive inflitte dal giudice militare).

I regolamenti militari approvati con decreto Reale stabiliscono i
modi di esecuzione delle sentenze di condanna a pene detentive,
pronunciate dai tribunali militari, secondo che il condannato sia libero
o detenuto, si trovi in servizio alle armi o in congedo, sia militare di
truppa, sottufficiale o ufficiale, si trovi nel territorio dello Stato,
sia imbarcato su navi militari, o appartenga a forze armate spedite
all’estero.

I regolamenti stessi stabiliscono i modi di esecuzione nel caso che
la condanna abbia per effetto la degradazione.

Art. 406.

(Esecuzione di pene detentive inflitte dal giudice ordinario).

Le sentenze di condanna a pene detentive, pronunciate dall’Autorita’
giudiziaria ordinaria contro militari in servizio permanente alle armi,
le quali non importino la interdizione perpetua dai pubblici uffici,
sono eseguite a cura dell’Autorita’ giudiziaria militare, a richiesta
del procuratore del Re Imperatore o del pretore, diretta al procuratore
militare del Re Imperatore presso il tribunale militare del luogo nel
quale trovasi il detenuto, o il corpo a cui il condannato appartiene, o
il dipartimento al quale e’ ascritta la nave su cui il condannato e’
imbarcato.

Insieme con la richiesta, sono trasmessi copia della sentenza di
condanna, copia del provvedimento di sostituzione di pena a norma
dell’articolo 63, e l’ordine di traduzione dal carcere giudiziario, ove
eventualmente il condannato sia detenuto.

Il procuratore militare del Re Imperatore designa lo stabilimento
penale militare, in cui il condannato deve essere tradotto per scontarvi
la pena, e il comandante del corpo dispone per l’invio del condannato
allo stabilimento designato.

Art. 407.

(Sostituzione di pene).

Se con la sentenza non e’ stata disposta la sostituzione della pena a
norma degli articoli 27, 63, 64 e 65, provvede successivamente il
pubblico ministero, d’ufficio o a richiesta del condannato.

Il provvedimento e’ notificato al condannato, a pena di nullita’.

Quando l’interessato dichiara di opporsi al provvedimento dato dal
pubblico ministero, si osservano le norme stabilite per gli incidenti di
esecuzione.

Art. 408.

(Identificazione delle persone arrestate per esecuzione di pena).

Se viene arrestata una persona per esecuzione di una pena militare, o
perche’ sia evasa mentre scontava una pena militare, e sorge dubbio
sulla identita’ della medesima, il procuratore militare del Re
Imperatore del luogo dell’arresto la interroga, e compie ogni altra
indagine utile per la identificazione. Quando riconosce che l’arrestato
non e’ il condannato, ne ordina immediatamente la liberazione; se la
identita’ e’ dubbia, ne rimette l’accertamento al tribunale militare
competente per gli incidenti di esecuzione.

Il procuratore militare del Re Imperatore, per gli atti preveduti dal
comma precedente, puo’ delegare il pretore del luogo dove e’ avvenuto
l’arresto.

Si osservano le disposizioni degli articoli 583, 630 e 631 del codice
di procedura penale, relative al procedimento per gli incidenti di
esecuzione. Tuttavia, nel caso preveduto dal secondo comma dell’articolo
630 di detto codice, il tribunale militare, per l’interrogatorio del
detenuto, puo’ delegare anche un giudice del tribunale militare del
luogo.

Art. 409.

(( (Tribunale e Ufficio militare di sorveglianza) ))

((Per le funzioni e i provvedimenti del Tribunale
militare di sorveglianza, del presidente e dell’Ufficio militare di
sorveglianza, si applicano le disposizioni del presente codice e, in
quanto compatibili, quelle dell’ordinamento penitenziario comune.


La pena della reclusione militare e’ espiata negli
stabilimenti militari di pena, secondo le modalita’ previste dal codice
dell’ordinamento militare; il magistrato militare di sorveglianza
esercita la vigilanza sull’osservanza delle relative norme e
sull’esecuzione della pena militare detentiva))
.

Art. 410.

(Esecuzione di pene pecuniarie).

Le sentenze di condanna a pene pecuniarie, pronunciate dai tribunali
militari in applicazione del codice penale o di leggi speciali, sono
eseguite a norma del codice di procedura penale, in quanto la legge
penale militare non disponga altrimenti; e il procuratore militare del
Re Imperatore provvede, ove occorra, alla conversione della pena
pecuniaria in pena detentiva.

Art. 411.

(Esecuzione di pene accessorie).

La degradazione, la rimozione, la sospensione dal grado e la
sospensione dall’impiego sono eseguite dalla Autorita’ militare nei modi
stabiliti dalle leggi speciali e dai regolamenti militari approvati con
decreto Reale.

Il pubblico ministero provvede per l’annotazione nella scheda del
casellario giudiziale delle pene accessorie, che, a norma del codice
penale e della legge penale militare, conseguono a una condanna, e di
quelle applicate provvisoriamente.

Art. 412.

(Riabilitazione).

Il tribunale supremo militare, a domanda della persona riabilitata a
norma della legge penale comune, puo’ ordinare, con decisione in camera
di consiglio, previe le conclusioni del procuratore generale militare
del Re Imperatore e a seguito degli accertamenti che ritenga necessari,
che gli effetti dell’ottenuta riabilitazione siano estesi alle pene
militari accessorie e a ogni altro effetto penale militare della
sentenza.

La decisione puo’ essere pronunciata altresi’ a seguito di richiesta
di ufficio del procuratore generale militare del Re Imperatore.

Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni degli articoli
598, 599 e 600 del codice di procedura penale, sostituito il tribunale
supremo militare alla corte d’appello e il procuratore generale militare
del Re Imperatore al procuratore generale.

La decisione del tribunale supremo militare non e’ soggetta a
impugnazione.

CAPO III
Dei provvedimenti patrimoniali
relativi alle cose sequestrate per il procedimento penale

Art. 413.

(Contestazione sulla proprieta’ delle cose sequestrate. Competenza
del giudice ordinario).

In caso di contestazione circa la proprieta’ delle cose sequestrate,
la decisione per la restituzione di esse appartiene all’Autorita’
giudiziaria ordinaria.

CAPO IV
Esecuzione delle misure di sicurezza

Art. 414.

(Applicazione delle norme del codice di procedura penale).

Per la esecuzione delle misure di sicurezza, si osservano, in quanto
applicabili, le disposizioni del codice di procedura penale, sostituito
al ricorso alla corte d’appello e al consigliere delegato di questa,
rispettivamente, il ricorso al tribunale supremo militare e il
consigliere relatore del tribunale supremo militare.

E’ escluso il ricorso per revisione.

TITOLO SETTIMO
DELLA PROCEDURA DEI TRIBUNALI
MILITARI DI BORDO

Art. 415.

(Istruzione preliminare).

Quando e’ commesso un reato di competenza dei tribunali militari di
bordo, il comandante della nave a cui appartiene il colpevole incarica
un ufficiale dipendente di procedere agli atti della istruzione
preliminare, secondo le disposizioni degli articoli 301 e 303, in quanto
siano applicabili.

La designazione di detto ufficiale spetta al comandante indicato
nell’ultimo comma dell’articolo 277, se piu’ sono i colpevoli e
appartenenti a navi diverse, ovvero se trattasi di alcuno dei reati
indicati nell’articolo 278, non commesso a bordo di una nave militare.

L’ufficiale suindicato ha le facolta’, che la legge attribuisce agli
ufficiali di polizia giudiziaria.

Art. 416.

(Atti di polizia giudiziaria in territorio estero).

Quando sia necessario procedere in territorio estero a ispezioni,
perquisizioni o arresti in case private o stabilimenti civili,
l’ufficiale incaricato della istruzione ne informa il comandante, il
quale, per l’esecuzione, si rivolge alle Autorita’ locali e al Regio
console italiano, qualora ivi si trovi, chiedendo, se lo ritiene
opportuno, di assistervi.

Se il territorio estero e’ occupato militarmente, l’ufficiale procede
direttamente agli atti indicati nel comma precedente.

Art. 417.

(Decisione del comandante sui risultati della istruzione
preliminare).

Compiuti gli atti della istruzione preliminare, l’ufficiale
incaricato di assumerli li rimette, insieme con i documenti e le cose
sequestrate, al comandante dal quale e’ stato designato.

Sui risultati dell’istruzione decide il comandante della nave, se
questa e’ isolata, e, in ogni altro caso, il comandante superiore
indicato nell’ultimo comma dell’articolo 277.

Art. 418.

(Ordine di archiviazione degli atti o dichiarazione d’incompetenza).

Il comandante, che, in base al risultati dell’istruzione preliminare,
ritiene che non si debba procedere per la manifesta infondatezza della
denuncia o del rapporto, ordina l’archiviazione degli atti, e, qualora
l’imputato sia in stato di arresto, la liberazione di esso.

Se il comandante ritiene che la competenza spetta a una Autorita’
giudiziaria diversa dal tribunale militare di bordo, ordina la
trasmissione degli atti all’Autorita’ competente, a disposizione della
quale trattiene l’imputato, qualora questi sia in stato di arresto.

Art. 419.

(Rinvio diretto a giudizio).

Il comandante, che, in base ai risultati dell’istruzione preliminare,
ritiene che, per la flagranza del reato, o per la confessione
dell’imputato, o per altra circostanza, la prova appare evidente, senza
che occorra un’ulteriore istruzione, ordina, con decreto, che l’imputato
sia tradotto direttamente al giudizio del tribunale, eccetto che si
tratti di reato punibile con la pena di morte o con quella
dell’ergastolo o con una pena detentiva superiore nel massimo a dieci
anni.

Con lo stesso decreto di rinvio a giudizio, il comandante ordina
l’arresto dell’imputato, se questi non e’ gia’ detenuto, e provvede alla
nomina degli ufficiali incaricati delle funzioni di pubblico ministero e
di segretario, con le norme stabilite dalla legge di ordinamento
giudiziario militare.

Art. 420.

(Ordine di procedere alla istruzione).

Fuori dei casi indicati nei due articoli precedenti, il comandante
ordina che si proceda alla istruzione a norma delle disposizioni degli
articoli seguenti, e provvede alla designazione degli ufficiali per
esercitare le funzioni di pubblico ministero e di segretario.

L’ufficiale incaricato delle funzioni di segretario esercita anche le
funzioni di cancelliere.

Art. 421.

(Atti della istruzione).

L’ufficiale incaricato delle funzioni di pubblico ministero compie
tutti gli atti, che nella istruzione formale, per i procedimenti davanti
ai tribunali militari territoriali, sono di competenza del giudice
istruttore, osservate le disposizioni del capo secondo del titolo quarto
di questo libro.

Spetta pero’ al comandante indicato nell’ultimo comma dell’articolo
277 di provvedere all’emissione, alla sospensione, alla revoca o alla
conversione dei mandati di cattura, di comparizione e di
accompagnamento, alla scarcerazione dell’imputato, alla concessione
della liberta’ provvisoria e all’applicazione delle sanzioni contro i
testimoni non comparsi e contro i periti o interpreti non comparsi o
negligenti.

Art. 422.

(Atti da compiersi in territorio estero).

Quando occorra di emettere mandato di comparizione, di
accompagnamento o di cattura o decreto di citazione, di procedere a
esami di testimoni o ad altri atti di istruzione da eseguirsi in
territorio estero, il comandante, a richiesta dell’ufficiale che procede
alla istruzione, ne fa domanda al Ministro della marina, se la nave non
si trova dislocata all’estero, o, in caso diverso, si rivolge egli
stesso, per l’esecuzione, alle competenti Autorita’ straniere,
direttamente, o per mezzo del Regio console, se ivi si trova.

Allo stesso comandante spetta anche, a richiesta dell’ufficiale che
procede all’istruzione, di chiedere l’arresto e la estradizione di un
imputato, che si trovi in territorio estero, rivolgendosi al Ministro
della marina, perche’ richieda i provvedimenti di competenza del
Ministro della giustizia.

Art. 423.

(Chiusura della istruzione).

Compiuta l’istruzione, l’ufficiale che vi ha proceduto trasmette gli
atti al comandante indicato nell’ultimo comma dell’articolo 277.

Se il comandante ritiene che la procedura e’ incompleta, ordina una
piu’ ampia istruzione, indicando specificamente gli atti che ritiene
necessari.

In caso diverso, il comandante decide mediante sentenza, osservate,
in quanto applicabili, le norme degli articoli 342, 343, 344, 345, 346,
347 e 349.

Art. 424.

(Inoppugnabilita’ delle sentenze istruttorie).

Contro la sentenza del comandante, che pronuncia sui risultati
dell’istruzione, non e’ ammessa alcuna impugnazione.

Art. 425.

(Riapertura della istruzione).

Per la riapertura della istruzione, si osserva la disposizione
dell’articolo 353.

La competenza spetta al giudice istruttore del tribunale militare
territoriale, al quale, giusta le norme del regolamento giudiziario
militare, sono stati rimessi gli atti del procedimento, a seguito della
sentenza del comandante.

Art. 426.

(Atti preliminari al giudizio).

Per gli atti preliminari al giudizio, si osservano, in quanto
applicabili, le disposizioni delle sezioni prima e terza del capo primo
del titolo quinto di questo libro. Tuttavia, le attribuzioni ivi
conferite al presidente del tribunale sono demandate al comandante che
ha pronunciato la sentenza o il decreto di rinvio a giudizio.

Art. 427.

(Dibattimento; sentenza; processo verbale di dibattimento).

Per il dibattimento, la sentenza e il processo verbale di
dibattimento, si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni del
capo secondo del titolo quinto di questo libro, sostituito al
cancelliere il segretario.

Alle deliberazioni del tribunale militare di bordo assiste il
segretario, cui spetta redigere le sentenze e le ordinanze.

Art. 428.

(Esecuzione delle sentenze; sospensione; proposte di grazia).

Il comandante indicato nell’ultimo comma dell’articolo 277 provvede
alla esecuzione della sentenza, osservate le norme dei regolamenti
indicati negli articoli 404 e 405 e le disposizioni seguenti:

1° la condanna alla pena di morte non puo’ essere eseguita, se non
dopo ricevute le istruzioni del Ministro della marina;

2° la condanna alla pena di morte e la condanna alla degradazione
sono eseguite a bordo della nave a cui appartiene il condannato, o della
nave sulla quale si e’ svolto il giudizio, o, in caso d’impedimento,
sopra altra nave designata dal comandante predetto.

Il comandante indicato nel comma precedente, per ragioni di giustizia
o di disciplina militare, puo’ sospendere la esecuzione di qualunque
sentenza di condanna, e proporre il condono o la commutazione della pena
inflitta, trasmettendo le relative proposte al Ministro della marina.

Art. 429.

(Giudizio in contumacia).

Per il giudizio in contumacia, si osservano le disposizioni degli
articoli 376 a 378.

Art. 430.

(Ricorso per annullamento).

Fuori del caso preveduto dall’articolo precedente, contro le sentenze
dei tribunali militari di bordo non e’ ammesso ricorso per annullamento
al tribunale supremo militare, se non per motivo di incompetenza o di
illegittima costituzione del collegio giudicante; e salvo il caso di
condanna alla pena di morte o a pena detentiva in misura superiore a
dieci anni, pronunciata a bordo di una nave che non si trovi dislocata
all’estero.

Nei casi in cui il ricorso e’ ammesso, il comandante indicato
nell’ultimo comma dell’articolo 277 trasmette gli atti al tribunale
supremo militare. Si osservano le disposizioni degli articoli 389, 390,
391 e 392.

Qualora, a seguito di annullamento della sentenza, il giudizio debba
essere rinnovato, il tribunale supremo militare designa il tribunale
militare competente, al quale rimette gli atti.

Art. 431.

(Revisione).

Le sentenze dei tribunali militari di bordo sono soggette a revisione
nei casi e nei modi stabiliti dall’articolo 401.

Se la revisione e’ ammessa, il tribunale supremo militare rimette gli
atti a un tribunale militare territoriale.

Art. 432.

(Sostituzione di pene e revoca della sospensione condizionale della
pena).

Per la sostituzione di pene a norma dell’articolo 407, per la revoca
della sospensione condizionale della pena e per ogni altro provvedimento
relativo all’esecuzione, e’ competente il tribunale militare
territoriale, al quale, a seguito della sentenza, sono stati rimessi gli
atti del procedimento, giusta le norme del regolamento giudiziario
militare.

TITOLO OTTAVO
DELLA ESTRADIZIONE

Art. 433.

(Estradizione dall’estero).

Se occorre chiedere a uno Stato estero la estradizione di un imputato
o di un condannato, per un procedimento di competenza del giudice
militare, il procuratore generale militare del Re Imperatore ne fa
richiesta al Ministro della giustizia, trasmettendogli gli atti e i
documenti necessari.

Se trattasi di imputato o condannato militare, il procuratore
generale militare del Re Imperatore informa della richiesta fatta il
Ministro da cui il militare dipende.

Dato a Roma, addi’ 20 febbraio 1941-XIX

VITTORIO EMANUELE

MUSSOLINI.

CODICE PENALE MILITARE DI GUERRA
LIBRO PRIMO
DELLA LEGGE PENALE MILITARE DI GUERRA, IN GENERALE
TITOLO PRIMO
DELLA LEGGE PENALE MILITARE DI GUERRA E DELLA SUA APPLICAZIONE

CODICE PENALE MILITARE DI GUERRA

Art. 1.

(Nozione della legge penale militare di guerra).

La legge penale militare di guerra comprende, oltre questo codice,
ogni altra legge speciale, o provvedimento che abbia valore di legge, in
materia penale militare attinente alla guerra.

Art. 2.

(Pubblicazione delle leggi di guerra quando le forze armate dello
Stato si trovano all’estero).

Le leggi di guerra, emanate quando le forze armate dello Stato si
trovano all’estero, sono pubblicate nei modi stabiliti da esse, o, in
mancanza, dal comandante delle forze medesime; e divengono
immediatamente obbligatorie, salvo che le leggi stesse dispongano
diversamente.

Art. 3.

(Legge penale militare di guerra in relazione al tempo).

La legge penale militare di guerra si applica per i reati da essa
preveduti, commessi, in tutto o in parte, dal momento della
dichiarazione dello stato di guerra fino a quello della sua cessazione.

Art. 4.

(Legge penale militare di guerra in relazione ai luoghi).

La legge penale militare di guerra si applica, per i reati da essa
preveduti, quando essi siano commessi nei luoghi che sono in stato di
guerra o sono considerati tali.

Nondimeno, durante lo stato di guerra, la legge penale militare di
guerra si applica, per i reati da essa preveduti, anche se commessi in
luoghi che non sono in stato di guerra o non sono considerati tali:

1° quando sia espressamente disposto dalla legge;

2° quando dai reati medesimi possa derivare un nocumento alle
operazioni militari di guerra o ai servizi relativi, ovvero alla
condotta della guerra in generale.

Art. 5.

((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 18 MARZO 2003, N. 42))

Art. 6.

(Legge penale militare di guerra in relazione alle persone).

La legge penale militare di guerra si applica ai militari
appartenenti ad armi, corpi, navi, aeromobili o servizi in generale,
destinati a operazioni di guerra, ancorche’ il reato sia commesso in
luogo che non si trovi in stato di guerra.

Nei luoghi in stato di guerra i militari sono considerati
permanentemente in servizio.

Art. 7.

(Nozione della qualita’ di «militare»).

Il presente codice comprende:

1° sotto la denominazione di militari, quelli del Regio esercito,
della Regia marina, della Regia aeronautica, della Regia guardia di
finanza, della Milizia volontaria per la sicurezza nazionale, del Corpo
di polizia dell’Africa italiana, i militarizzati e ogni altra persona
che a norma di legge acquista la qualita’ di militare, gli assimilati,
ancorche’ di rango, ai militari, e le persone appartenenti a corpi o
reparti volontari autorizzati a prendere parte alla guerra;

2° sotto la denominazione di forze armate dello Stato, le forze
militari suindicate.

Le disposizioni della legge penale militare, riflettenti le
violazioni della disciplina militare, si estendono agli assimilati, sia
per le violazioni commesse nei rapporti fra loro, sia per quelle
commesse verso i militari e i militarizzati, o da questi verso di loro.
Le stesse norme si osservano rispetto ai corpi o reparti volontari
indicati nel comma precedente.

Art. 8.

(Riunione di navi o di aeromobili; forze terrestri distaccate).

L’applicazione della legge penale militare di guerra puo’, con
decreto Reale, ordinarsi, anche in tempo di pace, per una riunione di
navi o di aeromobili, ovvero di forze terrestri distaccate per qualsiasi
operazione militare o di polizia.

Art. 9.

(( (Corpi di spedizione all’estero) ))

((Sino alla entrata in vigore di una nuova legge organica
sulla materia penale militare, sono soggetti alla legge penale militare
di guerra, ancorche’ in tempo di pace, i corpi di spedizione all’estero
per operazioni militari armate, dal momento in cui si inizia il
passaggio dei confini dello Stato o dal momento dell’imbarco in nave o
aeromobile ovvero, per gli equipaggi di questi, dal momento in cui e’ ad
essi comunicata la destinazione alla spedizione.


Limitatamente ai fatti connessi con le operazioni
all’estero di cui al primo comma, la legge penale militare di guerra si
applica anche al personale militare di comando e controllo e di supporto
del corpo di spedizione che resta nel territorio nazionale o che si
trova nel territorio di altri paesi, dal momento in cui e’ ad esso
comunicata l’assegnazione a dette funzioni, per i fatti commessi a causa
o in occasione del servizio))
.

Art. 10.

((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 18 MARZO 2003, N. 42))

Art. 11.

(Mobilitazione delle forze armate dello Stato).

La mobilitazione generale o parziale delle forze armate dello Stato
importa, per i reati militari commessi dagli appartenenti alle forze
mobilitate, l’applicazione della legge penale militare di guerra.

Art. 12.

(Prigionieri di guerra in potere o in custodia dello Stato italiano).

I prigionieri di guerra, che si trovano in potere o in custodia dello
Stato italiano, sono soggetti alla legge penale militare di guerra in
vigore per i militari italiani, salvo che sia altrimenti disposto dalla
legge o dalle convenzioni internazionali.

Art. 13.

(Reati commessi da militari nemici contro le leggi e gli usi della
guerra).

Le disposizioni del titolo quarto, libro terzo, di questo codice,
relative ai reati contro le leggi e gli usi della guerra, si applicano
anche ai militari e a ogni altra persona appartenente alle forze armate
nemiche, quando alcuno di tali reati sia commesso a danno dello stato
italiano o di un cittadino italiano, ovvero di uno Stato alleato o di un
suddito di questo.

Art. 14.

(Persone estranee alle forze armate dello Stato).

Oltre i casi espressamente enunciati nella legge, la legge penale
militare di guerra si applica alle persone estranee alle forze armate
dello Stato, che commettono alcuno dei fatti preveduti dagli articoli
138, 139, 140, 141 e 142.

Art. 15.

(Militari di Stati alleati o associati nella guerra).

Agli effetti della legge penale militare di guerra, i reati commessi
da militari italiani o da persone estranee alle forze armate dello Stato
italiano a danno di militari o delle forze armate di uno Stato alleato
sono considerati come se fossero commessi a danno di militari o delle
forze armate dello Stato italiano. La osservanza di questa norma e’
subordinata alla condizione che lo Stato alleato garantisca parita’ di
tutela penale ai militari italiani e alle forze armate dello Stato
italiano.

((Agli effetti delle disposizioni del presente codice,
sotto la denominazione di Stato alleato si intende compreso anche lo
Stato associato nelle operazioni belliche o partecipante alla stessa
spedizione o campagna))
.

Art. 16.

(Reati commessi da prigionieri di guerra italiani, o da altri
militari italiani all’estero).

Salve le disposizioni degli articoli precedenti, la legge penale
militare di guerra si applica per i reati commessi da militari italiani
prigionieri di guerra presso il nemico a danno di altri militari
italiani o dello Stato italiano; e, in caso di mobilitazione generale,
anche per i reati commessi in territorio estero da ogni altro militare
italiano.

TITOLO SECONDO
((COMANDANTE
SUPREMO))

Art. 17.

(( (Comandante supremo) ))

((COMMA ABROGATO DALLA L. 31 GENNAIO 2002, N. 6)).

((COMMA ABROGATO DALLA L. 31 GENNAIO 2002, N. 6)).

((COMMA ABROGATO DALLA L. 31 GENNAIO 2002, N. 6)).

Agli effetti della legge penale militare, e’ comandante supremo chi
e’ investito del comando di tutte le forze operanti.

Art. 18.

((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 31 GENNAIO 2002, N. 6))

Art. 19.

((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 31 GENNAIO 2002, N. 6))

Art. 20.

((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 31 GENNAIO 2002, N. 6))

TITOLO TERZO
DELLA CESSAZIONE
DELL’APPLICAZIONE DELLA LEGGE PENALE MILITARE DI GUERRA

Art. 21.

(Armistizio).

L’armistizio non sospende l’applicazione della legge penale militare
di guerra e l’esercizio della giurisdizione militare di guerra, salvo
che con decreto Reale sia diversamente disposto.

Art. 22.

(Cessazione dell’applicazione della legge penale militare di guerra).

Con la cessazione dello stato di guerra cessano l’applicazione della
legge penale militare di guerra e l’esercizio della giurisdizione
militare di guerra, salvo che la legge disponga altrimenti.

Per gli appartenenti ai corpi nazionali che si trovano all’estero,
l’applicazione della legge penale militare di guerra cessa dal momento
in cui i corpi stessi rientrano nel territorio dello Stato.

Art. 23.

(Ultrattivita’ della legge penale militare di guerra).

Per i reati preveduti dalla legge penale militare di guerra, commessi
durante lo stato di guerra, si applicano sempre le sanzioni penali
stabilite dalla legge suindicata, sebbene il procedimento penale sia
iniziato dopo la cessazione dello stato di guerra, e ancorche’ la legge
penale militare di pace o la legge penale comune non preveda il fatto
come reato o contenga disposizioni piu’ favorevoli per il reo.

Art. 24.

(Prigionieri di guerra in potere o in custodia dello Stato italiano).

Anche dopo la cessazione dello stato di guerra, i prigionieri di
guerra in potere o in custodia dello Stato italiano sono soggetti alla
legge penale militare di guerra per i reati da questa preveduti, fino al
momento dell’avvenuto rimpatrio.

Per quanto concerne la condizione dei prigionieri di guerra, che alla
data della cessazione dello stato di guerra si trovino sottoposti a
procedimento penale, ovvero in espiazione di pena, si applicano le
convenzioni internazionali.

LIBRO SECONDO
DEI REATI E DELLE PENE MILITARI
IN GENERALE
TITOLO PRIMO
DISPOSIZIONI GENERALI

Art. 25.

(Luogo di esecuzione della pena di morte).

Durante lo stato di guerra, la pena di morte e’ eseguita nel luogo
determinato dal comando dell’unita’, presso cui e’ costituito il
tribunale che pronuncio’ la sentenza; salvo che la legge disponga
altrimenti.

((38a))

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AGGIORNAMENTO (38a)

La L. 13 ottobre 1994, n. 589 ha disposto (con l’art. 1, comma 1) che
“Per i delitti previsti dal codice penale militare di guerra e dalle
leggi militari di guerra, la pena di morte e’ abolita ed e’ sostituita
dalla pena massima prevista dal codice penale”.

Art. 26.

(Diminuzione di pena per gravi lesioni riportate o per atti di valore
militare).

Nel caso di gravi lesioni personali riportate dall’imputato in fatti
d’armi o in servizi di guerra, o di atti di valore compiuti nelle stesse
circostanze, la pena stabilita per il reato commesso puo’ essere
diminuita nel modo seguente:

1° alla pena di morte con degradazione e a quella dell’ergastolo puo’
sostituirsi la reclusione da dieci a venti anni; ((38a))

2° alla pena di morte mediante fucilazione nel petto puo’ sostituirsi
la reclusione militare da sei a quindici anni; ((38a))

3° le altre pene possono essere diminuite da un terzo a due terzi.

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AGGIORNAMENTO (38a)

La L. 13 ottobre 1994, n. 589 ha disposto (con l’art. 1, comma 1) che
“Per i delitti previsti dal codice penale militare di guerra e dalle
leggi militari di guerra, la pena di morte e’ abolita ed e’ sostituita
dalla pena massima prevista dal codice penale”.

Art. 27.

(Pubblicazione della sentenza di condanna).

Salvo che il giudice disponga altrimenti, le sentenze di condanna
alla pena di morte o all’ergastolo, pronunciate dai tribunali militari
di guerra per i reati di tradimento, di spionaggio o di diserzione al
nemico o in presenza del nemico, sono pubblicate per estratto mediante
affissione, oltre che nei luoghi indicati nel codice penale militare di
pace, anche nel comune in cui il militare ebbe l’ultima residenza o
dimora.

((38a))

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AGGIORNAMENTO (38a)

La L. 13 ottobre 1994, n. 589 ha disposto (con l’art. 1, comma 1) che
“Per i delitti previsti dal codice penale militare di guerra e dalle
leggi militari di guerra, la pena di morte e’ abolita ed e’ sostituita
dalla pena massima prevista dal codice penale”.

Art. 28.

(Potere del comandante di condonare le pene).

Durante lo stato di guerra, il comandante supremo ha il potere di
condonare, mediante provvedimenti individuali, le pene detentive non
superiori a un anno e le pene pecuniarie, inflitte dai tribunali
militari di guerra.

Lo stesso potere spetta, durante lo stato di guerra, al comandante di
un corpo di spedizione all’estero per operazioni militari in regioni
fuori d’Europa.

Il condono della pena si ha come non conceduto, se, durante lo stato
di guerra, il condannato commette un delitto non colposo, per il quale
la legge stabilisce una pena detentiva o un’altra piu’ grave.

TITOLO SECONDO
DEL DIFFERIMENTO DELLA
ESECUZIONE DELLE PENE DETENTIVE E ACCESSORIE

Art. 29.

(Pene detentive).

Salva la disposizione dell’articolo 32, e’ differita la esecuzione
delle pene detentive di durata non superiore a dieci anni, inflitte, da
qualunque giudice e per qualsiasi reato, a militari appartenenti al
momento del commesso reato, o successivamente destinati, a reparti
mobilitati.

Il Ministro da cui dipende il militare condannato, o il comandante
supremo quando trattasi di militare da esso dipendente, puo’, sentito il
procuratore generale militare del Re Imperatore, ordinare che sia
differita la esecuzione delle pene detentive temporanee di qualsiasi
durata, inflitte ai militari, anche se non ricorrono le condizioni
indicate nel comma precedente.

Durante lo stato di guerra, il differimento dell’esecuzione della
pena a norma dei commi precedenti non impedisce il differimento della
esecuzione delle pene inflitte con successive condanne.

Art. 30.

(Sospensione dall’impiego e sospensione dal grado).

Nei casi in cui, a norma dell’articolo precedente, e’ differita la
esecuzione della pena detentiva, e’ differita anche l’esecuzione delle
pene accessorie della sospensione dall’impiego e della sospensione dal
grado.

Art. 31.

(Degradazione).

Il militare incorso nella degradazione per effetto di una condanna a
pena detentiva, la cui esecuzione e’ stata differita a norma
dell’articolo 29, continua, per tutto il tempo in cui la pena non e’
eseguita, a prestare servizio militare, e la degradazione produce, per
tale periodo, gli effetti della rimozione.

Art. 32.

(Condizioni ostative al differimento della esecuzione della pena).

Il differimento della esecuzione della pena non puo’ essere ordinato,
o, se gia’ ordinato, e’ revocato:

1° se il condannato ha cessato, per qualsiasi ragione, dal prestare
servizio militare, ovvero e’ divenuto permanentemente inabile ai servizi
di guerra, tranne che la inabilita’ dipenda da lesioni personali
riportate o da infermita’ contratte in fatti d’armi o in servizi di
guerra;

2° se e’ accertata la nullita’ dell’arruolamento del condannato.

Art. 33.

(Detrazione dalla durata della pena del periodo trascorso in speciali
reparti combattenti).

Per i condannati a una pena detentiva, di cui la esecuzione e’ stata
differita, il tempo trascorso in speciali reparti combattenti, ai quali,
a causa della loro particolare condizione, siano stati assegnati, si
detrae dalla durata della pena inflitta.

Art. 34.

(Differimento della esecuzione della pena per le persone estranee
alle forze armate dello Stato).

Quando dal comandante supremo sia riconosciuta la necessita’ della
presenza o la insostituibilita’ di una persona estranea alle forze
armate dello Stato nel servizio che essa adempie presso stabilimenti o
corpi sul piede di guerra, ai quali e’ addetta, il comandante stesso,
sentito il procuratore generale militare del Re Imperatore, puo’
disporre che sia differita la esecuzione delle pene detentive temporanee
inflitte alla persona suindicata.

La stessa facolta’ puo’ essere esercitata dai comandanti in capo
delle forze marittime o aeree, nei limiti dei rispettivi comandi.

Art. 35.

(Differimento della esecuzione della pena in rapporto alla estinzione
di essa).

Il periodo, durante il quale la esecuzione della pena rimane
differita a norma degli articoli precedenti, non e’ computato agli
effetti della estinzione della pena stessa per decorso del tempo.

Art. 36.

(Cessazione dello stato di guerra: esecuzione della pena).

Salve le disposizioni del titolo terzo di questo libro, alla
cessazione dello stato di guerra sono eseguite le pene detentive e le
pene accessorie della sospensione dal grado e della sospensione
dall’impiego, la cui esecuzione e’ stata differita a norma degli
articoli precedenti, e ha effetto altresi’ l’incapacita’ di appartenere
alle forze armate dello Stato inerente alla degradazione derivata da
condanna a pena detentiva, la cui esecuzione e’ stata differita.

Art. 37.

(Esecuzione: sostituzione di pene. Prigionieri di guerra nemici).

Quando, in applicazione degli articoli precedenti, la sentenza di
condanna debba eseguirsi durante o dopo lo stato di guerra, per la
esecuzione si osservano le disposizioni del codice penale militare di
pace sulla sostituzione delle pene.

Per i condannati che siano prigionieri di guerra, si applicano le
disposizioni dell’articolo 166.

TITOLO TERZO
DI CASI SPECIALI DI ESTINZIONE
DEL REATO

Art. 38.

(Effetto derivante dalla condotta del condannato).

Alla data della cessazione dello stato di guerra, qualora il
condannato alla pena della reclusione militare per un tempo non
superiore a tre anni, la cui esecuzione sia stata differita a norma
degli articoli 29 e 34, non abbia, posteriormente alla condanna,
commesso un delitto e non sia piu’ volte incorso in gravissime punizioni
disciplinari, il reato e’ estinto.

In tal caso, non ha luogo la esecuzione della pena principale e
cessano gli effetti penali della condanna.

Art. 39.

(Condanna per reati preveduti dalla legge penale comune).

Le disposizioni dell’articolo precedente si applicano anche
relativamente alle condanne a pene detentive non superiori a due anni,
inflitte per reati preveduti dalla legge penale comune.

Art. 40.

(Effetto derivante dal compimento di atti di valore).

Anche prima della cessazione dello stato di guerra, qualora il
condannato a una pena, la cui esecuzione sia stata differita a norma
degli articoli 29 e 34, abbia conseguito, per atti di valore personale
compiuti, posteriormente alla condanna, in fatti d’armi o in servizi di
guerra, una promozione per merito di guerra o una ricompensa al valore,
il reato e’ estinto, e si applica la disposizione del secondo comma
dell’articolo 38.

Art. 41.

(Concorso di pene in caso di revoca del differimento).

Nel caso che sia revocato il differimento della esecuzione di pene
inflitte con piu’ sentenze di condanna, si applicano le disposizioni sul
concorso delle pene.

TITOLO QUARTO
DELLA RIABILITAZIONE DI GUERRA

Art. 42.

(Promozione per merito di guerra o ricompensa al valore).

I militari, che, per atti di valore personale compiuti in fatti
d’armi o in servizi di guerra, abbiano conseguito una promozione per
merito di guerra o una ricompensa al valore, possono ottenere la
riabilitazione, anche se non sono trascorsi i termini stabiliti dalla
legge penale comune.

Se i militari stessi hanno conseguito piu’ promozioni per merito di
guerra o piu’ ricompense al valore, non si applicano le disposizioni
dell’ultimo comma dell’articolo 179 del codice penale.

Art. 43.

(Partecipazione alla guerra con fedelta’ e onore).

Per i militari, che, pur non avendo conseguito alcuna delle
attestazioni di merito o di valore indicate nell’articolo precedente,
abbiano adempiuto con fedelta’ e onore i loro doveri nelle operazioni o
in servizi di guerra, i termini stabiliti dalla legge per la concessione
della riabilitazione sono computati, ragguagliandosi a un anno ogni
trimestre di campagna compiuto, o soltanto iniziato.

Art. 44.

(Incapacita’ derivanti da decisioni di proscioglimento).

Nel caso di incapacita’ derivanti da decisioni di proscioglimento, i
militari che si trovano nelle condizioni indicate nell’articolo 42 sono
dispensati dalla osservanza del termine stabilito dalla legge agli
effetti della estinzione delle incapacita’ medesime.

Per i militari che si trovano nelle condizioni indicate nell’articolo
43, il termine stesso e’ ridotto alla meta’.

Art. 45.

(Invalidi di guerra).

Le disposizioni degli articoli 42 e 44, concernenti i militari che
hanno conseguito una promozione per merito di guerra o una ricompensa al
valore, si applicano altresi’ ai militari, che abbiano adempiuto con
fedelta’ e onore i loro doveri nelle operazioni o in servizi di guerra e
siano stati dichiarati invalidi, con diritto a pensione privilegiata di
guerra, per una delle lesioni o infermita’ indicate nella legge sulle
pensioni di guerra.

Art. 46.

(Esclusione dalla riabilitazione di guerra).

Sono esclusi dalla riabilitazione di guerra i militari condannati per
alcuno dei reati di tradimento, spionaggio, abbandono di posto in
presenza del nemico, diserzione, mutilazione volontaria o infermita’
procurata per sottrarsi all’obbligo del servizio militare, commessi
durante lo stato di guerra.

LIBRO TERZO
DEI REATI MILITARI, IN
PARTICOLARE
TITOLO PRIMO
DISPOSIZIONI GENERALI

Art. 47.

(Applicazione delle norme del codice penale militare di pace; aumento
di pena((. Reato militare ai fini del codice penale militare
di guerra))
 ).

Nei casi non preveduti da questo codice, si applicano le disposizioni
del codice penale militare di pace, concernenti i reati militari in
particolare. Tuttavia, le pene detentive temporanee, stabilite dal
codice penale militare di pace, si applicano con l’aumento da un sesto a
un terzo, estensibile fino alla meta’ nei casi gravi; salvo quando
l’aumento sia specificamente disposto da questo codice.

((Costituisce altresi’ reato militare ai fini del
presente codice, ogni altra violazione della legge penale commessa
dall’appartenente alle Forze armate con abuso dei poteri o violazione
dei doveri inerenti allo stato di militare, o in luogo militare, e
prevista come delitto contro:

              1) la personalita' dello Stato;
              2) la pubblica amministrazione;
              3) l'amministrazione della giustizia;
              4) l'ordine pubblico;
              5) l'incolumita' pubblica;
              6) la fede pubblica;
              7) la moralita' pubblica e il buon costume;
              8) la persona;
              9) il patrimonio.


Costituisce inoltre reato militare ogni
altra violazione della legge penale commessa dall’appartenente alle
Forze armate in luogo militare o a causa del servizio militare, in
offesa del servizio militare o dell’amministrazione militare o di altro
militare o di appartenente alla popolazione civile che si trova nei
territori di operazioni all’estero.


Costituisce infine reato militare ogni altra
violazione della legge penale prevista quale delitto in materia di
controllo delle armi, munizioni ed esplosivi e di produzione, uso e
traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope, commessa
dall’appartenente alle Forze armate in luogo militare))
.

TITOLO SECONDO
DEI REATI CONTRO LA FEDELTA’ E
LA DIFESA MILITARE
CAPO I
Del tradimento

Art. 48.

(Attentato od offesa al luogotenente generale del Re Imperatore).

Il militare, che commette alcuno dei delitti di attentato od offesa
contro il luogotenente generale del Re Imperatore, durante la
luogotenenza e lo stato di guerra, e’ punito secondo le norme seguenti:

1° con la morte con degradazione, nel caso di attentato alla vita,
alla incolumita’ o alla liberta’ personale; ((38a))

2° con la reclusione da cinque a dieci anni, in ogni altro caso di
offesa alla liberta’; e con la reclusione militare da quattro a dieci
anni nel caso di offesa all’onore o al prestigio.

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AGGIORNAMENTO (38a)

La L. 13 ottobre 1994, n. 589 ha disposto (con l’art. 1, comma 1) che
“Per i delitti previsti dal codice penale militare di guerra e dalle
leggi militari di guerra, la pena di morte e’ abolita ed e’ sostituita
dalla pena massima prevista dal codice penale”.

Art. 49.

(Reati contro il comandante supremo).

Il militare, che attenta alla vita, alla incolumita’ o alla liberta’
personale del comandante supremo, e’ punito con la morte con
degradazione. ((38a))

In ogni altro caso di offesa, si applicano le pene stabilite per il
reato d’insubordinazione dal codice penale militare di pace, aumentata
la pena detentiva temporanea dalla meta’ a due terzi.

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AGGIORNAMENTO (38a)

La L. 13 ottobre 1994, n. 589 ha disposto (con l’art. 1, comma 1) che
“Per i delitti previsti dal codice penale militare di guerra e dalle
leggi militari di guerra, la pena di morte e’ abolita ed e’ sostituita
dalla pena massima prevista dal codice penale”.

Art. 50.

(Abbandono del corpo per combattere contro lo Stato).

Il militare, che, per combattere contro lo Stato, abbandona il corpo,
la nave o l’aeromobile, e’ punito con la morte con degradazione.

((38a))

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AGGIORNAMENTO (38a)

La L. 13 ottobre 1994, n. 589 ha disposto (con l’art. 1, comma 1) che
“Per i delitti previsti dal codice penale militare di guerra e dalle
leggi militari di guerra, la pena di morte e’ abolita ed e’ sostituita
dalla pena massima prevista dal codice penale”.

Art. 51.

(Aiuto al nemico).

Il militare, che commette un fatto diretto a favorire le operazioni
militari del nemico ovvero a nuocere altrimenti alle operazioni delle
forze armate dello Stato italiano, e’ punito con la morte con
degradazione.

((38a))

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AGGIORNAMENTO (38a)

La L. 13 ottobre 1994, n. 589 ha disposto (con l’art. 1, comma 1) che
“Per i delitti previsti dal codice penale militare di guerra e dalle
leggi militari di guerra, la pena di morte e’ abolita ed e’ sostituita
dalla pena massima prevista dal codice penale”.

Art. 52.

(Nocumento alle operazioni militari).

Il militare, che, fuori dei casi preveduti dall’articolo precedente,
impedisce od ostacola lo svolgimento di attivita’ inerenti alla
preparazione o alla difesa militare, e’ punito, se dal fatto e’ derivato
nocumento alle operazioni di guerra dello Stato italiano, con la
reclusione non inferiore a dieci anni.

Art. 53.

(Servizio di pilota o guida per il nemico).

Il cittadino e ogni persona al servizio dello Stato, che assume il
servizio di pilota o di guida di una nave nemica, di un aeromobile
nemico o di qualsiasi altra forza militare nemica, e’ punito con la
morte mediante fucilazione nella schiena.

((38a))

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AGGIORNAMENTO (38a)

La L. 13 ottobre 1994, n. 589 ha disposto (con l’art. 1, comma 1) che
“Per i delitti previsti dal codice penale militare di guerra e dalle
leggi militari di guerra, la pena di morte e’ abolita ed e’ sostituita
dalla pena massima prevista dal codice penale”.

Art. 54.

(Intelligenze o corrispondenza con il nemico).

Il militare, che, per favorire il nemico, tiene con esso intelligenze
o corrispondenza, e’ punito con la morte con degradazione. ((38a))

Se le intelligenze o la corrispondenza non hanno prodotto danno, la
pena puo’ essere diminuita.

Se trattasi di offerta di servizi al nemico, ancorche’ non accettata,
la pena e’ della reclusione non inferiore a quindici anni.

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AGGIORNAMENTO (38a)

La L. 13 ottobre 1994, n. 589 ha disposto (con l’art. 1, comma 1) che
“Per i delitti previsti dal codice penale militare di guerra e dalle
leggi militari di guerra, la pena di morte e’ abolita ed e’ sostituita
dalla pena massima prevista dal codice penale”.

Art. 55.

(Agevolazione colposa).

Il militare che, per colpa, ha reso possibile, o soltanto agevolato
la esecuzione del reato preveduto dal primo comma dell’articolo
precedente, e’ punito, se dal fatto puo’ derivare danno alla situazione
politica o militare dello Stato italiano, con la reclusione militare da
tre a dieci anni.

Art. 56.

(Comunicazione illecita con il nemico, senza il fine di favorirlo).

Il militare, che, senza il fine di favorire il nemico, ma senza
autorizzazione o contro il divieto dei regolamenti o dei superiori,
entra in comunicazione o corrispondenza con una o piu’ persone delle
forze armate nemiche o della popolazione dei luoghi appartenenti allo
Stato nemico, e’ punito con la reclusione da uno a sette anni; e, se
trattasi di fatto abituale o, comunque, se ricorrono circostanze di
particolare gravita’, con la reclusione non inferiore a dieci anni.

Art. 57.

(Rapporti di guerra infedeli, reticenti o manchevoli).

Il militare incaricato di una ricognizione, che fa rapporti non
veritieri o reticenti, e’ punito, se dal fatto e’ derivato un nocumento
alle operazioni militari, con la morte con degradazione. ((38a))

Se per colpa sono fatti rapporti inesatti o manchevoli, e da essi e’
derivato il nocumento indicato nel comma precedente, si applica la
reclusione militare da tre a quindici anni.

Se dal fatto non e’ derivato nocumento, la pena e’ della reclusione
da uno a cinque anni, nel caso preveduto dal primo comma, e della
reclusione militare fino a un anno, nel caso preveduto dal secondo
comma.

-----------------

AGGIORNAMENTO (38a)

La L. 13 ottobre 1994, n. 589 ha disposto (con l’art. 1, comma 1) che
“Per i delitti previsti dal codice penale militare di guerra e dalle
leggi militari di guerra, la pena di morte e’ abolita ed e’ sostituita
dalla pena massima prevista dal codice penale”.

Art. 58.

(Aiuto al nemico nei suoi disegni politici).

Nei luoghi del territorio dello Stato invasi od occupati dal nemico,
chiunque favorisce i disegni politici del nemico sul territorio invaso
od occupato, ovvero commette un fatto diretto a menomare la fedelta’ dei
cittadini verso lo Stato italiano, e’ punito con la reclusione da dieci
a venti anni.

CAPO II
Dello spionaggio militare e della
rivelazione di segreti militari

Art. 59.

(Spionaggio militare).

E’ punito con la morte con degradazione il militare, che, per
favorire il nemico, si procura o tenta di procurarsi documenti, oggetti
o notizie, che possono compromettere la sicurezza di una piazza, di un
forte o posto militare, di una nave militare o da trasporto, di un
aeromobile militare o da trasporto, di un arsenale o altro stabilimento
militare, ovvero di zone di adunata, di azione o stazione delle forze
armate terrestri, marittime o aeree, o comunque delle forze armate dello
Stato; anche senza essersi introdotto nei luoghi suindicati. ((38a))

La stessa pena si applica al militare, che, per procurarsi documenti,
oggetti o notizie in favore del nemico, si introduce in alcuno dei
luoghi indicati nel comma precedente.

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AGGIORNAMENTO (38a)

La L. 13 ottobre 1994, n. 589 ha disposto (con l’art. 1, comma 1) che
“Per i delitti previsti dal codice penale militare di guerra e dalle
leggi militari di guerra, la pena di morte e’ abolita ed e’ sostituita
dalla pena massima prevista dal codice penale”.

Art. 60.

(Militare che si introduce travestito in luoghi d’interesse
militare).

Il militare, che si introduce travestito in alcuno dei luoghi
indicati nel primo comma dell’articolo precedente, e’ punito con
l’ergastolo.

Se il colpevole prova che il suo travestimento aveva uno scopo
diverso da quello di favorire il nemico, la pena e’ della reclusione
militare da uno a quattro anni.

Art. 61.

(Militare nemico che si introduce travestito in luoghi d’interesse
militare).

Il militare delle forze armate nemiche o qualsiasi altra persona al
servizio dello Stato nemico, che s’introduce travestito in alcuno dei
luoghi indicati nel primo comma dell’articolo 59, e’ punito con la morte
mediante fucilazione nel petto.

Se il colpevole, per travestirsi, ha indossato una uniforme militare
italiana, la pena e’ della morte mediante fucilazione nella schiena.

((38a))

-----------------

AGGIORNAMENTO (38a)

La L. 13 ottobre 1994, n. 589 ha disposto (con l’art. 1, comma 1) che
“Per i delitti previsti dal codice penale militare di guerra e dalle
leggi militari di guerra, la pena di morte e’ abolita ed e’ sostituita
dalla pena massima prevista dal codice penale”.

Art. 62.

(Aiuto o informazioni a spie o ad altri agenti nemici).

Chiunque da’ o procura ricovero, aiuto o informazioni a una spia o ad
altro agente nemico, e’ punito con la morte con degradazione.

((38a))

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AGGIORNAMENTO (38a)

La L. 13 ottobre 1994, n. 589 ha disposto (con l’art. 1, comma 1) che
“Per i delitti previsti dal codice penale militare di guerra e dalle
leggi militari di guerra, la pena di morte e’ abolita ed e’ sostituita
dalla pena massima prevista dal codice penale”.

Art. 63.

(Persona sorpresa in prossimita’ di posti militari o che segue le
operazioni militari).

Chiunque, nei luoghi in stato di guerra, e’ trovato, senza
giustificato motivo, in prossimita’ di posti militari, trinceramenti o
accampamenti, e’ punito con la reclusione militare da sei mesi a tre
anni.

La stessa pena si applica a chiunque, senza autorizzazione, segue le
operazioni militari.

Art. 64.

(Esibizione, pubblicazione, vendita o distribuzione di cose
militari).

Chiunque, senza l’autorizzazione dell’Autorita’ militare, esibisce,
espone, pubblica, vende o distribuisce fotografie, disegni, modelli o
schizzi di cose concernenti la forza, la preparazione o la difesa
militare, ovvero delle posizioni delle forze armate dello Stato italiano
o di uno Stato alleato, e’ punito, se dal fatto puo’ derivare il
nocumento enunciato nel primo comma dell’articolo 59, con la reclusione
militare da uno a cinque anni.

Art. 65.

(Porto od uso di macchine fotografiche).

Chiunque, nella zona delle operazioni militari, senza permesso
dell’Autorita’ competente, porta o usa macchine fotografiche di
qualsiasi specie, e’ punito con la reclusione militare fino a un anno.

Art. 66.

(Rivelazione di segreti militari al nemico).

Il militare, che rivela al nemico, in tutto o in parte, lo stato o la
situazione delle forze armate terrestri, marittime o aeree, il piano di
una operazione o spedizione, gli accampamenti o le posizioni, i segnali
di qualunque natura, i luoghi di rifornimento, lo stato delle
provvigioni in armi, munizioni, combustibili, viveri o denari; o, in
generale, comunica al nemico documenti, oggetti o notizie, che possono
produrre il nocumento enunciato nel primo comma dell’articolo 59, o
comunque favorire le operazioni delle forze armate nemiche, ovvero
nuocere alle operazioni militari dello Stato italiano, e’ punito con la
morte con degradazione. ((38a))

Se dal fatto non puo’ derivare il vantaggio o il nocumento enunciato
nel comma precedente, si applica l’ergastolo.

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AGGIORNAMENTO (38a)

La L. 13 ottobre 1994, n. 589 ha disposto (con l’art. 1, comma 1) che
“Per i delitti previsti dal codice penale militare di guerra e dalle
leggi militari di guerra, la pena di morte e’ abolita ed e’ sostituita
dalla pena massima prevista dal codice penale”.

Art. 67.

(Procacciamento di notizie segrete, senza il fine di favorire il
nemico).

Il militare, che, senza il fine di favorire il nemico, si procura,
senza l’autorizzazione dell’Autorita’ competente, notizie concernenti la
forza, la preparazione o la difesa militare dello Stato e che devono
rimanere segrete, ovvero compie atti diretti a procurarsele, e’ punito
con la reclusione militare non inferiore a cinque anni.

Se il fatto ha compromesso la preparazione o la difesa militare dello
Stato, si applica la pena di morte mediante fucilazione nel petto. ((38a))

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AGGIORNAMENTO (38a)

La L. 13 ottobre 1994, n. 589 ha disposto (con l’art. 1, comma 1) che
“Per i delitti previsti dal codice penale militare di guerra e dalle
leggi militari di guerra, la pena di morte e’ abolita ed e’ sostituita
dalla pena massima prevista dal codice penale”.

Art. 68.

(Rivelazione di segreti militari, senza il fine di favorire il
nemico).

Il militare, che, senza il fine di favorire il nemico, comunica o,
comunque, rivela documenti, oggetti o notizie, concernenti la forza, la
preparazione o la difesa militare dello Stato e che devono rimanere
segreti, e’ punito con la reclusione militare non inferiore a dieci
anni.

Se il colpevole era, per ragione di ufficio o di servizio, in
possesso dei documenti o degli oggetti o a cognizione delle notizie, la
pena e’ della reclusione militare non inferiore a quindici anni.

Se il fatto ha compromesso la preparazione o la difesa militare dello
Stato, si applica la pena di morte mediante fucilazione nel petto. ((38a))

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AGGIORNAMENTO (38a)

La L. 13 ottobre 1994, n. 589 ha disposto (con l’art. 1, comma 1) che
“Per i delitti previsti dal codice penale militare di guerra e dalle
leggi militari di guerra, la pena di morte e’ abolita ed e’ sostituita
dalla pena massima prevista dal codice penale”.

Art. 69.

(Militare che ottiene le notizie indicate nell’articolo precedente).

Le pene stabilite dall’articolo precedente si applicano anche al
militare, che ottiene le notizie o la consegna degli oggetti o documenti
in esso indicati.

Art. 70.

(Istigazione od offerta per commettere spionaggio o rivelazione di
segreti militari).

Il militare, che istiga altri a commettere alcuno dei reati preveduti
dagli articoli 59, 62 e 66, ovvero si offre per commetterlo, e’ punito,
per cio’ solo, con la reclusione non inferiore a quindici anni.

Se l’istigazione o l’offerta si riferisce al reato preveduto
dall’articolo 68, la pena e’ della reclusione da cinque a quindici anni.

Art. 71.

(Agevolazione colposa).

Il militare, che, avendo, per ragione di ufficio o di servizio, la
custodia o il possesso delle cose indicate negli articoli 59, 66, 67 e
68, ovvero, per lo stesso motivo, essendo a cognizione delle notizie ivi
enunciate, ha reso possibile, o soltanto agevolato, per colpa, la
esecuzione di alcuno dei reati preveduti dagli articoli stessi, e’
punito con la reclusione militare da tre a dieci anni.

CAPO III
Della illecita raccolta,
pubblicazione e diffusione di notizie militari

Art. 72.

(Procacciamento di notizie riservate).

Fuori dei casi preveduti dall’articolo 59, chiunque si procura
notizie concernenti la forza, la preparazione o la difesa militare, la
dislocazione o i movimenti delle forze armate, il loro stato sanitario,
la disciplina o le operazioni militari, e ogni altra notizia che, non
essendo segreta, ha tuttavia carattere riservato, per esserne stata
vietata la divulgazione dall’Autorita’ competente, e’ punito, se il
fatto non costituisce un piu’ grave reato, con la reclusione militare da
due a dieci anni.

Art. 73.

(Diffusione di notizie riservate).

Chiunque diffonde o comunica alcuna delle notizie indicate
nell’articolo precedente e’ punito con la reclusione militare da cinque
a venti anni.

Se il fatto ha compromesso la preparazione o la difesa militare dello
Stato, si applica la reclusione militare non inferiore a quindici anni.

Art. 74.

(Agevolazione colposa).

Chiunque, essendo, per ragione di ufficio o di servizio, a cognizione
delle notizie indicate nell’articolo 72, ha reso possibile o soltanto
agevolato, per colpa, la esecuzione del reato ivi preveduto, e’ punito
con la reclusione militare da sei mesi a cinque anni.

Art. 75.

(Diffusione di particolari notizie d’interesse militare).

E’ punito con la reclusione militare da due a sei anni chiunque,
fuori del caso indicato nell’articolo 73, pubblica, mediante la stampa o
altro mezzo di diffusione, notizie non comunicate o non autorizzate dal
Governo o dai comandi militari, e concernenti:

1° il numero dei feriti, morti o prigionieri;

2° le nomine o i mutamenti nei comandi militari;

3° le previsioni sulle operazioni militari terrestri, marittime o
aeree;

4° gli avvenimenti, che abbiano relazione con le operazioni militari,
o con la condotta della guerra in generale.

Art. 76.

((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 18 MARZO 2003, N. 42))

Art. 77.

(Divulgazione di notizie false sull’ordine pubblico o su altre cose
di pubblico interesse).

Fuori dei casi preveduti dall’articolo 265 del codice penale,
chiunque diffonde o comunica, sull’ordine pubblico, sulla economia
nazionale o su altre cose di pubblico interesse, notizie non conformi a
verita’, che possono turbare la pubblica tranquillita’ o altrimenti
danneggiare pubblici interessi, e’ punito con la reclusione militare da
sei mesi a tre anni.

La pena e’ della reclusione militare da uno a cinque anni, se il
fatto e’ commesso con il fine di nuocere alla pubblica tranquillita’ o
ai pubblici interessi.

Art. 78.

(Comunicazione di notizie mediante corrispondenza).

Chiunque, nei luoghi in stato di guerra, spedisce corrispondenze per
qualsiasi destinazione, contenenti alcuna delle notizie indicate negli
articoli 72, 75 e 77, e’ punito, per cio’ solo, indipendentemente
dall’avvenuta consegna al destinatario, con la reclusione militare fino
a un anno.

Art. 79.

(Notizie sulle operazioni militari degli Stati belligeranti).

Quando negli articoli precedenti si fa riferimento a notizie
concernenti le operazioni militari, si intendono per tali le operazioni,
sia dello Stato italiano, sia degli altri Stati belligeranti, ancorche’
nemici.

Art. 80.

((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 18 MARZO 2003, N. 42))

Art. 81.

(Reati commessi in luoghi che non sono in stato di guerra).

Fuori del caso indicato nell’articolo 78, le disposizioni degli
articoli precedenti si applicano anche quando i reati da essi preveduti
siano commessi in luoghi che non sono in stato di guerra.

CAPO IV
Disposizioni comuni ai capi
precedenti

Art. 82.

(Fine di favorire lo Stato italiano).

Per i reati preveduti dai capi precedenti, la punibilita’ non e’
esclusa, se il colpevole ha agito con il fine di favorire lo Stato
italiano. Tuttavia, la pena puo’ essere diminuita.

Art. 83.

(Omesso rapporto).

Il militare, che, avendo notizia di alcuno dei reati preveduti dai
capi precedenti e per il quale la legge stabilisce la pena della
reclusione o della reclusione militare non inferiore nel massimo a
cinque anni, o una pena piu’ grave, non ne fa immediatamente rapporto ai
superiori, e’ punito con la reclusione militare da sei mesi a tre anni.

Se il colpevole e’ un ufficiale, si applica la reclusione militare da
due a quattro anni.

Art. 84.

(Parificazione degli Stati alleati).

Le pene stabilite dagli articoli 50 e seguenti si applicano anche
quando il reato e’ commesso a danno di uno Stato alleato con lo Stato
italiano.

CAPO V
Dell’arruolamento illecito di guerra

Art. 85.

(Nozione del reato; sanzione penale).

Chiunque induce un militare a passare al nemico, ovvero gliene
facilita i mezzi, e’ punito con la morte con degradazione. ((38a))

La stessa pena si applica a chiunque arruola o arma, per il nemico o
per insorgere contro lo Stato italiano, qualunque persona, ancorche’
estranea alle forze armate dello Stato.

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AGGIORNAMENTO (38a)

La L. 13 ottobre 1994, n. 589 ha disposto (con l’art. 1, comma 1) che
“Per i delitti previsti dal codice penale militare di guerra e dalle
leggi militari di guerra, la pena di morte e’ abolita ed e’ sostituita
dalla pena massima prevista dal codice penale”.

CAPO VI
Del disfattismo militare

Art. 86.

((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 18 MARZO 2003, N. 42))

Art. 87.

((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 31 GENNAIO 2002, N. 6))

Art. 88.

(Omessa consegna di manifesti o altre cose, diffusi dal nemico).

E’ punito con la reclusione militare fino a un anno chiunque, avendo
raccolto manifesti, manoscritti, stampati o altri oggetti lanciati, o
comunque diffusi, dal nemico, o essendone comunque venuto in possesso,
non ne fa immediata consegna ai suoi superiori, se militare, ovvero ai
carabinieri Reali o ad altra pubblica Autorita’.

CAPO VII
Della sedizione militare

Art. 89.

(Accordo di militari per commettere reati contro la fedelta’ o la
difesa militare).

Se piu’ militari si accordano per commettere alcuno dei reati di
attentato alla vita, all’incolumita’ o alla liberta’ personale o di
offesa alla liberta’, preveduti dagli articoli 48 e 49, ovvero alcuno
dei reati preveduti dagli articoli 50, 51, 59, 66 e 86, ciascuno di essi
e’ punito, per cio’ solo, con la reclusione non inferiore a cinque anni.

Non e’ punibile il militare, che recede dall’accordo prima che sia
cominciata la esecuzione del reato per cui l’accordo e’ intervenuto, e
anteriormente all’arresto ovvero al procedimento.

Le disposizioni di questo articolo si applicano anche nel caso di
accordo di piu’ militari per commettere alcuno dei reati di attentato
alla vita, all’incolumita’ o alla liberta’ personale, indicati
nell’articolo 77 del codice penale militare di pace.

Art. 90.

(Omesso rapporto).

Il militare, che, avendo avuto notizia del reato preveduto dal primo
comma dell’articolo precedente, omette o ritarda di farne rapporto ai
superiori, e’ punito con la reclusione militare da sei mesi a due anni.

Se il colpevole e’ un ufficiale, la pena e’ aumentata.

CAPO VIII
Della illecita navigazione aerea

Art. 91.

(Sorvolo arbitrario del territorio dello Stato. Inottemperanza agli
ordini dell’Autorita’ militare).

Chiunque, senza autorizzazione, con qualsiasi apparecchio o mezzo di
locomozione aerea, vola o s’innalza sul territorio dello Stato, e’
punito con la reclusione militare da sei mesi a tre anni.

La pena e’ aumentate, da un terzo alla meta’, se il colpevole non
obbedisce alla intimazione di discendere, o a qualsiasi altro ordine
dell’Autorita’ militare.

CAPO IX
Della comunicazione all’estero
d’invenzioni interessanti la difesa militare

Art. 92.

(Nozione del reato; sanzione penale).

Chiunque, senza autorizzazione dell’Autorita’ competente, comunica o
tenta di comunicare all’estero, direttamente o indirettamente, per
qualsiasi motivo e sotto qualsiasi forma, invenzioni, ancorche’ non
brevettate, che concernono materiale bellico, o interessano comunque la
difesa militare, e’ punito con la reclusione militare da uno a dieci
anni.

La stessa pena si applica a chi agevola la comunicazione all’estero.

Chiunque non usa tutti i mezzi di cui puo’ disporre, per impedire la
comunicazione all’estero, e’ punito con la reclusione militare fino a
cinque anni.

Se il colpevole di alcuno dei fatti suindicati e’ lo stesso autore o
titolare dell’invenzione o persona in essa comunque interessata, la
reclusione militare non e’ inferiore a due anni.

Se la comunicazione all’estero e’ avvenuta o e’ stata agevolata per
colpa, si applica la reclusione militare fino a tre anni.

CAPO X
Della violazione di ordinanze o di
altri provvedimenti militari

Art. 93.

(Nozione del reato; sanzione penale).

E’ punito con la reclusione militare fino a due anni, se il fatto non
costituisce un piu’ grave reato, chiunque non osserva le ordinanze
emanate o, in generale, i provvedimenti adottati dalla Autorita’
militare per assicurare la difesa militare, e, specialmente, per
regolare nei luoghi in stato di guerra:

1° l’accesso, la circolazione, il transito o il soggiorno;

2° la polizia ferroviaria;

3° i modi di protezione contro incursioni aeree nemiche;

4° le segnalazioni diurne o notturne;

5° il possesso di colombi viaggiatori;

6° l’uso di apparecchi telefonici, telegrafici, radiotelefonici,
radiotelegrafici, aeronautici e simili;

7° l’esercizio della caccia o della pesca.

TITOLO TERZO
DEI REATI CONTRO IL SERVIZIO IN
GUERRA
CAPO I
Della violazione di doveri inerenti al comando

Art. 94.

(Abbandono del comando).

Il comandante, che, senza giustificato motivo, abbandona o cede il
comando durante il combattimento o in presenza del nemico, ovvero in
circostanze tali da compromettere la sicurezza di forze militari, e’
punito con la morte mediante fucilazione nel petto. ((38a))

Se il fatto e’ commesso in qualsiasi altra circostanza di pericolo,
il comandante e’ punito con la reclusione militare non inferiore a
quindici anni.

Se il fatto e’ commesso fuori delle circostanze indicate nei commi
precedenti, si applica la reclusione militare fino a due anni.

La condanna importa la rimozione.

Agli effetti della legge penale militare, il reato s’intende commesso
durante il combattimento, se il fatto che lo costituisce e’ commesso
mentre l’azione bellica si svolge, o quando essa sta per cominciare.

((38a))

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AGGIORNAMENTO (38a)

La L. 13 ottobre 1994, n. 589 ha disposto (con l’art. 1, comma 1) che
“Per i delitti previsti dal codice penale militare di guerra e dalle
leggi militari di guerra, la pena di morte e’ abolita ed e’ sostituita
dalla pena massima prevista dal codice penale”.

Art. 95.

(Inottemperanza all’ordine di non attaccare il nemico).

Il comandante, che, fuori del caso di necessita’, attacca il nemico
contro l’ordine espresso del suo superiore, e’ punito con la morte
mediante fucilazione nel petto.

((38a))

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AGGIORNAMENTO (38a)

La L. 13 ottobre 1994, n. 589 ha disposto (con l’art. 1, comma 1) che
“Per i delitti previsti dal codice penale militare di guerra e dalle
leggi militari di guerra, la pena di morte e’ abolita ed e’ sostituita
dalla pena massima prevista dal codice penale”.

Art. 96.

(Inosservanza di speciali doveri inerenti al comando).

E’ punito con la reclusione militare da uno a sette anni il
comandante di un corpo di truppa ovvero di una o piu’ navi militari o di
uno o piu’ aeromobili militari:

1° che, senza speciali istruzioni contrarie, o senza giustificato
motivo, omette di attaccare il nemico o evita il combattimento, ovvero
non presta il necessario soccorso ad altra truppa o nave militare, o ad
altro aeromobile militare, che si trovi in combattimento o sia inseguito
dal nemico;

2° che, senza essere obbligato da speciali istruzioni o, comunque,
senza giustificato motivo, sospende l’inseguimento o la caccia di un
nemico battuto o di navi militari o mercantili, ovvero di aeromobili
militari o civili, in fuga;

3° che, senza giustificato motivo, omette di soccorrere una o piu’
navi ovvero uno o piu’ aeromobili, che abbiano bisogno di assistenza in
caso di pericolo, o rifiuta a navi della marina mercantile nazionale o
alleata o ad aeromobili nazionali o alleati l’assistenza, o la
protezione, che sia in grado di dare.

La condanna importa la rimozione.

Art. 97.

(Comandante che si lascia sorprendere dal nemico).

Il comandante, che, per colpa, si lascia sorprendere dal nemico, e’
punito con la reclusione militare da uno a cinque anni.

La condanna importa la rimozione.

Art. 98.

(Omissione di provvedimenti per la difesa militare).

Il comandante, che, per colpa, omette di provvedere ai mezzi
necessari alla difesa del forte, della piazza, dell’opera, del posto,
della nave o dell’aeromobile, di cui ha il comando, ovvero trascura di
porli in stato di resistere al nemico, e’ punito con la reclusione
militare fino a tre anni.

La reclusione militare e’ da uno a cinque anni, se dal fatto e’
derivato danno al servizio militare.

La condanna importa la rimozione.

Art. 99.

(Circostanze aggravanti).

Nei casi preveduti dai due articoli precedenti, si applica la
reclusione militare:

1° da due a sette anni, se dal fatto e’ derivata l’impossibilita’ di
eseguire un’operazione di guerra, di attaccare il nemico o di resistere
ad esso;

2° da quindici a ventiquattro anni, se dal fatto e’ derivata la
perdita del forte, della piazza, dell’opera, del posto, della nave o
dell’aeromobile.

La condanna importa la rimozione.

Art. 100.

(Omessa esecuzione di un incarico).

Il comandante, che, senza giustificato motivo, non esegue un ordine
di operazione militare o, comunque, un incarico affidatogli, e’ punito
con la morte mediante fucilazione nel petto. ((38a))

Se nel fatto ricorrono particolari circostanze, che attenuano la
responsabilita’ del colpevole, si applica la reclusione militare non
inferiore a cinque anni.

Se l’ordine o l’incarico non e’ eseguito per colpa, la pena e’ della
reclusione militare da uno a sette anni.

La condanna importa la rimozione.

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AGGIORNAMENTO (38a)

La L. 13 ottobre 1994, n. 589 ha disposto (con l’art. 1, comma 1) che
“Per i delitti previsti dal codice penale militare di guerra e dalle
leggi militari di guerra, la pena di morte e’ abolita ed e’ sostituita
dalla pena massima prevista dal codice penale”.

Art. 101.

(Inosservanza di istruzioni ricevute).

E’ punito con la reclusione militare fino a cinque anni il militare
incaricato di una spedizione o di una missione, che non ottempera, senza
giustificato motivo, alle istruzioni ricevute, se il fatto ha
pregiudicato l’esito della spedizione o della missione.

Se l’incarico e’ stato male eseguito per colpa, si applica la
reclusione militare fino a tre anni.

Art. 102.

(Omissione di cautele nella custodia di documenti, carte di bordo e
simili).

Il comandante, che, nel caso di cattura o di resa, non usa tutte le
cautele necessarie per sottrarre al nemico un piego ricevuto con la
condizione di aprirlo in tempo o in luogo determinato, ovvero per
impedire che cadano in potere del nemico le carte di bordo o altri
documenti, che possono facilitare al nemico il modo di meglio difendersi
o di maggiormente nuocere, e’ punito con la reclusione militare da due a
otto anni.

CAPO II
Della resa

Art. 103.

(Resa).

E’ punito con la morte mediante fucilazione nel petto il comandante,
che cede il forte, la piazza, l’opera, il posto, l’aeromobile, o ammaina
la bandiera della nave, o, comunque, da’ il segnale della resa, senza
avere esaurito i mezzi estremi di difesa o di resistenza e senza aver
fatto quanto gli era imposto dal dovere e dall’onore.

((38a))

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AGGIORNAMENTO (38a)

La L. 13 ottobre 1994, n. 589 ha disposto (con l’art. 1, comma 1) che
“Per i delitti previsti dal codice penale militare di guerra e dalle
leggi militari di guerra, la pena di morte e’ abolita ed e’ sostituita
dalla pena massima prevista dal codice penale”.

Art. 104.

(Resa colposa).

Il comandante, che, omettendo, per colpa, di provvedere ai mezzi
necessari alla difesa o alla resistenza contro il nemico, ha cagionato
la resa, e’ punito con la reclusione militare non inferiore a quindici
anni.

Se ricorrono particolari circostanze, che attenuano la
responsabilita’ del colpevole, la pena e’ diminuita.

Art. 105.

(Resa avvenuta a causa di rivolta o di altri reati).

Se la resa e’ avvenuta per causa di disobbedienza, di ammutinamento o
di rivolta, il comandante e gli ufficiali, che non hanno fatto uso dei
mezzi di cui potevano disporre, per costringere i loro dipendenti a
compiere il proprio dovere, sono puniti, per cio’ solo, con la
reclusione militare fino a tre anni; ferme le disposizioni dell’articolo
138 del codice penale militare di pace.

Art. 106.

(Resa in campo aperto).

E’ punito con la morte mediante fucilazione nel petto il comandante
di un corpo o reparto di truppa, che, in campo aperto, capitola o si
arrende, senza aver fatto quanto gli era imposto dal dovere e
dall’onore. ((38a))

Se nel fatto ricorrono particolari circostanze, che attenuano la
responsabilita’ del colpevole, la pena e’ della reclusione militare da
due a quindici anni.

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AGGIORNAMENTO (38a)

La L. 13 ottobre 1994, n. 589 ha disposto (con l’art. 1, comma 1) che
“Per i delitti previsti dal codice penale militare di guerra e dalle
leggi militari di guerra, la pena di morte e’ abolita ed e’ sostituita
dalla pena massima prevista dal codice penale”.

Art. 107.

(Violata solidarieta’ in caso di resa).

Il comandante, che, nel caso di resa, separa la sorte propria o degli
ufficiali da quella degli altri militari, e’ punito con la morte
mediante fucilazione nel petto.

((38a))

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AGGIORNAMENTO (38a)

La L. 13 ottobre 1994, n. 589 ha disposto (con l’art. 1, comma 1) che
“Per i delitti previsti dal codice penale militare di guerra e dalle
leggi militari di guerra, la pena di morte e’ abolita ed e’ sostituita
dalla pena massima prevista dal codice penale”.

CAPO III
Della codardia

Art. 108.

(Manifestazioni arbitrarie per arrendersi).

Il militare, che, durante il combattimento, senza ordine del
comandante, ammaina la bandiera o da’ altrimenti il segnale di
arrendersi o di cessare il fuoco, e’ punito con la morte mediante
fucilazione nel petto.

((38a))

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AGGIORNAMENTO (38a)

La L. 13 ottobre 1994, n. 589 ha disposto (con l’art. 1, comma 1) che
“Per i delitti previsti dal codice penale militare di guerra e dalle
leggi militari di guerra, la pena di morte e’ abolita ed e’ sostituita
dalla pena massima prevista dal codice penale”.

Art. 109.

(Incitamento alla resa).

Il militare, che, durante il combattimento, senza ordine del
comandante, incita a cessare il fuoco o ad ammainare la bandiera, o
comunque alla resa, e’ punito con la reclusione militare non inferiore a
dieci anni.

Art. 110.

(Manifestazioni di codardia).

Il militare, che, durante il combattimento o in caso di grave
pericolo, compie atti che possono incutere lo spavento o produrre il
disordine nelle truppe o negli equipaggi, e’ punito con la reclusione
militare da sei mesi a cinque anni. Se lo spavento o il disordine si
produce, la reclusione militare e’ da tre a dieci anni.

La condanna importa la rimozione.

Art. 111.

(Circostanza aggravante).

Nei casi preveduti dai due articoli precedenti, se dal fatto e’
derivato nocumento al buon esito del combattimento o alla resistenza
delle truppe o degli equipaggi, si applica la pena di morte mediante
fucilazione nel petto.

((38a))

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AGGIORNAMENTO (38a)

La L. 13 ottobre 1994, n. 589 ha disposto (con l’art. 1, comma 1) che
“Per i delitti previsti dal codice penale militare di guerra e dalle
leggi militari di guerra, la pena di morte e’ abolita ed e’ sostituita
dalla pena massima prevista dal codice penale”.

Art. 112.

(Sbandamento e altri fatti illeciti durante il combattimento).

E’ punito con la morte mediante fucilazione nel petto il militare,
che, durante il combattimento: ((38a))

1° si sbanda o comunque si allontana, ovvero eccita altri ad
allontanarsi;

2° si sottrae al combattimento, mettendosi in stato di ubriachezza,
mutilandosi, procurandosi infermita’ o imperfezioni, o simulandole;
ovvero compiendo altri atti o usando altri modi fraudolenti;

3° getta o deteriora le armi o le munizioni;

4° rifiuta di marciare contro il nemico o di compiere un servizio o
altra operazione di guerra; ovvero non fa tutta la possibile difesa, o
si arrende al nemico, senza avere esaurito gli estremi mezzi di
resistenza.

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AGGIORNAMENTO (38a)

La L. 13 ottobre 1994, n. 589 ha disposto (con l’art. 1, comma 1) che
“Per i delitti previsti dal codice penale militare di guerra e dalle
leggi militari di guerra, la pena di morte e’ abolita ed e’ sostituita
dalla pena massima prevista dal codice penale”.

Art. 113.

(Fatti collettivi).

Se alcuno dei fatti preveduti dagli articoli precedenti e’ commesso
da piu’ militari riuniti, la pena di morte si applica soltanto a quelli
che hanno determinato il fatto, e gli altri sono puniti con la
reclusione militare non inferiore a dieci anni. ((38a))

La condanna importa la rimozione.

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AGGIORNAMENTO (38a)

La L. 13 ottobre 1994, n. 589 ha disposto (con l’art. 1, comma 1) che
“Per i delitti previsti dal codice penale militare di guerra e dalle
leggi militari di guerra, la pena di morte e’ abolita ed e’ sostituita
dalla pena massima prevista dal codice penale”.

Art. 114.

(Omesso impedimento di sbandamento o di altri fatti di codardia).

Il militare, che, per timore di un pericolo o altro inescusabile
motivo, non usa ogni mezzo possibile per impedire la esecuzione di
alcuno dei fatti preveduti dall’articolo 112, che si commette in sua
presenza, e’ punito con la reclusione militare non inferiore a cinque
anni.

Art. 115.

(Mutilazione o simulazione di infermita’).

Fuori dei casi preveduti dal numero 2° dell’articolo 112, i reati di
mutilazione o simulazione di infermita’, commessi durante lo stato di
guerra, sono puniti secondo le disposizioni degli articoli 157 a 163 del
codice penale militare di pace, con l’aumento dalla meta’ a due terzi
delle pene ivi stabilite.

Le stesse disposizioni si applicano agli iscritti di leva e ai
militari in congedo, che commettono i fatti costituenti i reati
suindicati nello stato di leva o di congedo, ancorche’ posteriormente
non si verifichi la loro chiamata in servizio alle armi.

I militari in congedo assoluto, che, durante il congedo, commettono
uno dei fatti indicati nel primo comma, sono puniti con le stesse pene,
se sono chiamati in servizio alle armi.

Art. 116.

(Fraudolenta esclusione da reparti o enti mobilitati).

Chiunque, con abuso di autorita’, con false attestazioni o con altri
mezzi fraudolenti, procura indebitamente a un militare, idoneo alle
fatiche di guerra, la non assegnazione ai reparti o enti mobilitati
della sua arma, del suo corpo o della sua specialita’, e’ punito con la
reclusione militare da uno a cinque anni.

La pena e’:

1° della reclusione militare da tre a cinque anni, se il colpevole e’
pubblico ufficiale, medico, chirurgo o altro esercente una professione
sanitaria;

2° della reclusione militare da cinque a dieci anni, se il colpevole
e’ un ufficiale.

Il militare, che, con alcuno dei mezzi indicati nel primo comma,
ottiene indebitamente di non essere assegnato ai reparti o enti
mobilitati della sua arma, del suo corpo o della sua specialita’, e’
punito con la reclusione militare da tre a cinque anni.

Art. 117.

(Fraudolenta esonerazione dal servizio alle armi).

Chiunque, avendo, per ragione del suo ufficio, facolta’ di fare
richiesta di temporanea esonerazione dal servizio alle armi di militari
in congedo richiamati, ovvero di rilasciare dichiarazioni che a detta
esonerazione si riferiscono, attesta falsamente circostanze di fatto,
che possono dare motivo alla esonerazione stessa, e’ punito con la
reclusione militare da uno a cinque anni.

La stessa pena si applica a chiunque, avendo obbligo di dimettere i
militari che fruiscono di esonerarione temporanea, o di denunciare la
cessazione delle condizioni che avevano dato motivo alla esonerazione,
omette di farlo nel tempo stabilito.

Il militare, che fruisce della esonerazione temporanea ottenuta con
mezzi illeciti, e’ punito, per il solo fatto della esonerazione, con la
reclusione militare da tre a cinque anni.

Art. 118.

(Violazione, a causa di codardia, dei doveri militari).

Il militare, che, per timore di un pericolo personale, viola alcuno
dei doveri attinenti al servizio o alla disciplina, e’ punito, se il
fatto non costituisce un piu’ grave reato, con la reclusione militare
fino a due anni.

CAPO IV
Dell’abbandono di posto e della
violazione di consegna

Art. 119.

(Abbandono del posto durante il combattimento).

Il militare, che, durante il combattimento, abbandona il posto, e’
punito con la morte mediante fucilazione nel petto. ((38a))

Se al fatto hanno preso parte piu’ militari, si applicano le
disposizioni dell’articolo 113.

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AGGIORNAMENTO (38a)

La L. 13 ottobre 1994, n. 589 ha disposto (con l’art. 1, comma 1) che
“Per i delitti previsti dal codice penale militare di guerra e dalle
leggi militari di guerra, la pena di morte e’ abolita ed e’ sostituita
dalla pena massima prevista dal codice penale”.

Art. 120.

(Comandante che non tiene il posto di combattimento).

E’ punito con la morte mediante fucilazione nel petto il comandante,
che non tiene la nave o l’aeromobile al posto di combattimento
assegnatogli. ((38a))

Se il fatto e’ commesso per colpa, la pena e’ della reclusione
militare fino a dodici anni.

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AGGIORNAMENTO (38a)

La L. 13 ottobre 1994, n. 589 ha disposto (con l’art. 1, comma 1) che
“Per i delitti previsti dal codice penale militare di guerra e dalle
leggi militari di guerra, la pena di morte e’ abolita ed e’ sostituita
dalla pena massima prevista dal codice penale”.

Art. 121.

(Separazione dal capo).

Il comandante di una frazione qualunque delle forze navali o aeree,
che si separa dal suo capo, o che, costretto da forza maggiore o da
altro giustificato motivo a separarsi, omette di riunirsi al suo capo
nel piu’ breve tempo possibile, e’ punito con la reclusione militare non
inferiore a cinque anni.

Si applica la pena di morte mediante fucilazione nel petto, se il
fatto e’ commesso durante il combattimento o in presenza del nemico. ((38a))

Se il fatto e’ commesso per colpa, la pena e’ della reclusione
militare fino a cinque anni.

Le stesse pene si applicano a ogni altro militare, che cagiona alcuno
dei fatti indicati nei commi precedenti.

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AGGIORNAMENTO (38a)

La L. 13 ottobre 1994, n. 589 ha disposto (con l’art. 1, comma 1) che
“Per i delitti previsti dal codice penale militare di guerra e dalle
leggi militari di guerra, la pena di morte e’ abolita ed e’ sostituita
dalla pena massima prevista dal codice penale”.

Art. 122.

(Abbandono di convoglio).

Il comandante della scorta di un convoglio, che lo abbandona, e’
punito con la reclusione militare da sette a quindici anni.

Se, a causa del fatto, il convoglio o parte di esso e’ caduto in
potere del nemico, si applica la pena di morte mediante fucilazione nel
petto. ((38a))

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AGGIORNAMENTO (38a)

La L. 13 ottobre 1994, n. 589 ha disposto (con l’art. 1, comma 1) che
“Per i delitti previsti dal codice penale militare di guerra e dalle
leggi militari di guerra, la pena di morte e’ abolita ed e’ sostituita
dalla pena massima prevista dal codice penale”.

Art. 123.

(Separazione dal convoglio).

Il comandante della scorta di un convoglio, che rimane, per colpa,
separato da tutto il convoglio o da parte di esso, e’ punito con la
reclusione militare da sei mesi a tre anni.

Art. 124.

(Abbandono di posto o violata consegna da parte di militari di
sentinella, vedetta o scolta).

Il militare, che, essendo di sentinella, vedetta o scolta, abbandona
il posto o viola la consegna, e’ punito con la reclusione militare da
uno a dieci anni.

Se il fatto e’ commesso in presenza del nemico, la pena e’ della
reclusione militare non inferiore a quindici anni; e, se ha inoltre
compromesso la sicurezza del posto, della nave, dell’aeromobile, ovvero
di militari, si applica la pena di morte mediante fucilazione nel
petto. ((38a))

Le disposizioni dei commi precedenti si applicano altresi’:

1° ai militari e agli agenti della forza pubblica, che sono dislocati
lungo le linee ferroviarie, telegrafiche, telefoniche o altre vie di
comunicazione o di trasporto, per la tutela di esse;

2° ai militari, che compongono la scorta di qualsiasi mezzo di
trasporto terrestre, marittimo o aereo, con consegne determinate.

Il militare, che, essendo di sentinella, vedetta o scolta, si
addormenta, e’ punito con la reclusione militare da uno a sette anni.

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AGGIORNAMENTO (38a)

La L. 13 ottobre 1994, n. 589 ha disposto (con l’art. 1, comma 1) che
“Per i delitti previsti dal codice penale militare di guerra e dalle
leggi militari di guerra, la pena di morte e’ abolita ed e’ sostituita
dalla pena massima prevista dal codice penale”.

Art. 125.

(Abbandono di posto o violata consegna da parte di militari di
guardia o di servizio).

Fuori dei casi indicati nell’articolo precedente, il militare, che
abbandona il posto dove si trova di guardia o di servizio, ovvero viola
la consegna avuta, e’ punito con la reclusione militare da uno a sette
anni.

Se il fatto e’ commesso in presenza del nemico, la reclusione
militare e’ da sette a dieci anni; e, se ha inoltre compromesso la
sicurezza del posto, della nave o dell’aeromobile, ovvero di militari,
si applica la reclusione militare non inferiore a quindici anni.

Art. 126.

(Omesso raggiungimento del posto).

Il militare, che, senza giustificato motivo, non raggiunge, in caso
di allarme o di chiamata a raccolta, il posto di combattimento, e’
punito con la reclusione militare da cinque a dieci anni; e, se
l’assenza perdura durante il combattimento, con la morte mediante
fucilazione nel petto. ((38a))

Fuori delle circostanze prevedute dal comma precedente, il militare,
che, senza giustificato motivo, non raggiunge il posto in caso di
allarme o di chiamata a raccolta, e’ punito con la reclusione militare
da uno a tre anni; e, se il fatto e’ commesso in presenza del nemico,
con la reclusione militare da tre a sette anni.

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AGGIORNAMENTO (38a)

La L. 13 ottobre 1994, n. 589 ha disposto (con l’art. 1, comma 1) che
“Per i delitti previsti dal codice penale militare di guerra e dalle
leggi militari di guerra, la pena di morte e’ abolita ed e’ sostituita
dalla pena massima prevista dal codice penale”.

Art. 127.

(Procurata evasione di un prigioniero di guerra. Colpa del custode).

Il militare incaricato della scorta, vigilanza o custodia di un
prigioniero di guerra, che ne procura o facilita la evasione, e’ punito
con la reclusione militare da cinque a dieci anni.

Se la evasione del prigioniero di guerra avviene per colpa del
militare incaricato della scorta, vigilanza o custodia, la pena e’ della
reclusione militare da sei mesi a due anni.

Art. 128.

(Abbandono della nave o dell’aeromobile).

Il pilota, che abbandona la nave militare o la nave di un convoglio
sotto scorta o direzione militare, da lui condotti, e’ punito con la
reclusione da due a sette anni.

Se il fatto e’ commesso in caso di pericolo, la reclusione e’ da
cinque a quindici anni; e, se e’ commesso in presenza del nemico, la
pena e’ dell’ergastolo.

Le disposizioni dei commi precedenti si applicano anche a chi
esercita, relativamente a un aeromobile militare, funzioni analoghe a
quelle del pilota marittimo.

CAPO V
Della violazione di corrispondenze
militari

Art. 129.

(Apertura, soppressione, falsificazione, alterazione od omessa
consegna di ordini o dispacci).

Il militare, che indebitamente apre, sopprime, falsifica o non
consegna un ordine scritto o un dispaccio qualsiasi, che era incaricato
di portare, e’ punito, se il fatto non costituisce un piu’ grave reato,
con la reclusione militare da tre a dieci anni.

La stessa pena si applica al militare incaricato del servizio di
comunicazioni telegrafiche, radiotelegrafiche, telefoniche e simili, che
sopprime, trascrive infedelmente o comunque falsifica un ordine o un
dispaccio inerente al servizio.

Se il fatto ha compromesso la sicurezza dello Stato o di una parte
delle forze armate terrestri, marittime o aeree, si applica la pena di
morte mediante fucilazione nel petto. ((38a))

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AGGIORNAMENTO (38a)

La L. 13 ottobre 1994, n. 589 ha disposto (con l’art. 1, comma 1) che
“Per i delitti previsti dal codice penale militare di guerra e dalle
leggi militari di guerra, la pena di morte e’ abolita ed e’ sostituita
dalla pena massima prevista dal codice penale”.

Art. 130.

(Omessa distruzione di ordini o dispacci in caso di pericolo di
cattura).

Il militare, che, trovandosi in pericolo di cadere in potere del
nemico, omette di distruggere un ordine scritto o un dispaccio, che era
incaricato di portare, e’ punito con la reclusione militare da uno a
sette anni.

Art. 131.

(Smarrimento colposo di ordini o dispacci).

Il militare, che, per colpa, smarrisce un ordine scritto o un
dispaccio qualsiasi, che era incaricato di portare, e’ punito con la
reclusione militare da uno a sette anni.

Art. 132.

(Circostanze attenuanti).

Nei casi preveduti dai due articoli precedenti, se ricorrono
particolari circostanze, che attenuano la responsabilita’ del colpevole,
la pena e’ diminuita da un terzo a due terzi.

Art. 133.

(Rivelazione del contenuto di ordini o dispacci).

Il militare incaricato del servizio di comunicazioni telegrafiche,
radiotelegrafiche, telefoniche e simili, che rivela il contenuto di un
ordine o di un dispaccio inerente al servizio, affidatogli per la
trasmissione, per la ricezione o per il recapito, e’ punito, se il fatto
non costituisce un piu’ grave reato, con la reclusione militare da uno a
cinque anni; e, se trattasi di un segreto attinente al servizio, con la
reclusione militare da cinque a dieci anni.

CAPO VI
Del reato di ubriachezza

Art. 134.

(Ubriachezza procurata per sottrarsi a un servizio).

Fuori del caso preveduto dal numero 2° dell’articolo 112, il
militare, che, per sottrarsi all’adempimento di un servizio, si pone in
tale stato di ubriachezza, da escludere o menomare la sua capacita’ di
prestarlo, e’ punito con la reclusione militare da tre a sette anni.

Se trattasi di un servizio in presenza del nemico, si applica la
reclusione militare non inferiore a sette anni.

Se il fatto e’ commesso da militare comandante di un reparto o
preposto a un servizio o capo di posto, la pena e’ aumentata.

La condanna importa la rimozione.

Art. 135.

(Ubriachezza in servizio).

Il militare, che, comandato per qualsiasi servizio, si pone,
ancorche’ per colpa, in tale stato di ubriachezza, da escludere o
menomare la sua capacita’ di prestarlo, e’ punito con la reclusione
militare fino a tre anni.

Se trattasi di un servizio in presenza del nemico, si applica la
reclusione militare non inferiore a cinque anni.

Se il fatto e’ commesso da militare comandante di un reparto o
preposto a un servizio o capo di posto, la pena e’ aumentata.

La condanna importa la rimozione.

Art. 136.

(Ubriachezza fuori del servizio).

Fuori delle circostanze prevedute dagli articoli precedenti, il
militare, che e’ colto in stato di ubriachezza, e’ punito con la
reclusione militare fino a un anno.

Art. 137.

(Alterazione psichica determinata dall’uso di sostanze stupefacenti).

Agli effetti delle disposizioni degli articoli precedenti, allo stato
di ubriachezza e’ equiparato lo stato di alterazione psichica
determinato dall’azione di sostanze stupefacenti.

CAPO VII
Dei reati contro militari in
servizio

Art. 138.

(Forzata consegna).

Il militare, che in qualsiasi modo forza una consegna, e’ punito con
la reclusione militare da tre a sette anni.

Se il fatto e’ commesso con armi, ovvero da tre o piu’ persone
riunite, o se ne e’ derivato grave danno, la pena e’ aumentata.

Se il fatto e’ commesso durante il combattimento o, comunque, in
presenza del nemico, la reclusione militare e’ da cinque a quindici
anni; e, se la consegna aveva inoltre per oggetto la sicurezza di una
parte delle forze armate terrestri, marittime o aeree, di una fortezza
assediata o di un posto militare, e il fatto l’ha compromessa, ovvero ha
impedito un’operazione militare, si applica la pena di morte mediante
fucilazione nel petto. ((38a))

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AGGIORNAMENTO (38a)

La L. 13 ottobre 1994, n. 589 ha disposto (con l’art. 1, comma 1) che
“Per i delitti previsti dal codice penale militare di guerra e dalle
leggi militari di guerra, la pena di morte e’ abolita ed e’ sostituita
dalla pena massima prevista dal codice penale”.

Art. 139.

(Resistenza, minaccia o ingiuria a sentinella, vedetta o scolta).

Il militare, che non ottempera all’ingiunzione fatta da una
sentinella, vedetta o scolta, nella esecuzione di una consegna ricevuta,
e’ punito con la reclusione militare da uno a tre anni.

Si applica la reclusione militare da due a cinque anni al militare,
che minaccia o ingiuria una sentinella, vedetta o scolta.

Art. 140.

(Violenza a sentinella, vedetta o scolta).

Il militare, che usa violenza a una sentinella, vedetta o scolta, e’
punito con la reclusione militare da cinque a dieci anni.

Se la violenza e’ commessa con armi o da piu’ persone riunite, si
applica la reclusione militare non inferiore a quindici anni; e, se il
fatto ha compromesso la sicurezza del posto, della nave o
dell’aeromobile, la pena e’ della morte mediante fucilazione nel petto. ((38a))

Nei casi indicati nei commi precedenti, se il fatto costituisce un
piu’ grave reato preveduto dalla legge penale comune, si applicano le
pene da questa stabilite. Tuttavia, la pena detentiva temporanea e’
aumentata.

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AGGIORNAMENTO (38a)

La L. 13 ottobre 1994, n. 589 ha disposto (con l’art. 1, comma 1) che
“Per i delitti previsti dal codice penale militare di guerra e dalle
leggi militari di guerra, la pena di morte e’ abolita ed e’ sostituita
dalla pena massima prevista dal codice penale”.

Art. 141.

(Offese a persone in servizi speciali).

Le disposizioni dei tre articoli precedenti e quelle dell’articolo
143 del codice penale militare di pace, relative al reato di resistenza
alla forza armata, si applicano anche nel caso in cui alcuno dei fatti
ivi preveduti sia commesso contro:

1° i militari e gli agenti della forza pubblica, che sono dislocati
lungo le linee ferroviarie, telegrafiche, telefoniche o altre vie di
comunicazione o di trasporto, per la tutela di esse;

2° i militari, che compongono la scorta di qualsiasi mezzo di
trasporto terrestre, marittimo o aereo, con consegne determinate.

Art. 142.

(Impedimento a portatori di ordini militari).

Il militare, che, con violenza o inganno, ferma o trattiene militari
o altre persone, imbarcazioni, aeromobili o in generale, veicoli,
spediti con ordini o dispacci riflettenti il servizio militare, ovvero
sottrae dispacci o ne impedisce altrimenti la trasmissione, e’ punito
con la reclusione militare da dieci a venti anni.

Se il fatto ha compromesso la sicurezza dello Stato o di una parte
delle forze armate terrestri, marittime o aeree, la pena e’ della morte
mediante fucilazione nel petto. ((38a))

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AGGIORNAMENTO (38a)

La L. 13 ottobre 1994, n. 589 ha disposto (con l’art. 1, comma 1) che
“Per i delitti previsti dal codice penale militare di guerra e dalle
leggi militari di guerra, la pena di morte e’ abolita ed e’ sostituita
dalla pena massima prevista dal codice penale”.

CAPO VIII
Dei reati di assenza dal servizio
SEZIONE I
Della diserzione

Art. 143.

(Diserzione al nemico).

Il militare, che passa al nemico, o che, a fine di passare al nemico,
abbandona, in presenza di questo, il corpo, la nave o l’aeromobile, e’
punito con la morte con degradazione.

((38a))

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AGGIORNAMENTO (38a)

La L. 13 ottobre 1994, n. 589 ha disposto (con l’art. 1, comma 1) che
“Per i delitti previsti dal codice penale militare di guerra e dalle
leggi militari di guerra, la pena di morte e’ abolita ed e’ sostituita
dalla pena massima prevista dal codice penale”.

Art. 144.

(Diserzione in presenza del nemico).

Il militare, che, appartenendo a un reparto in presenza del nemico, o
essendo comandato a eseguire opere militari in presenza del nemico, si
allontana, senza autorizzazione, dal reparto o dal posto di lavoro, e’
considerato immediatamente disertore, ed e’ punito con la morte mediante
fucilazione nel petto.

((38a))

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AGGIORNAMENTO (38a)

La L. 13 ottobre 1994, n. 589 ha disposto (con l’art. 1, comma 1) che
“Per i delitti previsti dal codice penale militare di guerra e dalle
leggi militari di guerra, la pena di morte e’ abolita ed e’ sostituita
dalla pena massima prevista dal codice penale”.

Art. 145.

(Mancata presentazione o mancato ritorno al reparto o al posto di
lavoro, in presenza del nemico).

Commette il reato di diserzione, ed e’ punito con la morte mediante
fucilazione nel petto, il militare: ((38a))

1° che, essendo destinato a un reparto in presenza del nemico, non lo
raggiunge, senza giusto motivo, nei due giorni successivi a quello
prefisso;

2° che, appartenendo a un reparto in presenza del nemico, e,
trovandosi legittimamente assente, non vi ritorna, senza giusto motivo,
nei due giorni successivi a quello prefisso.

Le stesse disposizioni si applicano al militare, che, comandato a
eseguire opere militari in presenza del nemico, non raggiunge il posto
di lavoro o non vi ritorna, senza giusto motivo, nei due giorni
successivi a quello prefisso.

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AGGIORNAMENTO (38a)

La L. 13 ottobre 1994, n. 589 ha disposto (con l’art. 1, comma 1) che
“Per i delitti previsti dal codice penale militare di guerra e dalle
leggi militari di guerra, la pena di morte e’ abolita ed e’ sostituita
dalla pena massima prevista dal codice penale”.

Art. 146.

(Diserzione fuori della presenza del nemico).

Fuori dei casi preveduti dagli articoli precedenti, commette il reato
di diserzione, ed e’ punito con la reclusione militare non inferiore a
cinque anni, tenuto conto della durata dell’assenza, il militare:

1° che, essendo in servizio alle armi, si allontana senza
autorizzazione dal reparto e ne rimane assente per un giorno;

2° che, essendo in servizio alle armi e trovandosi legittimamente
assente, non si presenta, senza giusto motivo, nei due giorni successivi
a quello prefisso.

La condanna importa la rimozione.

((6a))

———–

AGGIORNAMENTO (6a)

Il D.P.R. 11 luglio 1959, n. 460 ha disposto (con l’art. 1, comma 1,
lettera e)) che “E’ concessa amnistia […] per i reati di assenza dal
servizio, preveduti dagli articoli 146 e 147, prima, parte, e 151 del
Codice penale militare di guerra, commessi dall’8 settembre 1943 al 15
aprile 1946, se il militare si e’ presentato nel termine previsto
dall’art. 15 del decreto Presidenziale 22 giugno 1946, n. 4, ovvero se
la classe di appartenenza e’ stata collocata in congedo”.

Ha inoltre disposto (con l’art. 15, comma 1) che “Salvo quanto
disposto dall’art. 1, lettere a) ed e), l’amnistia e l’indulto hanno
efficacia per i reati commessi lino a tutto il 23 ottobre 1958”.

Art. 147.

(Diserzione reiterata).

La pena stabilita dall’articolo precedente e’ aumentata da un terzo
alla meta’ per il militare, che, durante lo stato di guerra, commette
per la seconda volta il reato di diserzione.

Si applica la pena di morte mediante fucilazione nel petto al
militare, che, durante lo stato di guerra, commette per la terza volta
il reato di diserzione.

(6a) ((38a))

———–

AGGIORNAMENTO (6a)

Il D.P.R. 11 luglio 1959, n. 460 ha disposto (con l’art. 1, comma 1,
lettera e)) che “E’ concessa amnistia […] per i reati di assenza dal
servizio, preveduti dagli articoli 146 e 147, prima, parte, e 151 del
Codice penale militare di guerra, commessi dall’8 settembre 1943 al 15
aprile 1946, se il militare si e’ presentato nel termine previsto
dall’art. 15 del decreto Presidenziale 22 giugno 1946, n. 4, ovvero se
la classe di appartenenza e’ stata collocata in congedo”.

Ha inoltre disposto (con l’art. 15, comma 1) che “Salvo quanto
disposto dall’art. 1, lettere a) ed e), l’amnistia e l’indulto hanno
efficacia per i reati commessi lino a tutto il 23 ottobre 1958”.

-----------------

AGGIORNAMENTO (38a)

La L. 13 ottobre 1994, n. 589 ha disposto (con l’art. 1, comma 1) che
“Per i delitti previsti dal codice penale militare di guerra e dalle
leggi militari di guerra, la pena di morte e’ abolita ed e’ sostituita
dalla pena massima prevista dal codice penale”.

Art. 148.

(Circostanza aggravante: passaggio all’estero).

Se il colpevole, per sottrarsi all’obbligo del servizio militare, si
reca all’estero, la pena stabilita dall’articolo 146 e’ aumentata.

Art. 149.

(Circostanza aggravante: diserzione previo accordo).

La pena stabilita dall’articolo 146 e’ aumentata da un terzo alla
meta’, quando la diserzione sia commessa da tre o piu’ militari, previo
accordo.

Si applica la pena di morte mediante fucilazione nel petto a coloro
che hanno promosso od organizzato la diserzione. ((38a))

-----------------

AGGIORNAMENTO (38a)

La L. 13 ottobre 1994, n. 589 ha disposto (con l’art. 1, comma 1) che
“Per i delitti previsti dal codice penale militare di guerra e dalle
leggi militari di guerra, la pena di morte e’ abolita ed e’ sostituita
dalla pena massima prevista dal codice penale”.

Art. 150.

(Diserzione immediata).

Le pene stabilite dagli articoli 146, 147, 148 e 149 si applicano
altresi’ nei casi di diserzione immediata, preveduti dall’articolo 149
del codice penale militare di pace.

Nel caso preveduto dal numero 5° dell’articolo 149 del codice penale
militare di pace, le pene indicate nel comma precedente, si applicano
altresi’ alla persona che si sostituisce al militare disertore.
Tuttavia, la pena puo’ essere diminuita.

Sezione II
Della mancanza alla chiamata

Art. 151.

(Nozione del reato; sanzione penale).

Nel caso di mobilitazione, o durante lo stato di guerra, l’iscritto
di leva arruolato o il militare in congedo, che, senza giusto motivo,
non si presenta alle armi nei due giorni successivi a quello prefisso,
e’ punito con la reclusione militare non inferiore a due anni, tenuto
conto della durata dell’assenza.

La condanna importa la rimozione.

((6a))

———–

AGGIORNAMENTO (6a)

Il D.P.R. 11 luglio 1959, n. 460 ha disposto (con l’art. 1, comma 1,
lettera e)) che “E’ concessa amnistia […] per i reati di assenza dal
servizio, preveduti dagli articoli 146 e 147, prima, parte, e 151 del
Codice penale militare di guerra, commessi dall’8 settembre 1943 al 15
aprile 1946, se il militare si e’ presentato nel termine previsto
dall’art. 15 del decreto Presidenziale 22 giugno 1946, n. 4, ovvero se
la classe di appartenenza e’ stata collocata in congedo”.

Ha inoltre disposto (con l’art. 15, comma 1) che “Salvo quanto
disposto dall’art. 1, lettere a) ed e), l’amnistia e l’indulto hanno
efficacia per i reati commessi lino a tutto il 23 ottobre 1958”.

Art. 152.

(Circostanza aggravante: passaggio all’estero).

Nel caso preveduto dall’articolo precedente, se il colpevole, per
sottrarsi all’obbligo del servizio militare, si reca all’estero, la pena
e’ aumentata da un terzo alla meta’.

Art. 153.

(Iscritto di leva o militare in congedo che si fa sostituire).

L’iscritto di leva arruolato o il militare in congedo, che, chiamato
in servizio alle armi in alcuno dei casi indicati nell’articolo 151, non
si presenta, facendosi sostituire, e’ considerato immediatamente
mancante alla chiamata, ed e’ punito con la pena stabilita dall’articolo
stesso, aumentata dalla meta’ a due terzi.

Art. 154.

(Persona che sostituisce l’iscritto di leva o il militare in congedo
chiamato alle armi).

Nel caso preveduto dall’articolo precedente, colui che si sostituisce
alla persona chiamata in servizio alle armi e’ punito con la pena ivi
stabilita. Tuttavia, la pena puo’ essere diminuita.

Sezione III
Disposizioni comuni alle sezioni
precedenti

Art. 155.

((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 31 GENNAIO 2002, N. 6))

Art. 156.

(Circostanza attenuante).

Nei casi preveduti dalle sezioni precedenti, le pene stabilite per i
reati di diserzione e di mancanza alla chiamata possono essere
diminuite, se il colpevole si costituisce prima che siano trascorsi
dieci giorni di assenza.

CAPO IX
Dell’abbandono di ufficio

Art. 157.

(Allontanamento dalla residenza).

Nel territorio delle operazioni militari, i funzionari, gli impiegati
civili e i salariati dello Stato, gli amministratori, i funzionari, gli
impiegati e i salariati delle provincie, dei comuni, delle istituzioni
pubbliche di beneficenza e di ogni altro istituto o stabilimento
pubblico, i notai, i medici, i farmacisti e ogni altra persona esercente
una professione o un’arte sanitaria, che si allontanano dalla loro
residenza, senza l’autorizzazione dell’Autorita’ militare, sono puniti
con la reclusione militare fino a due anni.

Se il fatto e’ commesso da tre o piu’ persone, previo accordo, la
pena e’ aumentata da un terzo alla meta’.

Le disposizioni dei commi precedenti non si applicano relativamente
ai Prefetti.

CAPO X
Del danneggiamento di opere o altre
cose militari

Art. 158.

(Distruzione o sabotaggio di opere o altre cose militari).

E’ punito con la reclusione non inferiore a quindici anni chiunque,
nei luoghi in stato di guerra:

1° rimuove, distrugge o rende inservibili, in tutto o in parte, anche
temporaneamente, navi, aeromobili, convogli, strade, stabilimenti,
depositi, macchinari o altri ordegni di guerra, linee o apparecchi
telegrafici, radiotelegrafici o telefonici e simili, ovvero lavori o
altre opere di difesa militare, chiusure, recinti e simili, costruiti
per uno scopo militare, o ad esso destinati;

2° getta o rende inservibili, in tutto o in parte, o deteriora le
armi o le munizioni.

Si applica la pena di morte con degradazione, se il fatto ha
compromesso la preparazione o la efficienza bellica dello Stato, ovvero
le operazioni militari. ((38a))

Se il fatto e’ commesso per colpa, si applica la reclusione militare
da uno a dieci anni.

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AGGIORNAMENTO (38a)

La L. 13 ottobre 1994, n. 589 ha disposto (con l’art. 1, comma 1) che
“Per i delitti previsti dal codice penale militare di guerra e dalle
leggi militari di guerra, la pena di morte e’ abolita ed e’ sostituita
dalla pena massima prevista dal codice penale”.

Art. 159.

(Rimozione, distruzione od omissione di segnali, cartelli e simili).

Chiunque, nei luoghi in stato di guerra, rimuove, distrugge o rende
inservibili, in tutto o in parte, anche temporaneamente, o fa mancare i
segnali, cartelli o apparecchi collocati per la sicurezza delle linee o
vie terrestri, marittime o aeree di comunicazione o trasporto, o
destinati, in generale, a un pubblico servizio, e’ punito con la
reclusione militare da due a dieci anni.

Art. 160.

(Uccisione, danneggiamento o dispersione di animali adibiti come
mezzo militare di comunicazione).

Chiunque uccide o deteriora colombi viaggiatori o altri animali
adibiti al servizio militare di comunicazione, o ne cagiona la
dispersione, o in qualsiasi altro modo interrompe il servizio militare
di comunicazione o di segnalazione eseguito con tali mezzi, e’ punito
con la reclusione militare da uno a sette anni.

Se il fatto e’ commesso per colpa, si applica la reclusione militare
fino a un anno.

Art. 161.

(Distruzione, danneggiamento o ritardata navigazione di navi
mercantili o di aeromobili civili).

Chiunque distrugge o rende inservibili, in tutto o in parte, anche
temporaneamente, navi mercantili o aeromobili civili, comunque destinati
ai trasporti o alle pubbliche comunicazioni, ovvero ne ritarda la
navigazione, e’ punito con la reclusione militare non inferiore a un
anno; e, se dal fatto e’ derivato pericolo per la vita delle persone,
con la reclusione militare non inferiore a cinque anni.

Se il fatto e’ commesso per colpa, la reclusione militare e’ da uno a
sette anni.

Se il fatto e’ commesso durante il viaggio della nave o
dell’aeromobile, ovvero all’estero, le pene suindicate sono aumentate.

Se il colpevole e’ l’armatore o il capitano o altra persona
dell’equipaggio, le pene medesime sono aumentate dalla meta’ a due
terzi.

CAPO XI
Dell’inadempimento e della frode in
forniture militari

Art. 162.

(Inadempimento di contratti di forniture militari).

Chiunque, non adempiendo gli obblighi che gli derivano da un
contratto di fornitura o di appalto, fa mancare, in tutto o in parte,
cose od opere destinate ai bisogni delle forze armate dello Stato, e’
punito con la reclusione da cinque a quindici anni.

Se la fornitura e’ soltanto ritardata, si applica la reclusione da
tre a dieci anni.

Se il fatto e’ commesso per colpa, si applica la reclusione militare
da uno a sette anni.

Le stesse disposizioni si applicano ai subfornitori, ai mediatori e
ai rappresentanti dei fornitori, allorche’ essi, violando i loro
obblighi contrattuali, hanno cagionato l’inadempimento del contratto di
fornitura.

Art. 163.

(Frode in forniture, militari).

Chiunque commette frode nella specie, qualita’ o quantita’ delle cose
od opere indicate nell’articolo precedente, e’ punito con la reclusione
non inferiore a quindici anni.

Se dalla frode e’ derivato grave nocumento alla salute dei
combattenti ovvero alle operazioni militari, la pena e’ dell’ergastolo;
e, se ricorrono inoltre circostanze di particolare gravita’, della morte
con degradazione. ((38a))

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AGGIORNAMENTO (38a)

La L. 13 ottobre 1994, n. 589 ha disposto (con l’art. 1, comma 1) che
“Per i delitti previsti dal codice penale militare di guerra e dalle
leggi militari di guerra, la pena di morte e’ abolita ed e’ sostituita
dalla pena massima prevista dal codice penale”.

CAPO XII
Disposizioni relative all’uso
dell’uniforme e dei distintivi militari

Art. 164.

(Uso indebito dell’uniforme e dei distintivi militari).

Chiunque abusivamente porta in pubblico l’uniforme o i segni
distintivi di grado delle forze armate dello Stato italiano, e’ punito
con la reclusione militare fino a un anno.

Se il colpevole e’ un militare, si applica la reclusione militare da
sei mesi a due anni.

TITOLO QUARTO
DEI REATI CONTRO LE LEGGI E GLI
USI DELLA GUERRA
CAPO I
Disposizioni generali

Art. 165.

(Applicazione della legge penale militare di guerra in relazione ai
conflitti armati)

Le disposizioni del presente titolo si applicano in ogni caso di
conflitto armato, indipendentemente dalla dichiarazione dello stato di
guerra.

((Ai fini della legge penale militare di guerra, per
conflitto armato si intende il conflitto in cui una almeno delle parti
fa uso militarmente organizzato e prolungato delle armi nei confronti di
un’altra per lo svolgimento di operazioni belliche.


In attesa dell’emanazione di una normativa che
disciplini organicamente la materia, le disposizioni del presente titolo
si applicano alle operazioni militari armate svolte all’estero dalle
forze armate italiane))
.

Art. 166.

(Esecuzione delle condanne contro militari nemici).

La esecuzione delle condanne pronunciate da tribunali militari di
guerra italiani contro militari nemici o altre persone appartenenti alle
forze armate nemiche, ovvero contro abitanti del territorio dello Stato
nemico occupato dalle forze armate italiane, non e’ differita a’ termini
dell’articolo 29, salvo che sia diversamente disposto con accordi fra lo
Stato italiano e lo Stato a cui appartengono i condannati.

Ove le condanne debbano eseguirsi, nella esecuzione si osservano le
norme stabilite dal codice penale militare di pace sulla sostituzione
delle pene; sostituendo per i militari le pene militari alle comuni, e
per i non militari le pene comuni alle militari.

CAPO II
Degli atti illegittimi o arbitrari di
ostilita’

Art. 167.

(Atti di ostilita’ commessi da persone diverse dai legittimi
belligeranti).

Chiunque compie atti di guerra contro lo Stato italiano o a danno
delle sue forze armate od opere o cose militari, senza avere la qualita’
di legittimo belligerante, e’ punito, se il fatto non e’ preveduto come
reato da una speciale disposizione di legge, con la pena di morte
mediante fucilazione nel petto. ((38a))

Se ricorrono particolari circostanze, che attenuano l’entita’ del
fatto o la responsabilita’ del colpevole, si applica la reclusione
militare non inferiore a cinque anni.

-----------------

AGGIORNAMENTO (38a)

La L. 13 ottobre 1994, n. 589 ha disposto (con l’art. 1, comma 1) che
“Per i delitti previsti dal codice penale militare di guerra e dalle
leggi militari di guerra, la pena di morte e’ abolita ed e’ sostituita
dalla pena massima prevista dal codice penale”.

Art. 168.

(Prolungamento arbitrario delle ostilita’).

Il comandante, che, fuori dei casi di necessaria reazione o,
comunque, senza giustificato motivo, prolunga le ostilita’, dopo aver
ricevuto comunicazione ufficiale di una sospensione d’armi, di un
armistizio o della conclusione della pace, e’ punito con la reclusione
militare non inferiore a dieci anni.

Art. 169.

(Omissione di provvedere alla cessazione delle ostilita’).

Il comandante, che, avendo ricevuto comunicazione ufficiale di una
sospensione d’armi, di un armistizio o della conclusione della pace,
omette per colpa, di disporre prontamente che le forze militari
dipendenti dal suo comando cessino dalle ostilita’, e’ punito, per cio’
solo, con la reclusione militare da uno a dieci anni.

Art. 170.

(Violazione della sospensione d’armi o dell’armistizio).

Il comandante, che, fuori dei casi di necessaria reazione o,
comunque, senza giustificato motivo, commette, durante la sospensione
d’armi o l’armistizio, atti di ostilita’ contro il nemico, con il quale
fu stipulata la sospensione d’armi o l’armistizio, e’ punito con la
reclusione militare non inferiore a dieci anni.

La pena e’ della morte mediante fucilazione nel petto, se gli atti
hanno esposto lo Stato alla ripresa delle ostilita’. ((38a))

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AGGIORNAMENTO (38a)

La L. 13 ottobre 1994, n. 589 ha disposto (con l’art. 1, comma 1) che
“Per i delitti previsti dal codice penale militare di guerra e dalle
leggi militari di guerra, la pena di morte e’ abolita ed e’ sostituita
dalla pena massima prevista dal codice penale”.

Art. 171.

(Passaggio arbitrario delle linee dell’armistizio).

Chiunque, senza autorizzazione, passa o tenta di passare le linee
dell’armistizio, e’ punito con la reclusione militare da uno a cinque
anni.

Art. 172.

(Atti ostili contro uno Stato neutrale o alleato).

Il comandante, che, senza l’autorizzazione del Governo, o fuori dei
casi di necessita’, compie atti ostili contro uno Stato neutrale o
alleato, e’ punito con la reclusione militare da tre a dieci anni.

Se gli atti ostili sono tali da esporre lo Stato italiano o i suoi
cittadini ovunque residenti, o chiunque goda della protezione delle
leggi dello Stato, al pericolo di rappresaglie o di ritorsioni la pena
e’ della reclusione militare da cinque a dodici anni. Se segue la
rottura delle relazioni diplomatiche, o se avvengono le ritorsioni o le
rappresaglie, la pena e’ della reclusione militare da sette a quindici
anni.

Se gli atti sono tali da esporre lo Stato italiano al pericolo di una
guerra, si applica la reclusione militare non inferiore a dodici anni.

Se, per effetto degli atti ostili, la guerra avviene, ovvero e’
derivato incendio o devastazione o la morte di una o piu’ persone, la
pena e’ della morte mediante fucilazione nel petto. ((38a))

La condanna importa la rimozione.

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AGGIORNAMENTO (38a)

La L. 13 ottobre 1994, n. 589 ha disposto (con l’art. 1, comma 1) che
“Per i delitti previsti dal codice penale militare di guerra e dalle
leggi militari di guerra, la pena di morte e’ abolita ed e’ sostituita
dalla pena massima prevista dal codice penale”.

Art. 173.

(Eccesso colposo).

Nei casi indicati dagli articoli 168, 170 e 172, se il comandante
eccede colposamente i limiti della autorizzazione o della necessita’,
alla pena di morte e’ sostituita la reclusione militare non inferiore a
cinque anni, e le altre pene sono diminuite da un terzo a due terzi;
ferma la pena accessoria della rimozione.

((38a))

-----------------

AGGIORNAMENTO (38a)

La L. 13 ottobre 1994, n. 589 ha disposto (con l’art. 1, comma 1) che
“Per i delitti previsti dal codice penale militare di guerra e dalle
leggi militari di guerra, la pena di morte e’ abolita ed e’ sostituita
dalla pena massima prevista dal codice penale”.

CAPO III
Degli atti illeciti di guerra
Sezione I
Dell’abuso dei mezzi per nuocere al nemico

Art. 174.

(Comandante che ordina o autorizza l’uso di mezzi di guerra vietati).

Il comandante di una forza militare, che, per nuocere al nemico,
ordina o autorizza l’uso di alcuno dei mezzi o dei modi di guerra
vietati dalla legge o dalle convenzioni internazionali, o comunque
contrari all’onore militare, e’ punito con la reclusione non inferiore a
cinque anni, salvo che il fatto sia preveduto come reato da una speciale
disposizione di legge.

Se dal fatto e’ derivata strage, si applica la reclusione non
inferiore a dieci anni.

Art. 175.

(Uso di mezzi di guerra vietati, da parte di persona diversa dal
comandante).

Le pene stabilite dall’articolo precedente si applicano anche a
chiunque, per nuocere al nemico, adopera mezzi o usa modi vietati dalla
legge o dalle convenzioni internazionali, o comunque contrari all’onore
militare. Tuttavia, la pena puo’ essere diminuita.

Art. 176.

(Rappresaglie ordinate fuori dei casi preveduti dalla legge).

Il comandante, che ordina di eseguire atti di ostilita’ a titolo di
rappresaglia fuori dei casi in cui questa e’ consentita dalla legge o
dalle convenzioni internazionali, o non ne ordina la cessazione quando
ha ricevuto comunicazione ufficiale che l’avversario ha dato riparazione
del fatto illecito, e’ punito con la reclusione militare da tre a dieci
anni.

Art. 177.

(Violenza proditoria. Resa a discrezione).

Chiunque, violando la legge o le convenzioni internazionali, usa
proditoriamente violenza a una persona appartenente allo Stato nemico,
e’ punito con la reclusione da uno a quindici anni, se dal fatto e’
derivata una lesione personale, e con l’ergastolo, se dal fatto e’
derivata la morte.

Le stesse pene si applicano, se la violenza e’ usata, ancorche’ non
proditoriamente, sopra la persona di un nemico, che si sia arreso a
discrezione.

Art. 178.

(Comandante che omette il preavviso in caso di bombardamento).

E’ punito con la reclusione militare fino a tre anni il comandante
delle forze di investimento, che, fuori del caso di necessita’ delle
operazioni militari, omette, prima di cominciare il bombardamento, di
fare quanto e’ possibile per darne comunicazione alle Autorita’ della
piazza nemica, a norma della legge o delle convenzioni internazionali.

Art. 179.

(Comandante che omette di adottare provvedimenti per la protezione di
edifici, luoghi e cose che devono essere rispettati).

E’ punito con la reclusione militare fino a tre anni il comandante
delle forze d’investimento, che omette di adottare i provvedimenti
preveduti dalla legge o dalle convenzioni internazionali per assicurare
il rispetto:

1° degli ospedali e di ogni altro edificio o luogo di ricovero o cura
di infermi o feriti, di formazioni sanitarie mobili o di stabilimenti
fissi per il servizio sanitario, di navi-ospedale, di navi ospedaliere,
di aeromobili sanitari addetti al servizio militare, di monumenti
storici o di edifici destinati alle scienze, alle arti, alla beneficenza
o all’esercizio di un culto, quando essi non siano in pari tempo
adoperati a fini militari e siano designati mediante i segni distintivi
preveduti dalle convenzioni internazionali o, comunque, preventivamente
comunicati al nemico, e facilmente visibili anche a grande distanza e a
quota elevata;

2° dei beni degli Stati neutrali e delle sedi delle loro
rappresentanze diplomatiche o consolari, quando non vengano usati a fini
militari e siano individuati dalla loro bandiera nazionale, visibile
anche a grande distanza e a quota elevata.

La stessa pena si applica al comandante della piazza investita, che
omette di designare gli ospedali, i luoghi, i monumenti e gli edifici
predetti mediante segni visibili, comunicati al comandante delle forze
assedianti a norma della legge o delle convenzioni internazionali.

Art. 180.

(Uso indebito di segni e distintivi di protezione e di bandiere).

E’ punito con la reclusione militare fino a sette anni chiunque usa
indebitamente:

1° i segni distintivi legalmente adottati per assicurare il rispetto
e la protezione degli ospedali, dei luoghi, delle formazioni, degli
stabilimenti, dei monumenti, degli edifici e dei beni, indicati
nell’articolo precedente;

2° i segni distintivi della Croce Rossa, delle altre associazioni di
soccorso autorizzate, delle navi-ospedale, delle navi ospedaliere o
delle rispettive imbarcazioni, e degli aeromobili sanitari adibiti al
servizio militare;

3° i distintivi internazionali di protezione;

4° la bandiera parlamentare.

La stessa pena si applica a chiunque usa indebitamente bandiere,
insegne o uniformi militari diverse da quelle nazionali.

Art. 181.

(Vilipendio dei distintivi di protezione).

Chiunque vilipende i distintivi internazionali di protezione e’
punito con la reclusione militare fino a tre anni.

Art. 182.

(Costringimento di sudditi nemici a partecipare alle operazioni
militari o a favorirle).

Il militare, che, nel territorio dello Stato nemico occupato dalle
forze armate dello Stato italiano, o in qualsiasi altro luogo, costringe
un suddito nemico a partecipare ad azioni di guerra contro il proprio
paese, ovvero a favorirne in qualsiasi modo l’esecuzione, e’ punito con
la reclusione militare non inferiore a tre anni.

La disposizione del comma precedente non si applica, se il fatto e’
commesso contro sudditi nemici, che possiedono in pari tempo la
nazionalita’ italiana, o che, comunque, siano soggetti agli obblighi del
servizio militare, a norma della legge sulla cittadinanza.

Art. 183.

((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 31 GENNAIO 2002, N. 6))

Art. 184.

(Violazione di salvaguardia o di salvacondotto).

Chiunque, senza giustificato motivo, usa violenza contro persona
protetta da salvaguardia o da salvacondotto, oppure arbitrariamente
s’introduce in alcuno dei luoghi protetti da salvaguardia, e’ punito con
la reclusione militare fino a tre anni.

Agli effetti, della legge penale militare, i militari in servizio di
salvaguardia sono considerati sentinelle.

Art. 184-bis

(( (Cattura di ostaggi) ))

((Il militare che viola i divieti della cattura di
ostaggi previsti dalle norme sui conflitti armati internazionali e’
punito con la reclusione militare da due a dieci anni.


La stessa pena si applica al militare
che minaccia di ferire o di uccidere una persona non in armi o non in
atteggiamento ostile, catturata o fermata per cause non estranee alla
guerra, al fine di costringere alla consegna di persone o cose.


Se la violenza e’ attuata si applica l’articolo 185))
.

Sezione II
Degli atti illeciti contro persone
private nemiche o a danno di beni nemici

Art. 185.

(Violenza di militari italiani contro privati nemici o di abitanti
dei territori occupati contro militari italiani).

Il militare, che, senza necessita’ o, comunque, senza giustificato
motivo, per cause non estranee alla guerra, usa violenza contro privati
nemici, che non prendono parte alle operazioni militari, e’ punito con
la reclusione militare ((fino a cinque anni)).

Se la violenza consiste nell’omicidio, ancorche’ tentato o
preterintenzionale, o in una lesione personale gravissima o grave, si
applicano le pene stabilite dal codice penale. Tuttavia, la pena
detentiva temporanea puo’ essere aumentata.

Le stesse pene si applicano agli abitanti del territorio dello Stato
nemico occupato dalle forze armate dello Stato italiano, i quali usano
violenza contro alcuna delle persone a esse appartenenti.

Art. 185-bis.

(Altre offese contro persone protette dalle convenzioni
internazionali)

Salvo che il fatto costituisca piu’ grave reato, il militare che, per
cause non estranee alla guerra, compie atti di tortura o altri
trattamenti inumani, trasferimenti illegali, ovvero altre condotte
vietategli dalle convenzioni internazionali, inclusi gli esperimenti
biologici o i trattamenti medici non giustificati dallo stato di salute,
in danno di prigionieri di guerra o di civili o di altre persone
protette dalle convenzioni internazionali medesime, e’ punito con la
reclusione militare ((da due)) a cinque anni.

Art. 186.

(Saccheggio).

Chiunque commette un fatto diretto a portare il saccheggio in citta’
o altri luoghi, ancorche’ presi di assalto, e’ punito con la morte con
degradazione.

((38a))

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AGGIORNAMENTO (38a)

La L. 13 ottobre 1994, n. 589 ha disposto (con l’art. 1, comma 1) che
“Per i delitti previsti dal codice penale militare di guerra e dalle
leggi militari di guerra, la pena di morte e’ abolita ed e’ sostituita
dalla pena massima prevista dal codice penale”.

Art. 187.

(Incendio, distruzione o grave danneggiamento in paese nemico).

Chiunque, in paese nemico, senza essere costretto dalla necessita’
delle operazioni militari, appicca il fuoco a una casa o a un edificio,
o con qualsiasi altro mezzo li distrugge, e’ punito con la reclusione
non inferiore a quindici anni.

Se dal fatto e’ derivata la morte di una o piu’ persone, si applica
la pena di morte con degradazione. ((38a))

Le stesse disposizioni si applicano nel caso d’incendio o distruzione
o grave danneggiamento di monumenti storici, di opere d’arte o
scientifiche, ovvero di stabilimenti destinati ai culti, alla
beneficenza, alla istruzione, alle arti o alle scienze, ancorche’
appartenenti allo Stato nemico.

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AGGIORNAMENTO (38a)

La L. 13 ottobre 1994, n. 589 ha disposto (con l’art. 1, comma 1) che
“Per i delitti previsti dal codice penale militare di guerra e dalle
leggi militari di guerra, la pena di morte e’ abolita ed e’ sostituita
dalla pena massima prevista dal codice penale”.

Art. 188.

(Busca).

Il militare o altra persona al servizio o al seguito delle forze
armate dello Stato, che, dandosi alla busca, s’impossessa, senza
necessita’ o autorizzazione, di viveri, oggetti di vestiario o
equipaggiamento, ovvero se li fa consegnare, e’ punito con la reclusione
militare fino a cinque anni.

Se il fatto e’ commesso in riunione di due o piu’ persone, la pena e’
aumentata da un terzo alla meta’.

Se e’ usata violenza, si applica la reclusione militare da uno a otto
anni.

Art. 189.

(Omesso impedimento della busca).

L’ufficiale o il sottufficiale, che non adopera tutti i mezzi di cui
puo’ disporre per impedire il fatto preveduto dall’articolo precedente,
e’ punito con la reclusione militare fino a un anno.

CAPO IV
Della violazione dei doveri verso
infermi, feriti, naufraghi o morti e verso il personale sanitario

Art. 190.

(Omessa assistenza verso militari infermi, feriti o naufraghi).

E’ punito con la reclusione militare da uno a dieci anni il militare
addetto al servizio sanitario, che, durante o dopo il combattimento,
omette di prestare la sua assistenza ai militari, o alle altre persone
regolarmente al seguito delle forze armate belligeranti, che siano
infermi, feriti o naufraghi, ancorche’ nemici.

Se alcuno dei fatti suindicati e’ commesso per colpa, la pena e’
della reclusione militare fino a sette anni.

Art. 191.

(Uso delle armi contro ambulanze, ospedali, navi o aeromobili
sanitari o contro il personale addettovi).

Chiunque fa uso delle armi contro ambulanze, ospedali, formazioni
mobili sanitarie, stabilimenti fissi per il servizio sanitario,
navi-ospedale, navi ospedaliere o rispettive imbarcazioni, aeromobili
sanitari addetti al servizio militare e ogni altro luogo di ricovero o
cura di infermi o feriti, ovvero contro il personale addettovi, quando a
norma della legge o delle convenzioni internazionali devono considerarsi
rispettati e protetti, e’ punito, se il fatto non costituisce un piu’
grave reato, con la pena della reclusione militare non inferiore a dieci
anni.

Art. 192.

(Maltrattamenti verso infermi, feriti o naufraghi).

Chiunque usa maltrattamenti contro infermi, feriti o naufraghi,
ancorche’ nemici, e’ punito con la reclusione non inferiore a cinque
anni.

Se i maltrattamenti sono gravi, o trattasi di sevizie, la reclusione
non e’ inferiore a dieci anni; e, se il fatto e’ inoltre commesso da un
incaricato del trasporto o dell’assistenza dell’infermo, del ferito o
del naufrago, si applica l’ergastolo.

Si applica la pena di morte con degradazione, se dal fatto e’
derivata la morte dell’infermo, del ferito o del naufrago. ((38a))

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AGGIORNAMENTO (38a)

La L. 13 ottobre 1994, n. 589 ha disposto (con l’art. 1, comma 1) che
“Per i delitti previsti dal codice penale militare di guerra e dalle
leggi militari di guerra, la pena di morte e’ abolita ed e’ sostituita
dalla pena massima prevista dal codice penale”.

Art. 193.

(Spoliazione d’infermi, feriti o naufraghi).

Chiunque spoglia infermi, feriti o naufraghi, ancorche’ nemici,
ovvero sottrae a essi denaro o altri oggetti, e’ punito con la
reclusione da cinque a dieci anni.

Se il fatto e’ commesso con violenza contro la persona, la reclusione
non e’ inferiore a dieci anni.

Se il colpevole e’ un incaricato del trasporto o della assistenza
dell’infermo, ferito o naufrago, si applica:

1° la reclusione non inferiore a quindici anni, nel caso preveduto
dal primo comma;

2° l’ergastolo, nel caso preveduto dal secondo comma.

Si applica la pena di morte con degradazione, se dal fatto e’
derivata la morte dell’infermo, del ferito o del naufrago. ((38a))

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AGGIORNAMENTO (38a)

La L. 13 ottobre 1994, n. 589 ha disposto (con l’art. 1, comma 1) che
“Per i delitti previsti dal codice penale militare di guerra e dalle
leggi militari di guerra, la pena di morte e’ abolita ed e’ sostituita
dalla pena massima prevista dal codice penale”.

Art. 194.

(Violenza contro le persone addette al servizio sanitario e i
ministri del culto).

Fuori del caso preveduto dall’articolo 191, chiunque usa violenza
contro alcuna delle persone regolarmente addette al servizio sanitario,
quando a norma della legge o delle convenzioni internazionali devono
essere rispettate e protette, e’ punito con la reclusione da cinque a
quindici anni.

La stessa pena si applica, se il fatto e’ commesso contro alcuno dei
ministri del culto addetti alle forze armate.

Se la violenza consiste nell’omicidio, ancorche’ tentato o
preterintenzionale, o in una lesione personale gravissima, si applicano
le corrispondenti pene stabilite dal codice penale. Tuttavia, la pena
detentiva temporanea e’ aumentata.

Art. 195.

(Omesso rilascio di persone addette al servizio sanitario o di
ministri del culto).

Chiunque, violando la legge o le convenzioni internazionali, non
consegna o non rilascia, o comunque trattiene alcuna delle persone
indicate nell’articolo precedente, quando esse hanno cessato di
esercitare le loro funzioni negli ospedali, nelle ambulanze o in altri
luoghi dove prestavano servizio, e’ punito con la reclusione militare da
uno a cinque anni.

Art. 196.

(Mutilazione, vilipendio o sottrazione di cadavere).

Chiunque mutila o deturpa il cadavere di un militare caduto in
guerra, o commette sopra di esso atti di vilipendio, o, comunque, atti
di brutalita’ o di oscenita’, ovvero sottrae per intero o in parte il
cadavere, e’ punito con la reclusione non inferiore a dieci anni.

Art. 197.

(Spoliazione di cadavere o sottrazione di denaro o di altri oggetti).

Chiunque, sul campo di battaglia e a fine di trarne profitto, spoglia
un cadavere, o sottrae di dosso al cadavere denaro od oggetti preziosi,
e’ punito con la reclusione da cinque a quindici anni.

Se il fatto e’ commesso da piu’ persone riunite, la pena e’ aumentata
da un terzo alla meta’.

Art. 198.

(Arbitrario disconoscimento della qualita’ di legittimo
belligerante).

Il comandante, che, non usando verso i legittimi belligeranti nemici
caduti in suo potere, ovvero infermi, feriti o naufraghi, il trattamento
preveduto dalla legge o dalle convenzioni internazionali, cagiona grave
danno alle persone suindicate, ovvero determina l’uso di rappresaglie,
e’ punito, se il fatto non costituisce un piu’ grave reato, con la
reclusione militare non inferiore a tre anni.

CAPO V
Dei prigionieri di guerra
Sezione I
Dei reati dei prigionieri di guerra nemici

Art. 199.

(Disobbedienza).

Il prigioniero di guerra, di qualsiasi grado, che non obbedisce agli
ordini di un militare dello Stato italiano, ancorche’ non graduato,
incaricato di scortarlo, sorvegliarlo o custodirlo, e’ punito con la
reclusione militare fino a un anno.

Si applica la reclusione fino a cinque anni, se il fatto e’ commesso
in circostanze di grave pericolo.

Art. 200.

(Violenza o minaccia contro militari dello Stato italiano).

Il prigioniero di guerra, che usa violenza o minaccia contro un
militare dello Stato italiano, e’ punito con la reclusione militare da
uno a cinque anni; e, se il militare suindicato e’ incaricato di
scortarlo, sorvegliarlo o custodirlo, con la reclusione militare da tre
a sette anni.

Se la violenza consiste nell’omicidio, ancorche’ tentato o
preterintenzionale, o in una lesione personale gravissima o grave, si
applicano le corrispondenti pene stabilite dal codice penale. Tuttavia,
la pena detentiva temporanea e’ aumentata.

Se, nei casi preveduti dai commi precedenti, la violenza o la
minaccia e’ commessa da tre o piu’ persone riunite, la pena e’
aumentata.

Art. 201.

(Disobbedienza od offesa al prigioniero di guerra preposto alla
disciplina).

Le disposizioni degli articoli precedenti si applicano anche se
alcuno dei fatti ivi preveduti e’ commesso da un prigioniero di guerra
contro il prigioniero di guerra preposto dall’Autorita’ militare
italiana alla disciplina del drappello o reparto di prigionieri di
guerra, al quale il colpevole appartiene.

Art. 202.

(Atti di ribellione collettiva).

Sono puniti con la reclusione militare da dieci a venti anni i
prigionieri di guerra, che, riuniti in numero di sei o piu’:

1° prendono arbitrariamente le armi e rifiutano, omettono o ritardano
di obbedire all’ordine di deporle, dato da un superiore;

2° abbandonandosi a eccessi o ad atti violenti, rifiutano, omettono o
ritardano di obbedire alla intimazione di disperdersi o di rientrare
nell’ordine, fatta da un superiore.

Si applica la pena di morte mediante fucilazione nel petto a coloro
che hanno promosso, organizzato o diretto la ribellione. ((38a))

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AGGIORNAMENTO (38a)

La L. 13 ottobre 1994, n. 589 ha disposto (con l’art. 1, comma 1) che
“Per i delitti previsti dal codice penale militare di guerra e dalle
leggi militari di guerra, la pena di morte e’ abolita ed e’ sostituita
dalla pena massima prevista dal codice penale”.

Art. 203.

(Atti di indisciplina collettiva).

Fuori dei casi indicati nell’articolo precedente, sono puniti con la
reclusione militare da tre a dieci anni i prigionieri di guerra, che,
riuniti in numero di sei o piu’:

1° rifiutano, omettono o ritardano di obbedire a un ordine di un
superiore;

2° persistono nel presentare, a voce o per iscritto, una domanda, un
esposto o un reclamo.

Si applica la reclusione militare da dieci a venti anni a coloro che
hanno promosso, organizzato o diretto il fatto.

Se il fatto ha carattere di particolare gravita’ per il numero dei
colpevoli o per i motivi che lo hanno determinato, ovvero se e’ commesso
in circostanze di pericolo, o a bordo di una nave o di un aeromobile, le
pene suddette sono aumentate dalla meta’ a due terzi.

Se il colpevole cede alla prima intimazione, si applica la reclusione
militare da sei mesi a tre anni; tranne che abbia promosso, organizzato
o diretto il fatto, nel quale caso la pena e’ della reclusione militare
da due a sette anni.

Art. 204.

(Provocazione).

Se alcuno dei reati preveduti dai due articoli precedenti e’ commesso
nello stato d’ira determinato da un fatto ingiusto del superiore,
consistente in una violenza, ovvero in una minaccia o ingiuria grave, e
immediatamente dopo di essa, alla pena di morte e’ sostituita la
reclusione militare non inferiore a quindici anni, e le altre pene sono
diminuite da un terzo alla meta’.

((38a))

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AGGIORNAMENTO (38a)

La L. 13 ottobre 1994, n. 589 ha disposto (con l’art. 1, comma 1) che
“Per i delitti previsti dal codice penale militare di guerra e dalle
leggi militari di guerra, la pena di morte e’ abolita ed e’ sostituita
dalla pena massima prevista dal codice penale”.

Art. 205.

(Denominazione di «superiore»).

Agli effetti dei tre articoli precedenti, sotto la denominazione di
superiore s’intende qualsiasi militare dello Stato italiano, ancorche’
non rivestito di un grado, incaricato della scorta, sorveglianza o
custodia del prigioniero di guerra, nonche’ il prigioniero di guerra
preposto dall’Autorita’ militare italiana alla disciplina di un
drappello o reparto di prigionieri di guerra, relativamente ai
prigionieri appartenenti al drappello o reparto.

Art. 206.

(Accordo per commettere atti di ribellione o di indisciplina
collettiva. Recesso).

Quando sei o piu’ prigionieri di guerra si accordano per commettere
alcuno dei reati preveduti dagli articoli 202 e 203, coloro che
partecipano all’accordo sono puniti, se il reato non e’ commesso, con la
pena stabilita per il reato stesso, diminuita da un terzo alla meta’.

Non e’ punibile il prigioniero di guerra, che recede dall’accordo
prima che sia commesso il reato per cui l’accordo e’ intervenuto, e
anteriormente all’arresto ovvero al procedimento.

Art. 207.

(Manifestazione sediziosa).

Il prigioniero di guerra, che, comunicando con piu’ prigionieri di
guerra, insinua il malcontento contro l’Autorita’ militare italiana per
l’applicazione del regime dei prigionieri di guerra, e’ punito con la
reclusione militare fino a due anni.

Art. 208.

(Ripresa delle armi contro la data fede).

Il prigioniero di guerra, che, liberato sulla parola d’onore di non
partecipare piu’ oltre alle ostilita’, riprende le armi contro lo Stato
italiano o alcuno degli Stati suoi alleati, e’ punito con la morte
mediante fucilazione nel petto.

((38a))

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AGGIORNAMENTO (38a)

La L. 13 ottobre 1994, n. 589 ha disposto (con l’art. 1, comma 1) che
“Per i delitti previsti dal codice penale militare di guerra e dalle
leggi militari di guerra, la pena di morte e’ abolita ed e’ sostituita
dalla pena massima prevista dal codice penale”.

Sezione II
Dei reati contro i prigionieri di
guerra

Art. 209.

(Sevizie o maltrattamenti).

Il militare incaricato della scorta, vigilanza o custodia di
prigionieri di guerra, che, abusando di questa sua qualita’, commette,
per qualsiasi motivo, sevizie o maltrattamenti verso un prigioniero di
guerra, e’ punito, se il fatto non costituisce un piu’ grave reato, con
la reclusione militare da due a dieci anni.

Art. 210.

(Vilipendio).

Il militare, che vilipende un prigioniero di guerra, in sua presenza
e per questa sua qualita’, e’ punito con la reclusione militare fino a
tre anni.

Art. 211.

(Violenza, minaccia o ingiuria, in generale).

Fuori dei casi preveduti dai due articoli precedenti, il militare,
che usa violenza o minaccia o commette ingiuria contro un prigioniero di
guerra, e’ punito con le stesse pene, che la legge stabilisce per tali
fatti quando sono commessi da un militare contro un suo inferiore.

La stessa disposizione si applica relativamente al prigioniero di
guerra preposto dall’Autorita’ militare italiana alla disciplina del
drappello o reparto di prigionieri, quando egli commette alcuno dei
fatti suindicati contro un prigioniero di guerra del drappello o
reparto.

Art. 212.

(Costringimento a dare informazioni o a compiere lavori vietati).

E’ punito con la reclusione militare da due a sette anni chiunque usa
violenza o minaccia verso uno o piu’ prigionieri di guerra:

1° per costringerli a dare informazioni, che possano compromettere
gli interessi della loro patria, ovvero delle forze armate a cui
appartengono;

2° per costringerli a lavori, che abbiano diretto rapporto con le
operazioni della guerra, o che, comunque, siano specificamente vietati
dalla legge o dalle convenzioni internazionali.

Se la violenza consiste nell’omicidio, ancorche’ tentato o
preterintenzionale, o in una lesione gravissima o grave, si applicano le
corrispondenti pene del codice penale. Tuttavia, la pena detentiva
temporanea puo’ essere aumentata.

Art. 213.

(Violazione della liberta’ di religione o di culto).

Ferma l’applicazione delle misure d’ordine prescritte dalla Autorita’
militare, chiunque arbitrariamente impedisce o turba o comunque limita
la liberta’ di religione o di culto dei prigionieri di guerra, e’ punito
con la reclusione militare fino a un anno.

La stessa pena si applica a chiunque offende la religione professata
da un prigioniero di guerra, mediante vilipendio di questa, in sua
presenza.

Art. 214.

(Sottrazione di denaro o di altri oggetti).

Il militare, che, a fine di trarne profitto per se’ o per altri,
sottrae denaro o altri oggetti a un prigioniero di guerra, e’ punito con
la reclusione fino a cinque anni; e, se il militare suindicato e’
incaricato di scortarlo, sorvegliarlo o custodirlo, con la reclusione
militare da tre a sette anni.

Sezione III
Dei reati dei militari italiani
prigionieri di guerra

Art. 215.

(Applicazione della legge penale militare di guerra. Aumento di pena
per reati contro superiori).

I militari dello Stato italiano, che, durante la loro prigionia di
guerra, commettono un reato preveduto dalla legge penale militare
italiana, sono puniti a norma della legge penale militare di guerra.
Tuttavia, se trattasi di disobbedienza, ovvero d’ingiuria, minaccia o
violenza contro i superiori in grado delle forze armate dello Stato
italiano, anche essi prigionieri di guerra, la pena temporanea detentiva
e’ aumentata da un sesto a un terzo.

Art. 216.

(Informazioni al nemico).

Il prigioniero di guerra italiano, che, cedendo alle istigazioni o
lusinghe del nemico, gli fornisce notizie circa la forza, le posizioni o
le condizioni delle forze armate cui egli appartiene, e’ punito con la
reclusione militare da tre a dieci anni, salvo che il fatto costituisca
un piu’ grave reato.

Art. 217.

(Liberazione sulla promessa di non partecipare alle ostilita’).

Il prigioniero di guerra italiano, che, impegnando la parola d’onore
di non partecipare piu’ oltre alle ostilita’, ottiene dal nemico di
essere liberato dalla prigionia di guerra, e’ punito con la reclusione
militare da tre a cinque anni.

Art. 218.

(Omessa presentazione all’Autorita’ militare).

Il militare, che, comunque liberato dalla prigionia di guerra, non si
presenta, senza giusto motivo, a un’Autorita’ militare italiana nei tre
giorni successivi a quello in cui e’ entrato nel territorio dello Stato
o nel territorio occupato dalle forze armate italiane, e’ punito con la
reclusione militare fino a cinque anni.

Sezione IV
Degli ostaggi

Art. 219.

(Parificazione degli ostaggi ai prigionieri di guerra).

Agli effetti della legge penale militare, gli ostaggi sono equiparati
ai prigionieri di guerra.

CAPO VI
Dei reati concernenti le
requisizioni, contribuzioni e prestazioni militari

Art. 220.

(Distrazione, occultamento o distruzione di cose requisibili).

Chiunque, in previsione di un ordine di requisizione, o dopo che
l’ordine legale gli e’ stato intimato, distrae od occulta una o piu’
cose requisibili, e’ punito con la reclusione militare fino a tre anni;
e, se le distrugge o sopprime con la reclusione militare da tre a dieci
anni.

Art. 221.

(Inadempienza dell’ordine militare di requisizione di cose).

Chiunque, ancorche’ in paese nemico, omette o rifiuta, senza
giustificato motivo, di adempiere gli obblighi legalmente impostigli
dall’Autorita’ militare per la requisizione di cose mobili ovvero di
immobili, occorrenti alle forze armate dello Stato, e’ punito con la
reclusione militare fino a tre anni.

Art. 222.

(Inottemperanza alla richiesta militare di prestazioni personali).

Chiunque, ancorche’ in paese nemico, omette o rifiuta, senza
giustificato motivo, di prestare la propria attivita’ professionale, o,
comunque, la propria opera personale, legalmente richiesta
dall’Autorita’ militare per servizi occorrenti alle forze armate dello
Stato, e’ punito con la reclusione militare fino a tre anni.

Art. 223.

(Omissione o rifiuto di atti di ufficio).

Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che,
nel territorio dello Stato o in paese nemico, legalmente richiesto,
omette o rifiuta atti del proprio ufficio o servizio, o, comunque, di
coadiuvare l’Autorita’ militare in cio’ che ha attinenza con la
requisizione, la prestazione o la contribuzione di guerra, e’ punito con
la reclusione militare fino a cinque anni.

Art. 224.

(Requisizioni, prestazioni o contribuzioni arbitrarie o eccessive).

Il militare, che, nel territorio dello Stato o in paese nemico, senza
autorizzazione o senza necessita’, o violando le norme stabilite dalla
legge o dalle convenzioni internazionali, impone requisizioni o
prestazioni, o leva contribuzioni di guerra, avvero eccede nella
esecuzione dell’incarico ricevuto, e’ punito con la reclusione militare
fino a cinque anni.

Se il fatto e’ commesso a fine di lucro, ovvero con violenza o
minaccia, la pena e’ della reclusione non inferiore a cinque anni.

Se con la violenza o la minaccia concorre il fine di lucro, la pena
e’ della morte con degradazione. ((38a))

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AGGIORNAMENTO (38a)

La L. 13 ottobre 1994, n. 589 ha disposto (con l’art. 1, comma 1) che
“Per i delitti previsti dal codice penale militare di guerra e dalle
leggi militari di guerra, la pena di morte e’ abolita ed e’ sostituita
dalla pena massima prevista dal codice penale”.

Art. 225.

(Contribuzioni posteriori alla conclusione della pace).

Le pene stabilite dall’articolo precedente si applicano anche al
comandante, che, dopo avere ricevuto comunicazione ufficiale della
conclusione della pace, leva una contribuzione di guerra nel territorio
dello Stato con il quale la pace e’ conchiusa, ovvero impone il
pagamento di contribuzioni non ancora soddisfatte.

Art. 226.

(Abuso nelle requisizioni di alloggi per militari).

Il militare, che, in occasione di alloggio militare, usa violenza o
minaccia per costringere colui che e’ tenuto all’alloggio a dargli piu’
di cio’ che e’ dovuto, ovvero a tollerare che egli se ne impossessi o,
comunque, ne usufruisca, e’ punito, per cio’ solo, con la reclusione
militare da uno a cinque anni.

CAPO VII
Dell’abuso delle prede belliche

Art. 227.

(Appropriazione della preda).

Chiunque si appropria una cosa costituente preda bellica, della quale
abbia il possesso, e’ punito con la reclusione militare da uno a sette
anni.

Se il fatto e’ commesso su cose costituenti preda bellica e trovate
abbandonate, la pena e’ della reclusione militare fino a un anno.((1))

—————

AGGIORNAMENTO (1)

Il D. Lgs. Luogotenenziale 21 marzo 1946, n. 144 ha disposto (con
l’art. 2, comma 1) che “Fino ad un anno dopo la cessazione dello stato
di guerra rimangono in vigore le disposizioni degli articoli 227, 228 e
229 del Codice penale militare di guerra.”

Art. 228.

(Acquisto o ritenzione della preda).

Fuori del caso di concorso nei reati preveduti dall’articolo
precedente, chiunque, per procurare a se’ o ad altri un profitto,
acquista, riceve od occulta o, a qualsiasi titolo, ritiene cose
costituenti preda bellica, senza che abbiano legittimamente cessato di
appartenere all’amministrazione militare italiana, e’ punito con la
reclusione militare fino a cinque anni.

Se le cose anzidette, che hanno formato oggetto dell’acquisto,
dell’occultamento o della ritenzione, sono state trovate abbandonate, la
pena e’ della reclusione militare fino a due anni. ((1))

—————

AGGIORNAMENTO (1)

Il D. Lgs. Luogotenenziale 21 marzo 1946, n. 144 ha disposto (con
l’art. 2, comma 1) che “Fino ad un anno dopo la cessazione dello stato
di guerra rimangono in vigore le disposizioni degli articoli 227, 228 e
229 del Codice penale militare di guerra.”

Art. 229.

(Distruzione o deterioramento della preda).

Chiunque distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o in parte,
inservibili cose costituenti preda bellica, e’ punito con la reclusione
militare da uno a sette anni. ((1))

—————

AGGIORNAMENTO (1)

Il D. Lgs. Luogotenenziale 21 marzo 1946, n. 144 ha disposto (con
l’art. 2, comma 1) che “Fino ad un anno dopo la cessazione dello stato
di guerra rimangono in vigore le disposizioni degli articoli 227, 228 e
229 del Codice penale militare di guerra.”

CAPO VIII
Disposizioni speciali

Art. 230.

(Omesso impedimento di determinati reati militari).

Ferme in ogni altro caso le disposizioni del secondo comma
dell’articolo 40 del codice penale e quelle dell’articolo 138 del codice
penale militare di pace, il militare, che, per timore di un pericolo o
per altro inescusabile motivo, non usa ogni mezzo possibile per impedire
la esecuzione di alcuno dei reati preveduti dagli articoli 186, 187,
192, 193, 202 e 203, e’ punito:

1° con la reclusione non inferiore a dieci anni, se per il reato la
legge stabilisce la pena di morte con degradazione o quella
dell’ergastolo; ((38a))

2° negli altri casi, con la pena stabilita per il reato, diminuita
dalla meta’ a due terzi.

Se il colpevole e’ il piu’ elevato in grado, o, a parita’ di grado,
superiore in comando o piu’ anziano, si applica la pena dalla legge
stabilita per il reato, di cui non e’ stata impedita l’esecuzione.
Nondimeno, il giudice puo’ diminuire la pena.

Agli effetti delle disposizioni dei commi precedenti, ai fini della
determinazione della pena stabilita per i reati in essi indicati, non si
ha riguardo a quella che la legge stabilisce per i capi, promotori od
organizzatori del reato o per coloro che hanno diretto gli atti di
ribellione o di indisciplina collettiva.

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AGGIORNAMENTO (38a)

La L. 13 ottobre 1994, n. 589 ha disposto (con l’art. 1, comma 1) che
“Per i delitti previsti dal codice penale militare di guerra e dalle
leggi militari di guerra, la pena di morte e’ abolita ed e’ sostituita
dalla pena massima prevista dal codice penale”.

LIBRO QUARTO
DELLA PROCEDURA PENALE MILITARE
DI GUERRA
TITOLO PRIMO
DELLA GIURISDIZIONE MILITARE DI GUERRA

Art. 231.

(Momento iniziale).

Lo stato di guerra ha per effetto l’esercizio della giurisdizione
militare di guerra relativamente ai reati a essa soggetti, che siano
commessi dopo la dichiarazione dello stato di guerra; o anche prima, se,
al momento della dichiarazione stessa, il procedimento penale non sia
stato ancora iniziato o sia tuttora pendente.

Art. 232.

(Limiti della giurisdizione militare di guerra).

Ai tribunali militari di guerra appartiene la cognizione:

1° dei reati militari da chiunque commessi nei territori in stato di
guerra o considerati tali;

2° dei reati preveduti dalla legge penale comune, commessi da
militari nei territori indicati nel numero precedente;

3° dei reati militari da chiunque commessi fuori dei territori
indicati nel numero 1°, quando da essi possa derivare un nocumento alle
operazioni militari di guerra o ai servizi relativi, ovvero alla
condotta della guerra in generale;

4° di qualunque reato commesso da prigionieri di guerra in potere o
in custodia dello Stato italiano;

5° dei reati contro le leggi e gli usi della guerra commessi dagli
appartenenti alle forze armate nemiche.

Ai tribunali militari di guerra appartiene altresi’ la cognizione di
qualunque reato commesso nei territori delle operazioni militari o
considerati tali:

1° dalle persone estranee alle forze armate dello Stato, che per
qualsiasi titolo si trovino in rapporti, anche indiretti, di servizio,
impiego, prestazione di opera, somministrazioni, forniture, requisizioni
e simili con le forze armate suddette;

2° da chiunque sia addetto al privato servizio delle persone indicate
nel numero precedente, e da ogni altra persona, che, con una mansione
qualunque, si trovi al seguito delle forze armate dello Stato a norma
della legge o dei regolamenti approvati con decreto Reale.

Art. 233.

(Rimessione all’Autorita’ giudiziaria ordinaria dei procedimenti per
reati comuni).

Nei casi preveduti dal numero 2° del primo comma e dal secondo comma
dell’articolo precedente, il giudice militare puo’, per ragioni di
convenienza, ordinare, con provvedimento insindacabile, la rimessione
all’Autorita’ giudiziaria ordinaria dei procedimenti per reati preveduti
dalla legge penale comune.

Art. 234.

(Concorso della qualita’ di militare con altra qualita’).

Nel concorso della qualita’ di militare con qualsiasi altra, di cui
sia rivestito l’imputato, la prima soltanto vale a determinare la
giurisdizione, quando trattasi di reati soggetti alla giurisdizione
militare di guerra.

Art. 235.

(Occupazione militare).

Nei territori dello Stato nemico occupati dalle forze armate dello
Stato italiano, appartiene ai tribunali militari di guerra la cognizione
dei reati preveduti dalla legge penale militare e dalla legge penale
comune italiana, commessi dagli abitanti del territorio occupato a danno
delle forze armate di occupazione o delle persone ad esse appartenenti,
o da esse dipendenti per essere al loro servizio o al loro seguito,
ovvero commessi da queste persone a danno degli abitanti del territorio
occupato. Nel caso di concorso delle persone suindicate e degli abitanti
del territorio occupato in uno stesso reato o in reati connessi, la
cognizione dei reati per tutti gli imputati spetta ai tribunali militari
di guerra.

Le stesse disposizioni si applicano, quando le forze armate dello
Stato italiano si trovano in territorio estero occupato militarmente per
motivi diversi da quello di guerra.

Art. 236.

(Corpi di operazione nel territorio di uno Stato alleato).

Quando un corpo nazionale di operazione si trova nel territorio dello
Stato alleato, ovvero quando un corpo di operazione dello Stato alleato
si trova nel territorio dello Stato italiano, si osservano le norme
seguenti, salvo che sia diversamente disposto con accordi fra i due
Stati:

1° sono soggette esclusivamente alla giurisdizione militare dei
rispettivi corpi di operazione le persone appartenenti ai detti corpi o
da essi dipendenti, qualunque sia il territorio dove i corpi si trovano
o la nazionalita’ degli imputati;

2° nel caso di concorso, in uno o piu’ reati, di persone soggette
alla giurisdizione militare, la competenza spetta, rispettivamente, al
tribunale militare dello Stato a cui l’imputato appartiene;

3° spetta esclusivamente ai tribunali dello Stato alleato la
cognizione dei reati commessi da persone estranee alle forze armate
dello Stato italiano, che, nel territorio dello Stato alleato,
commettono atti in danno delle forze medesime; e spetta esclusivamente
ai tribunali dello Stato italiano la cognizione dei reati commessi da
persone estranee alle forze armate dello Stato alleato, che, nel
territorio dello Stato italiano, commettono atti in danno delle forze
stesse.

Art. 237.

(Transito o soggiorno dei corpi nazionali di spedizione in territorio
estero).

Le disposizioni dell’articolo precedente si applicano anche nel caso
di transito o soggiorno di un corpo nazionale di spedizione in
territorio estero, salvo che sia diversamente disposto con accordi fra
lo Stato italiano e lo Stato estero.

Art. 238.

(Corpi di spedizione in paesi di capitolazioni).

Nei paesi nei quali hanno vigore le capitolazioni, la giurisdizione
militare inerente al corpo di spedizione o a navi militari o aeromobili
militari e’ sostituita in ogni caso alla giurisdizione consolare.

Art. 239.

(Reati commessi in territorio estero).

Fuori dei casi indicati negli articoli precedenti, i reati militari,
da chiunque commessi, durante la guerra, in territorio estero, sono
soggetti alla giurisdizione militare italiana di guerra, sebbene
all’estero sia intervenuta sentenza del giudice straniero; osservata,
per la richiesta, la disposizione dell’articolo 18 del codice penale
militare di pace.

TITOLO SECONDO
DISPOSIZIONI GENERALI PER LA
PROCEDURA PENALE MILITARE DI GUERRA
CAPO I
Del procedimento
penale, in generale

Art. 240.

(Obbligatorieta’ del procedimento penale).

Nessuno puo’ essere punito per un reato, se non in seguito a un
procedimento penale nelle forme stabilite dalla legge, salvo che la
legge stessa disponga altrimenti.

Art. 241.

((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 13 OTTOBRE 1994, N. 589))

Art. 242.

(Perdita di nave militare o di aeromobile militare).

Nel caso di perdita di una nave militare o di un aeromobile militare,
non puo’ iniziarsi procedimento penale, se non a richiesta del
comandante supremo.

Il comandante supremo ha facolta’ di disporre che il procedimento sia
rinviato a dopo la cessazione dello stato di guerra.

Art. 243.

(Sospensione del procedimento penale).

Durante lo stato di guerra, e’ sospeso, dopo l’interrogatorio
dell’imputato, il procedimento penale per i reati di renitenza alla
leva, di diserzione e di mancanza alla chiamata, nei confronti di
persone appartenenti al momento del commesso reato, o successivamente
destinate, a reparti mobilitati; salvo che sia diversamente disposto dal
Ministro competente, ovvero dal comandante della grande unita’, presso
cui e’ costituito il tribunale militare di guerra, o da un comandante a
lui superiore.

La sospensione del procedimento non puo’ essere disposta:

1° se il reato importa l’applicazione della pena di morte; ((38a))

2° se altra persona e’ imputata di concorso in detti reati o di
favoreggiamento, e deve restare in stato di custodia preventiva;

3° se contro l’imputato si procede anche per altro reato, diverso da
quello di alienazione di effetti di vestiario o di equipaggiamento
militare.

La sospensione e’ revocata, se l’imputato cessa di prestare servizio
presso reparti mobilitati.

Le disposizioni precedenti si applicano anche relativamente ai
procedimenti penali a carico di renitenti, mancanti o disertori, che
rimpatriano volontariamente o sono estradati.

La sospensione del procedimento non impedisce l’esecuzione degli atti
urgenti.

(1)

—————

AGGIORNAMENTO (1)

Il D.Lgs. Luogotenenziale 21 marzo 1946, n. 144 ha disposto (con
l’art. 7, commi 1 e 2) che “I procedimenti, che alla data di cessazione
dello stato di guerra risultano sospesi a norma dell’art. 243 del Codice
penale militare di guerra, possono rimanere sospesi fino ad un anno dopo
la suddetta data, anche se si sia verificata la circostanza preveduta
dal terzo comma del predetto articolo.

Tuttavia la sospensione puo’ essere revocata a richiesta
dell’imputato.”

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AGGIORNAMENTO (38a)

La L. 13 ottobre 1994, n. 589 ha disposto (con l’art. 1, comma 1) che
“Per i delitti previsti dal codice penale militare di guerra e dalle
leggi militari di guerra, la pena di morte e’ abolita ed e’ sostituita
dalla pena massima prevista dal codice penale”.

Art. 244.

(Applicazione delle norme della procedura penale di pace).

Durante lo stato di guerra, si osservano, per quanto e’ possibile, le
disposizioni concernenti la procedura penale militare di pace, se da
questo codice non e’ diversamente stabilito.

CAPO II
Dell’azione penale

Art. 245.

(Inizio dell’azione penale per i procedimenti di competenza dei
tribunali militari di guerra).

L’azione penale e’ iniziata ed esercitata in seguito a disposizione
del comandante dell’unita’, presso cui e’ costituito il tribunale
militare di guerra competente.

Il comandante dell’unita’, presso cui e’ costituito il tribunale
militare di guerra, puo’ delegare temporaneamente al pubblico ministero
il potere di iniziare l’azione penale, fuori del caso di procedimenti
contro militari, militarizzati o assimilati rivestiti di grado o rango
superiore a quello di capitano.

L’azione penale e’ iniziata per disposizione del comandante supremo:

1° se il colpevole e’ un ufficiale generale o un ufficiale di grado
corrispondente;

2° se trattasi di alcuno dei reati preveduti dal titolo quarto del
libro terzo.

Durante l’istruzione, i comandanti indicati in questo articolo
possono, rispettivamente, disporre che l’esercizio dell’azione penale
sia sospeso o revocato.

Ferme le disposizioni del numero 1° del terzo comma di questo
articolo e quelle degli articoli 17 e 28, le attribuzioni che questo
codice conferisce al comandante supremo possono essere da questo
delegate a un ufficiale di grado non inferiore a generale di corpo
d’armata o corrispondente.

Art. 246.

(Procedimento per reati commessi fuori del territorio in stato di
guerra).

Nei casi preveduti dal numero 2° del secondo comma dell’articolo 4,
ai fini dell’applicazione della legge penale militare di guerra, si
procede davanti ai tribunali militari di guerra, salva contraria
disposizione del Ministro della forza armata, alla quale appartiene il
comando dell’unita’, presso cui e’ costituito il tribunale militare
competente.

Art. 247.

(Autonomia dell’azione penale).

Salvo che la legge disponga altrimenti, l’esercizio dell’azione
penale non e’ subordinato a richiesta, a istanza o a qualsiasi
autorizzazione a procedere; ferma la facolta’ dei capi militari, nei
casi espressamente indicati dalla legge, di richiedere il procedimento
penale ovvero di applicare punizioni disciplinari.

Art. 248.

(Azione penale contro comandanti in guerra o contro colpevoli di
reati contro le leggi e gli usi della guerra).

L’azione penale contro comandanti, per atti commessi nell’esercizio
del comando durante lo stato di guerra, non puo’ essere iniziata, dopo
la cessazione dello stato di guerra, se non a richiesta del Ministro da
cui il comandante dipendeva, o, se piu’ sono i comandanti e appartengono
a forze armate diverse, del Ministro da cui dipendeva l’imputato piu’
elevato in grado, o, a parita’ di grado, quello superiore in comando o
piu’ anziano.

La stessa disposizione si applica relativamente all’azione penale per
i reati indicati nell’articolo 165. In tali casi, se l’imputato e’
estraneo alle forze armate dello Stato, la richiesta e’ fatta dal
Ministro della giustizia.

Art. 249.

(Azione penale contro persone delle forze armate nemiche).

Per i reati contro le leggi e gli usi della guerra, preveduti dal
titolo quarto del libro terzo, commessi nel territorio dello Stato
italiano a danno di qualunque persona, ovvero all’estero a danno delle
forze armate dello Stato italiano o degli appartenenti a esse, da
militari o da altre persone appartenenti alle forze nemiche, l’azione
penale puo’ promuoversi o proseguirsi, ancorche’ per gli stessi reati
sia gia’ intervenuta sentenza di un giudice straniero; salvo quanto
dispongono le convenzioni internazionali.

Art. 250.

(Azione civile).

Nei procedimenti penali davanti ai tribunali militari di guerra,
l’esercizio dell’azione civile non e’ ammesso nemmeno se trattasi di
procedimenti per reati, che in tempo di pace sono soggetti alla
giurisdizione ordinaria.

CAPO III
Della competenza

Art. 251.

(Tribunali militari di guerra d’armata, di corpo d’armata e di piazza
forte).

Qualunque sia il luogo del commesso reato, e salva la disposizione
dell’ultimo comma, ai tribunali militari di guerra d’armata, di corpo
d’armata e di piazza forte appartiene, rispettivamente, la cognizione:

1° dei reati commessi da militari dei corpi o servizi mobilitati,
direttamente dipendenti dal comando dell’unita’, presso cui e’
costituito ciascuno dei tribunali suindicati;

2° dei reati commessi da persone estranee alle forze armate dello
Stato, che si trovano al servizio o al seguito di esse, presso i corpi o
servizi suddetti.

La dipendenza e’ determinata dalla destinazione, ancorche’
temporanea, ad alcuno dei corpi o servizi medesimi, e decorre dalla data
di detta destinazione.

Le disposizioni precedenti regolano anche la competenza dei tribunali
di unita’ mobilitate maggiori o minori di un corpo d’armata, che possono
costituirsi secondo le disposizioni relative all’ordinamento giudiziario
militare.

La cognizione dei reati commessi da ufficiali dei corpi o servizi
mobilitati dipendenti dai corpi d’armata che fanno parte di una armata,
appartiene ai tribunali militari di guerra d’armata.

Art. 252.

(Tribunali militari territoriali di guerra).

Ai tribunali militari territoriali di guerra appartiene la
cognizione:

1° dei reati commessi da militari non appartenenti ai corpi o servizi
indicati nell’articolo precedente;

2° dei reati commessi da persone estranee alle forze armate dello
Stato, non comprese nel numero 2° del primo comma dell’articolo
precedente, e per i quali esse sono sottoposte alla giurisdizione
militare di guerra;

3° dei reati commessi dai prigionieri di guerra nemici durante la
prigionia;

4° dei reati contro le leggi e gli usi della guerra, commessi da
militari o da altre persone appartenenti alle forze armate nemiche;

5° dei reati commessi dai prigionieri di guerra italiani durante la
loro prigionia presso il nemico, e del reato preveduto dall’articolo
218.

Art. 253.

(Norme di competenza territoriale).

Nei casi indicati nei numeri 1°, 2°, 3° e 4° dell’articolo
precedente, la competenza appartiene al tribunale militare territoriale
di guerra del luogo del commesso reato, o, se questo non e’ conosciuto,
al tribunale militare territoriale di guerra del luogo in cui l’imputato
si e’ costituito o e’ stato arrestato.

Se il luogo del commesso reato non e’ noto e l’imputato non si e’
costituito e non e’ stato arrestato; e’ competente il tribunale militare
presso cui fu emesso mandato od ordine di cattura o di comparizione.

Nei casi indicati nel numero 5° dell’articolo precedente, la
competenza appartiene al tribunale militare territoriale di guerra del
luogo dove e’ stabilito il centro di raccolta dei prigionieri
rimpatriati, o, in mancanza di questo, dove il prigioniero si costitui’
o fu arrestato.

Nel caso preveduto dal comma precedente, se l’imputato non si e’
costituito e non e’ stato arrestato, e’ competente il tribunale militare
presso cui fu emesso mandato od ordine di cattura o di comparizione.

Art. 254.

(Reati di assenza dal servizio in guerra).

La cognizione dei reati di assenza dal servizio in guerra appartiene
al tribunale militare territoriale di guerra del luogo dove fu eseguito
l’arresto o avvenne la presentazione dell’imputato.

Art. 255.

(Reati commessi in territorio estero).

Per i reati soggetti alla giurisdizione militare di guerra, commessi
in territorio estero, quando, a norma di legge, la competenza appartiene
ai tribunali militari di guerra costituiti nel territorio dello Stato,
e’ competente il tribunale militare territoriale di guerra del luogo in
cui segui’ la consegna, l’arresto o la presentazione dell’imputato;
ferme le disposizioni del terzo comma dell’articolo 253.

Se l’imputato non e’ stato consegnato o arrestato, e non si e’
costituito, si applica la disposizione del secondo comma dell’articolo
253.

Art. 256.

(Attribuzione ai tribunali militari territoriali ordinari della
competenza spettante ai tribunali militari di guerra).

Nei casi preveduti dai tre articoli precedenti, se l’arresto, la
consegna, la costituzione o la presentazione avviene in territorio non
in stato di guerra, la competenza appartiene al tribunale militare
territoriale ordinario avente giurisdizione sul territorio medesimo.
Questo procede con le forme stabilite per i tribunali militari di
guerra, ed e’, a ogni effetto, considerato come tale.

Salvo che la legge disponga altrimenti, la disposizione del comma
precedente si applica anche per tutti i procedimenti relativi a reati
soggetti alla giurisdizione militare di guerra, commessi in luoghi nei
quali non sono istituiti tribunali militari di guerra.

Art. 257.

(Connessione di procedimenti).

Nel caso di connessione fra procedimenti di competenza di piu’
tribunali militari di guerra, il tribunale supremo militare, ove non
ritenga necessario o utile separare i procedimenti nell’interesse della
giustizia o del servizio o della disciplina militare, designa il
tribunale militare di guerra per la cognizione del reato o dei reati.
Tuttavia, in nessun caso puo’ essere designato un tribunale militare di
guerra diverso da quelli territoriali, per la cognizione di reati
soggetti alla competenza di questi ultimi.

Nel caso di connessione fra procedimenti di competenza di tribunali
militari di guerra e procedimenti di competenza di altri tribunali
militari, il tribunale supremo militare, ove non ritenga necessario o
utile separare i procedimenti per i motivi indicati nel comma
precedente, designa un tribunale militare non di guerra, per la
cognizione del reato o dei reati.

Art. 258.

(Piazza forte investita dal nemico).

Se una piazza forte e’ investita dal nemico, il tribunale militare di
guerra della piazza e’ competente a conoscere di tutti i reati, da
chiunque commessi nel raggio di azione della piazza, ancorche’ il reato,
per la dipendenza o qualita’ dell’imputato, ovvero per altre
circostanze, sia soggetto alla competenza di un tribunale diverso.

Art. 259.

(Reati commessi fuori dei luoghi in stato di guerra).

La cognizione dei reati di inadempimento o di frode in forniture
militari o di qualsiasi altro reato soggetto alla giurisdizione militare
di guerra, commessi in luoghi che non sono in stato di guerra,
appartiene al tribunale militare del luogo del commesso reato. Questo
procede con le forme stabilite per i tribunali militari di guerra, ed
e’, a ogni effetto, considerato come tale.

Art. 260.

(Occupazione militare).

Nei casi di occupazione di territori dello Stato nemico, e, in
generale, di occupazione militare, preveduti dall’articolo 235, la
cognizione dei reati ivi indicati, da chiunque commessi, appartiene ai
tribunali militari di guerra costituiti presso i comandi delle unita’
mobilitate di occupazione, secondo le rispettive circoscrizioni
territoriali.

Art. 261.

(Perdita di nave militare o di aeromobile militare).

Quando si verifichi la perdita di una nave militare o di un
aeromobile militare, se il comandante supremo non dispone che il
procedimento sia rinviato alla cessazione dello stato di guerra, il
tribunale supremo militare designa il tribunale militare di guerra che
deve conoscere del reato.

Art. 262.

(Tribunali militari di guerra di bordo).

Le norme di competenza, stabilite per i tribunali militari di bordo
dal codice penale militare di pace, si osservano anche durante lo stato
di guerra relativamente ai tribunali militari di guerra di bordo.

Art. 263.

(Conflitti di giurisdizione e di competenza).

Sui conflitti fra l’Autorita’ giudiziaria ordinaria e l’Autorita’
giudiziaria militare di guerra decide la corte di cassazione.

Sui conflitti fra tribunali militari di guerra e altri tribunali
militari, o fra piu’ tribunali militari di guerra, decide il tribunale
supremo militare.

Art. 264.

(Rimessione dei procedimenti penali all’Autorita’ giudiziaria
ordinaria).

Sono devoluti all’Autorita’ giudiziaria ordinaria, qualunque sia lo
stato della istruzione o del giudizio, tutti i procedimenti penali, che,
alla data della cessazione dello stato di guerra, si trovano pendenti
davanti ai tribunali militari di guerra, per reati soggetti alla
giurisdizione militare soltanto durante lo stato di guerra e commessi
nel territorio dello Stato.

La disposizione del comma precedente non si applica per i
procedimenti pendenti, nei quali il giudice militare abbia gia’
pronunciato sentenza nel giudizio o decreto penale di condanna. In
questi casi, si applicano le disposizioni dell’articolo 299.

Art. 265.

(Rimessione dei procedimenti penali ai tribunali militari ordinari).

I procedimenti penali, che, alla data della cessazione dello stato di
guerra, si trovano pendenti davanti ai tribunali militari di guerra del
territorio dello Stato, in confronto di persone o per reati soggetti, in
tempo di pace, alla giurisdizione militare, sono rimessi, qualunque sia
lo stato della istruzione o del giudizio, ai tribunali militari
ordinari.

Art. 266.

(Rimessione dei procedimenti penali a giudici speciali).

I procedimenti penali pendenti, alla cessazione dello stato di
guerra, davanti ai tribunali militari di guerra, in confronto di
persone, che in tempo di pace sono soggette a una giurisdizione
speciale, sono devoluti a questa giurisdizione.

La disposizione del comma precedente non si applica nei casi indicati
nel secondo comma dell’articolo 264, osservate, per la competenza, le
disposizioni dell’articolo 299.

TITOLO TERZO
DISPOSIZIONI SPECIALI
CAPO I
Della istruzione
Sezione I
Degli atti preliminari all’istruzione

Art. 267.

(Procedimenti contro prigionieri di guerra italiani rimpatriati).

Nel caso di procedimento penale contro prigionieri di guerra italiani
rimpatriati, per reati commessi durante la prigionia presso il nemico,
gli atti preliminari all’istruzione sono, quando e’ possibile, assunti
dall’ufficio speciale, che sia istituito presso i centri di raccolta dei
prigionieri o altrove.

Art. 268.

(Atti di polizia giudiziaria in terrltorib estero occupato).

Se in territorio estero occupato dalle forze armate dello Stato
italiano occorre procedere a ispezioni, perquisizioni o arresti in case
private o stabilimenti pubblici, l’ufficiale di polizia giudiziaria
italiano vi procede direttamente.

Art. 269.

(Rimessione degli atti al comandante).

Compiuti gli atti preliminari alla istruzione, l’ufficiale di polizia
giudiziaria, o l’ufficio indicato nell’articolo 267, che li ha assunti,
li rimette al comandante della unita’, presso cui e’ costituito il
tribunale militare di guerra competente, o al comandante supremo nei
casi indicati nel terzo comma dell’articolo 245, avvertendo dell’invio
il comando del corpo, della nave o dell’aeromobile, da cui dipende
l’imputato.

Anche il procuratore militare del Re Imperatore, nei casi per i quali
non sia intervenuta delega a norma del secondo comma dell’articolo 245,
rimette al comandante gli atti direttamente assunti.

Art. 270.

(Decisione del comandante).

Nei casi per i quali non sia intervenuta delega a norma del secondo
comma dell’articolo 245, il comandante dell’unita’, presso cui e’
costituito il tribunale, o il comandante supremo nei casi indicati nel
terzo comma dell’articolo stesso, esamina gli atti, e, sentito il
pubblico ministero, decide se sia da promuoversi l’azione penale. In
caso affermativo, il pubblico ministero determina se sia da procedersi
con istruzione formale ovvero con istruzione sommaria.

Sezione II
Della istruzione formale

Art. 271.

(Norma generale).

Quando si procede con istruzione formale, gli atti preliminari
all’istruzione sono dal pubblico ministero inviati, con le sue
richieste, al giudice istruttore, il quale procede all’istruzione
formale secondo le norme della procedura penale militare di pace, salve
le disposizioni degli articoli seguenti.

Art. 272.

(Emissione dei mandati).

Deve essere emesso mandato di cattura contro l’imputato di reato per
il quale la legge stabilisce la pena di morte. ((38a))

In ogni altro caso, puo’ essere emesso mandato di cattura o di
comparizione.

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AGGIORNAMENTO (38a)

La L. 13 ottobre 1994, n. 589 ha disposto (con l’art. 1, comma 1) che
“Per i delitti previsti dal codice penale militare di guerra e dalle
leggi militari di guerra, la pena di morte e’ abolita ed e’ sostituita
dalla pena massima prevista dal codice penale”.

Art. 273.

(Liberta’ provvisoria).

Nei procedimenti per i reati indicati nel primo comma dell’articolo
precedente, l’imputato non puo’ essere ammesso alla liberta’
provvisoria.

Negli altri casi, la liberta’ provvisoria puo’ essere conceduta,
previe conclusioni conformi del pubblico ministero.

Con l’ordinanza del giudice istruttore, che concede la liberta’
provvisoria, o con altra successiva, l’imputato, se e’ estraneo alle
forze armate dello Stato, puo’ essere sottoposto a cauzione o malleveria
o ad altri obblighi, a norma del codice di procedura penale.

La liberta’ provvisoria puo’ concedersi anche d’ufficio e in ogni
stato della istruzione, ma non oltre la chiusura di questa.

Art. 274.

(Prigionieri di guerra).

Le norme stabilite dagli articoli precedenti per i militari si
applicano anche per i prigionieri di guerra sottoposti a procedimento
penale; salvo l’adempimento di obblighi speciali eventualmente imposti
dalla legge o dalle convenzioni internazionali, ovvero dai regolamenti
sulla prigionia di guerra.

Art. 275.

(Testi impediti di comparire in giudizio).

Il giudice istruttore riceve e con giuramento la deposizione del
testimonio, che egli ritenga non possa comparire in giudizio per ragione
di ufficio, servizio, distanza, infermita’ o per altro grave motivo.

Art. 276.

(Atti d’istruzione in territorio estero occupato).

Quando, in territorio estero occupato dalle forze armate dello Stato
italiano, occorra procedere all’esame di testimoni o ad altri atti
processuali, il giudice istruttore vi procede direttamente.

Art. 277.

(Chiusura della istruzione formale. Riapertura).

Esaurita l’istruzione formale, il giudice istruttore comunica gli
atti al pubblico ministero; e questi presenta le sue requisitorie al
giudice istruttore, il quale decide, osservate le disposizioni del
codice penale militare di pace.

Le sentenze di proscioglimento sono comunicate al comandante
dell’unita’, presso cui e’ costituito il tribunale. Il comandante puo’,
nel termine di sessanta giorni dalla ricevuta comunicazione, promuovere
la riapertura della istruzione, con richiesta scritta al giudice che ha
pronunciato la sentenza.

Sezione III
Della istruzione sommaria

Art. 278.

(Applicazione delle norme del codice penale militare di pace).

L’istruzione sommaria puo’ essere disposta, qualunque sia la pena
dalla legge stabilita per il reato.((1))

Nell’istruzione sommaria si osservano le disposizioni del codice
penale militare di pace e, in quanto applicabili, quelle della sezione
precedente.

—————

AGGIORNAMENTO (1)

Il D. Lgs. Luogotenenziale 21 marzo 1946, n. 144 ha disposto (con
l’art. 9, comma 1) che “Per tutti i procedimenti per reati commessi
durante lo stato di guerra e punibili ai termini della legge penale
militare di guerra, continua ad avere vigore il disposto dell’art. 278,
primo comma, del Codice penale militare di guerra.”

CAPO II
Del giudizio

Art. 279.

(Applicazione delle norme del codice penale militare di pace).

Il giudizio si svolge e si compie secondo le norme della procedura
penale militare di pace, salve le disposizioni degli articoli seguenti.

La lettura delle deposizioni testimoniali, oltre che nei casi
indicati nell’articolo 369 del codice penale militare di pace, e’
consentita anche per quelle ricevute a norma dell’articolo 275 e del
secondo comma dell’articolo 280 di questo codice.

Art. 280.

(Facolta’ del presidente del tribunale).

Il presidente del tribunale militare di guerra puo’, se ricorrono
particolari ragioni di urgenza, abbreviare i termini, che, nel periodo
degli atti preliminari al giudizio, sono stabiliti dal codice penale
militare di pace per l’esame degli atti del procedimento o per altri
oggetti.

Il presidente, se ritiene che un testimonio non possa comparire in
giudizio senza danno al servizio ed esso non sia stato esaminato a norma
dell’articolo 275, puo’ richiedere il giudice istruttore, perche’ ne
riceva la deposizione con giuramento.

Art. 281.

(Reati commessi all’udienza di un tribunale militare in territorio
nemico occupato).

Ferme in ogni caso le disposizioni dell’articolo 367 del codice
penale militare di pace, quando, nel territorio dello Stato nemico
occupato dalle forze armate dello Stato italiano, sia commesso, alla
udienza di un tribunale militare, un reato da un prigioniero di guerra
ovvero da alcuno degli abitanti del territorio occupato, si procede al
giudizio immediato.

Art. 282.

(Menzioni speciali nel processo verbale di dibattimento).

Quando, davanti ai tribunali militari di guerra diversi da quelli
territoriali, non sia possibile, per le necessita’ dei servizi di
guerra, l’osservanza di alcuna fra le norme concernenti la procedura del
giudizio, il processo verbale del dibattimento deve farne espressa
menzione.

CAPO III
Disposizioni speciali per i
tribunali militari di guerra straordinari

Art. 283.

(Casi di convocazione; competenza).

Il tribunale militare di guerra straordinario e’ competente a
conoscere dei reati, per i quali la legge stabilisce la pena di morte,
quando l’imputato sia stato arrestato in flagranza e il comandante,
competente a costituirlo a norma della legge relativa all’ordinamento
giudiziario militare, ne abbia deciso la convocazione, per la necessita’
di un giudizio immediato, a scopa di esemplarita’. ((38a))

La competenza del tribunale militare di guerra straordinario e’
limitata alla cognizione del reato, per il quale e’ convocato.

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AGGIORNAMENTO (38a)

La L. 13 ottobre 1994, n. 589 ha disposto (con l’art. 1, comma 1) che
“Per i delitti previsti dal codice penale militare di guerra e dalle
leggi militari di guerra, la pena di morte e’ abolita ed e’ sostituita
dalla pena massima prevista dal codice penale”.

Art. 284.

(Revoca della convocazione).

Se occorrono altri elementi di prova del reato, oltre quelli, che, a
norma di legge, consentono la convocazione dei tribunale militare di
guerra straordinario, il pubblico ministero li assume direttamente; e,
se risultano escluse le condizioni richieste per la convocazione del
tribunale straordinario, il comandante che lo ha convocato revoca
l’ordine di convocazione, e si procede nei modi ordinari.

Art. 285.

(Giudizio e sentenza).

Convocato il tribunale militare di guerra straordinario e raccolta,
in quanto possibile, la truppa sotto le armi, il presidente e i giudici
prendono posto davanti a essa, e prestano giuramento con la formula
stabilita dalla legge relativa all’ordinamento giudiziario militare.

L’imputato e’ assistito da un difensore.

Il presidente interroga l’imputato sulle sue generalita’ e gli
contesta il reato che forma oggetto della imputazione; indi la
discussione procede nell’ordine e con le norme stabiliti per ogni altro
tribunale militare di guerra.

Chiuso il dibattimento, allontanato l’imputato e ritiratisi il
pubblico ministero e il difensore, il tribunale delibera la sentenza.
Redatta e sottoscritta questa, l’imputato e’ ricondotto davanti al
tribunale per udirne la lettura, che e’ fatta dal presidente.

CAPO IV
Procedimenti davanti ai tribunali
militari di guerra di bordo

Art. 286.

(Istruzione e giudizio).

Nei procedimenti davanti ai tribunali militari di guerra di bordo, si
osservano le disposizioni del codice penale militare di pace per i
tribunali militari di bordo.

CAPO V
Del ricorso per annullamento

Art. 287.

(Inoppugnabilita’ della sentenza del giudice istruttore).

Nei procedimenti penali davanti ai tribunali militari di guerra, non
e’ ammesso ricorso per annullamento contro la sentenza del giudice
istruttore, che pronuncia sui risultati dell’istruzione.

Art. 288.

(Sentenze dei tribunali militari di guerra).

Contro le sentenze dei tribunali militari di guerra d’armata, di
corpo d’armata, di piazza forte, di bordo e straordinari non e’ ammessa
alcuna impugnazione.

Contro le sentenze dei tribunali militari territoriali di guerra e’
ammesso il ricorso al tribunale supremo militare, che funziona, in
questo caso, quale tribunale supremo militare di guerra, osservate le
disposizioni del codice penale militare di pace.

Art. 289.

(Inammissibilita’ del ricorso straordinario alla corte di
cassazione).

In nessun caso puo’ proporsi ricorso per annullamento alla corte di
cassazione contro le sentenze dei tribunali militari di guerra.

CAPO VI
Della esecuzione

Art. 290.

(Eseguibilita’ della condanna alla pena di morte).

La sentenza di condanna alla pena di morte, pronunciata nel
territorio dello Stato dai tribunali militari di guerra, compresi quelli
di bordo, diviene esecutiva dopo trascorse ventiquattro ore dalla
pronuncia, e, se e’ stato presentato ricorso per annullamento nei casi
in cui il ricorso stesso e’ ammissibile, dopo trascorse ventiquattro ore
dalla notificazione al condannato della sentenza di rigetto del ricorso.

E’ immediatamente esecutiva la sentenza di condanna alla pena di
morte pronunciata all’estero dai tribunali militari di guerra costituiti
presso i corpi di spedizione, nonche’ dai tribunali militari di guerra
di bordo, all’estero o all’interno, e dai tribunali militari di guerra
straordinari.

Se il condannato alla pena di morte e’ un prigioniero di guerra, si
osservano le disposizioni delle convenzioni internazionali.

((38a))

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AGGIORNAMENTO (38a)

La L. 13 ottobre 1994, n. 589 ha disposto (con l’art. 1, comma 1) che
“Per i delitti previsti dal codice penale militare di guerra e dalle
leggi militari di guerra, la pena di morte e’ abolita ed e’ sostituita
dalla pena massima prevista dal codice penale”.

Art. 291.

(Esame delle sentenze da parte del comandante).

La sentenza di condanna alla pena di morte, immediatamente esecutiva
o divenuta tale, e’ sottoposta all’esame del comandante dell’unita’,
presso cui e’ costituito il tribunale. ((38a))

Se il comandante ritiene che ricorrono circostanze rilevanti per il
condono o la commutazione della pena, ne fa formale proposta, che
trasmette al comandante supremo; altrimenti dichiara che non intende
avvalersi della facolta’ suindicata e rimette gli atti al pubblico
ministero, il quale provvede alla esecuzione della sentenza.

Le disposizioni di questo articolo non si applicano relativamente
alle sentenze pronunciate dai tribunali militari di guerra straordinari.

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AGGIORNAMENTO (38a)

La L. 13 ottobre 1994, n. 589 ha disposto (con l’art. 1, comma 1) che
“Per i delitti previsti dal codice penale militare di guerra e dalle
leggi militari di guerra, la pena di morte e’ abolita ed e’ sostituita
dalla pena massima prevista dal codice penale”.

Art. 292.

(Rinvio della esecuzione).

La esecuzione di una sentenza di condanna alla pena di morte puo’
essere sospesa per disposizione del comandante indicato nel primo comma
dell’articolo precedente, o del comandante supremo, ove sia presentata
domanda di grazia dal condannato, dai suoi congiunti o dal difensore. ((38a))

La esecuzione e’ differita:

1° quando il condannato si trovi in stato di grave infermita’ di
mente o di corpo;

2° quando la persona condannata sia una donna incinta.

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AGGIORNAMENTO (38a)

La L. 13 ottobre 1994, n. 589 ha disposto (con l’art. 1, comma 1) che
“Per i delitti previsti dal codice penale militare di guerra e dalle
leggi militari di guerra, la pena di morte e’ abolita ed e’ sostituita
dalla pena massima prevista dal codice penale”.

Art. 293.

(Esecuzione di sentenze di condanna per il reato di inottemperanza
all’ordine di non attaccare il nemico).

La sentenza di condanna alla pena di morte, pronunciata contro il
colpevole del reato preveduto dall’articolo 95, non puo’ essere
eseguita, se non dopo ricevute le disposizioni del Ministro da cui
dipende il condannato.

((38a))

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AGGIORNAMENTO (38a)

La L. 13 ottobre 1994, n. 589 ha disposto (con l’art. 1, comma 1) che
“Per i delitti previsti dal codice penale militare di guerra e dalle
leggi militari di guerra, la pena di morte e’ abolita ed e’ sostituita
dalla pena massima prevista dal codice penale”.

Art. 294.

(Divieto di esecuzione della pena di morte in territorio estero).

Nel territorio di uno Stato estero, fuori dei luoghi occupati dalle
forze armate dello Stato italiano, non possono eseguirsi sentenze di
condanna alla pena di morte.

((38a))

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AGGIORNAMENTO (38a)

La L. 13 ottobre 1994, n. 589 ha disposto (con l’art. 1, comma 1) che
“Per i delitti previsti dal codice penale militare di guerra e dalle
leggi militari di guerra, la pena di morte e’ abolita ed e’ sostituita
dalla pena massima prevista dal codice penale”.

Art. 295.

(Esecuzione di sentenze dei tribunali militari di guerra soppressi).

Se il tribunale militare di guerra, che ha emanato la sentenza da
eseguirsi, e’ soppresso, il tribunale supremo militare designa un altro
tribunale militare per i provvedimenti da adottare in sede di
esecuzione.

Art. 296.

(Esecuzione di sentenze di condanna nel territorio dello Stato
nemico).

Nel territorio dello Stato nemico occupato dalle forze armate dello
Stato italiano, l’Autorita’ giudiziaria militare provvede all’esecuzione
delle sentenze di condanna e alla eventuale conversione delle pene
pecuniarie in pene detentive, ancorche’ il condannato sia estraneo alle
forze armate dello Stato; salvo che dal comandante del corpo di
occupazione sia diversamente disposto.

CAPO VII
Dei procedimenti penali al momento
della cessazione dello stato di guerra

Art. 297.

(Procedimenti penali definiti).

Cessato lo stato di guerra e disciolti i tribunali militari di
guerra, i rispettivi procuratori militari del Re Imperatore, secondo le
norme stabilite dal regolamento giudiziario militare, rimettono gli atti
dei procedimenti penali irrevocabilmente definiti al procuratore
generale militare del Re Imperatore, che ne ordina il deposito presso la
cancelleria del tribunale supremo militare.

Art. 298.

(Procedimenti penali pendenti, di competenza del giudice ordinario o
di giudici speciali).

I procedimenti penali pendenti davanti ai tribunali militari di
guerra, di competenza dell’Autorita’ giudiziaria ordinaria o di un
giudice speciale, a’ termini degli articoli 264 e 266, sono rimessi dai
procuratori militari del Re Imperatore al procuratore generale presso la
corte d’appello del rispettivo distretto o ai competenti uffici delle
giurisdizioni speciali, i quali provvedono per l’ulteriore corso del
procedimento, secondo le norme della competenza ordinaria.

Nei procedimenti stessi rimangono validi gli atti d’istruzione
compiuti dall’Autorita’ giudiziaria militare, fatta eccezione per le
requisitorie finali e i provvedimenti di rinvio a giudizio.

Art. 299.

(Procedimenti penali pendenti, di competenza dei tribunali militari:
norme di competenza).

I procedimenti penali, pendenti davanti ai tribunali militari di
guerra e la cui cognizione appartiene all’Autorita’ giudiziaria militare
a’ termini degli articoli 264, comma secondo, e 265, sono rimessi ai
procuratori militari del Re Imperatore presso i tribunali militari non
di guerra, osservate le norme seguenti:

1° se i procedimenti sono contro militari appartenenti a corpi non
disciolti, essi sono rimessi al procuratore militare del Re Imperatore
presso il tribunale militare nella cui circoscrizione territoriale il
corpo ha la sua sede;

2° se i procedimenti sono contro militari appartenenti a corpi
disciolti, essi sono rimessi al procuratore militare del Re Imperatore
presso il tribunale militare del luogo del commesso reato, o, se detto
luogo non e’ noto, di quello in cui ha sede il corpo dal quale derivava
il corpo disciolto;

3° se i procedimenti concernono reati commessi in territorio estero,
essi sono rimessi al procuratore militare del Re Imperatore presso il
tribunale militare piu’ vicino alla sede del tribunale militare di
guerra.

Se sorgono divergenze o difficolta’, il tribunale supremo militare
designa il tribunale militare che deve giudicare.

Art. 300.

(Procedimenti penali pendenti, di competenza dei tribunali militari;
norme di procedura per la prosecuzione e la definizione).

Nei casi preveduti dall’articolo precedente:

1° se la istruzione non e’ compiuta, essa prosegue secondo le norme
della procedura penale militare di pace; ma restano validi gli atti
compiuti durante lo stato di guerra;

2° se e’ stato gia’ disposto il rinvio a giudizio davanti al
tribunale militare di guerra, a questo s’intende sostituito il tribunale
militare competente a norma dell’articolo precedente.

Dato a Roma, addi’ 20 febbraio 1941-XIX

VITTORIO EMANUELE

MUSSOLINI

Fonte www.normattiva.it