Autovelox: quando il rilevamento può presumersi affidabile

A seguito dell’intervenuto declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 45, comma 6 del C.d.S. così come interpretato dal diritto vivente, deve ritenersi necessaria la taratura dell’apparecchiatura “autovelox”; solo a condizione che vi sia espressa indicazione nel verbale dell’avvenuto adempimento, il rilevamento può presumersi affidabile, con conseguente onere dell’opponente di contestare la cattiva fabbricazione, installazione e/o funzionamento del dispositivo (Cass. civ. Sez. VI – 2 Ord., 06-03-2018, n. 5227).

La sentenza

1) Con sentenza n. 1745/2013, emessa e pubblicata il 25.11.2013, il Tribunale di Ancona accoglieva l’appello proposto dal Ministero dell’Interno e dalla Prefettura Ufficio Territoriale di Governo di Ancona avverso la sentenza n. 257/2007 del Giudice di Pace di Fabriano. Rigettava l’opposizione proposta dall’avv. B. ai sensi del D.P.R. n. 285 del 1992, art. 205 avverso l’ordinanza-ingiunzione n. 114860/2006.

Con tale ordinanza era stata comminata al ricorrente la sanzione amministrativa di Euro 307,50, relativa al verbale di accertamento n. (OMISSIS) della Polizia Stradale di Ancona con cui veniva contestata la violazione dell’art. 142 C.d.S., comma 8, rilevata mediante apparecchiatura autovelox.

2) Il Tribunale riteneva che le apparecchiature elettroniche di rilevazione dei limiti di velocità non dovessero essere sottoposte alle procedure di taratura previste dalla L. 11 agosto 1991, n. 273.

3) Per la cassazione della sentenza, l’avv. B. ha proposto ricorso articolato su tre motivi.

La Prefettura si è difesa con controricorso notificato a mezzo pec il 24.02.2015.

La causa è stata avviata a trattazione con rito camerale davanti alla Sesta sezione civile, con proposta di accoglimento dei primi due motivi di ricorso.

4) Con il primo motivo, parte ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione della L. 11 agosto 1991, n. 273, del D.M. 15 maggio 2005, n. 1123, art. 4, delle norme internazioni UNI 30012, UNI 10012 e delle raccomandazioni OIML D19 e D20, ove prevedono la taratura periodica per le apparecchiature di rilevazione della velocità.

Il ricorrente afferma che dalla cornice normativa nazionale e comunitaria richiamata si desume l’obbligo, posto a carico della P.A., di effettuare la taratura periodica di tutti gli strumenti di misurazione; nozione, questa, da ritenersi comprensiva delle apparecchiature autovelox, cui la normativa in esame sarebbe senz’altro applicabile.

Secondo il ricorrente al fine di garantire l’affidabilità dei risultati di rilevazione dell’apparecchio – e la fondatezza dell’accertamento amministrativo con tali modalità non sarebbe sufficiente la mera omologazione del mezzo; sarebbe necessaria la taratura periodica del dispositivo con specifica segnalazione del’avvenuto adempimento nel verbale di contestazione.

A sostegno della propria tesi, il ricorrente richiama l’ordinanza n. 17766/2014 con cui la Corte di Cassazione, Sezione 2 civile, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 45 C.d.S., in relazione all’art. 3 Cost., nella misura in cui non prevede che le apparecchiature che rilevano la violazione dei limiti di velocità debbano essere sottoposte a periodiche verifiche.

5) Con il secondo motivo, l’avv. B. deduce la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 2697 e 2698 c.c., art. 115 c.p.c., artt. 23 e 205 C.d.S. e difetto di motivazione circa la corretta distribuzione dell’onere della prova.

Secondo il ricorrente, il Giudice a quo si sarebbe limitato a considerare raggiunta la prova del superamento dei limiti di velocità, considerando superflua la prova che l’Amministrazione avrebbe, invece, dovuto fornire, della regolarità delle apparecchiature utilizzate. Avrebbe, conseguentemente, posto erroneamente a carico dell’opponente l’onere di “allegare e dare prova del difetto di costruzione, installazione o funzionamento del dispositivo elettronico”.

In considerazione della connessione logica, i due motivi possono essere esaminati congiuntamente.

Il Collegio ritiene che le doglianze meritino accoglimento nei limiti di cui in motivazione.

Nè il codice della strada nè il relativo regolamento di esecuzione, nè la L. n. 273 del 1991 prevedono che il verbale di accertamento dell’infrazione debba contenere, a pena di nullità, l’attestazione che la funzionalità del singolo apparecchio impiegato sia stata sottoposta a controllo preventivo e costante durante l’uso.

Inconferente è, altresì, l’individuazione come parametro della violazione di legge della “normativa comunitaria (Norme UNI EN 30012 – parte 1 come integrate da UNI EN 10012), che (prevederebbe) il dovuto e relativo adeguamento del nostro ordinamento”, poichè va ribadito che “non è vincolante la normativa UNI EN 30012 (Sistema di Conferma Metrologica di Apparecchi per Misurazioni) che, in assenza di leggi o regolamenti di recepimento, rappresenta unicamente un insieme di regole di buona tecnica, impropriamente definite “norme”, alle quali, in assenza di obblighi giuridici, i costruttori decidono autonomamente di conformarsi” (Cass. 29333/2008).

5.1) I motivi vanno accolti invece alla luce dell’intervenuta declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 45 C.d.S., comma 6, per contrasto con l’art. 3 Cost. della norma così come interpretata nel “diritto vivente”, con sent. n. 113/2015.

La Corte costituzionale ha rilevato come l’assenza di verifiche periodiche di funzionamento e di taratura è suscettibile di pregiudicare l’affidabilità metrologica a prescindere dalle modalità di impiego delle apparecchiature destinate a rilevare la velocità. In particolare, la Consulta ha osservato che “quanto al canone di razionalità pratica, appare evidente che qualsiasi strumento di misura, specie se elettronico, è soggetto a variazioni delle sue caratteristiche e quindi a variazioni dei valori misurati dovute ad invecchiamento delle proprie componenti e ad eventi quali urti, vibrazioni, shock meccanici e termici, variazioni della tensione di alimentazione. Si tratta di una tendenza disfunzionale naturale direttamente proporzionata all’elemento temporale. L’esonero da verifiche periodiche, o successive ad eventi di manutenzione, appare per i suddetti motivi intrinsecamente irragionevole. I fenomeni di obsolescenza e deterioramento possono pregiudicare non solo l’affidabilità delle apparecchiature, ma anche la fede pubblica che si ripone in un settore di significativa rilevanza sociale, quale quello della sicurezza stradale.

Un controllo di conformità alle prescrizioni tecniche ha senso solo se esteso all’intero arco temporale di utilizzazione degli strumenti di misura, poichè la finalità dello stesso è strettamente diretta a garantire che il funzionamento e la precisione nelle misurazioni siano contestuali al momento in cui la velocità viene rilevata, momento che potrebbe essere distanziato in modo significativo dalla data di omologazione e di taratura”.

Sotto il profilo della coerenza interna della norma, poi, la Corte Costituzionale ha evidenziato lo stretto legame che sussiste tra le disposizioni sull’uso delle apparecchiature di misurazione ed il valore probatorio delle loro risultanze nei procedimenti sanzionatori inerenti alle trasgressioni dei limiti di velocità. Ciò, prendendo le mosse dalla ratio del D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 142, comma 6, il quale prevede che “per la determinazione dell’osservanza dei limiti di velocità sono considerate fonti di prova le risultanze di apparecchiature debitamente omologate, (…) nonchè le registrazioni del cronotachigrafo e i documenti relativi ai percorsi autostradali, come precisato dal regolamento”.

Detta soluzione normativa si giustifica per via del carattere irripetibile dell’accertamento, realizzando un bilanciamento tra la tutela della sicurezza stradale e quella delle posizioni soggettive dei cittadini e, in definitiva, tra interessi pubblici e posizioni giuridiche dei privati cittadini.

E’ vero infatti che la tutela di questi ultimi viene in qualche modo compressa per effetto della parziale inversione dell’onere della prova, dal momento che è il ricorrente contro l’applicazione della sanzione a dover eventualmente dimostrare – onere di difficile assolvimento a causa della irripetibilità dell’accertamento – il cattivo funzionamento dell’apparecchiatura. Tuttavia, detta limitazione trova una ragionevole spiegazione proprio nel carattere di affidabilità che l’omologazione e la taratura dell’autovelox conferiscono alle prestazioni di quest’ultimo.

In altri termini, il bilanciamento che si agita dietro l’art. 142 C.d.S. si concreta in una sorta di presunzione, fondata sull’affidabilità dell’omologazione e della taratura dell’autovelox, che consente di non ritenere pregiudicata oltre un limite ragionevole la certezza della rilevazione e dei sottesi rapporti giuridici. Proprio la verifica costante di tale affidabilità rappresenta il fattore di contemperamento tra la certezza dei rapporti giuridici e il diritto di difesa del sanzionato. Il ragionevole affidamento che deriva dalla custodia e dalla permanenza della funzionalità delle apparecchiature, garantita quest’ultima da verifiche periodiche conformi alle relative specifiche tecniche, degrada tuttavia in assoluta incertezza quando queste ultime non vengono mai effettuate.

Alla luce di tale percorso giustificativo, la Consulta ha ritenuto, così, che, “il bilanciamento dei valori in gioco realizzato in modo non implausibile nel vigente art. 142 C.d.S., comma 6, trasmoda così nella irragionevolezza, nel momento in cui il diritto vivente formatosi sull’art. 45, comma 6, del medesimo codice consente alle amministrazioni preposte agli accertamenti di evitare ogni successiva taratura e verifica. Dunque, il D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 45, comma 6, – come interpretato dalla consolidata giurisprudenza della Corte di cassazione – deve essere dichiarato incostituzionale in riferimento all’art. 3 Cost., nella parte in cui non prevede che tutte le apparecchiature impiegate nell’accertamento delle violazioni dei limiti di velocità siano sottoposte a verifiche periodiche di funzionalità e di taratura”.

Ne deriva che, nel caso di specie, la taratura dell’apparecchiatura risultava necessaria e che solo a condizione che vi sia espressa indicazione nel verbale dell’avvenuto adempimento il rilevamento può presumenrsi affidabile, con conseguente onere dell’opponente di contestare la cattiva fabricazione, installazione e/o funzionamento del dispositivo. La causa va pertanto rinviata al giudice d’appello, il quale dovrà accertare se fossero state effettuate le verifiche periodiche di funzionalità e di taratura.

6) Con il terzo motivo, il ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione degli artt. 200 e 201 C.d.S., per mancata contestazione immediata della violazione e in relazione alla mancata redazione del verbale di accertamento a breve distanza dal fatto.

Sotto il primo profilo, parte ricorrente lamenta l’assenza di una congrua motivazione nel verbale di accertamento delle ragioni ostative alla contestazione immediata, richiamando le contestazioni e le eccezioni già sollevate in primo grado con il ricorso introduttivo. Critica la decisione resa in appello nella parte in cui ritiene configurata l’ipotesi derogatoria di cui all’art. 201 bis, lett. f) e D.L. n. 121 del 2002, art. 4, per la quale è ammessa la contestazione differita, in considerazione della presunzione legale operante per le strade extraurbane principali.

In merito al secondo aspetto, il ricorrente censura l’eccessiva distanza tra il momento in cui è accaduto il fatto, il 13.07.2005, e il momento di redazione del verbale, realizzata il 22.09.2005, asserendo che, nonostante il termine di 150 giorni fosse previsto per la notifica della contestazione, comunque un lasso di tempo superiore a due mesi sarebbe incongruo ed illegittimo.

Lamenta, ancora, l’illegittimità della sanzione in assenza dei cartelli volti alla segnalazione delle apparecchiature di rilevamento della velocità.

Il motivo di ricorso contempla censure eterogenee, alcune delle quali infondate e altre inammissibili. Si deve, pertanto, procedere ad un esame analitico di ciascuna doglianza in relazione alla lamentata violazione di legge.

La censura relativa alla mancata contestazione immediata va disattesa. Oltre ad essere prospettato in modo poco conforme al canone di specificità, il motivo è ictu oculi infondato nel merito.

Dal momento che la rilevazione è stata eseguita su strada extraurbana principale, come emerge dalla sentenza impugnata in richiamo al verbale di accertamento e senza che tale aspetto sia stato contestato dal ricorrente, il caso di specie, coerentemente con quanto assume il Tribunale, si inquadra nell’ipotesi derogatoria di cui all’art. 201, comma 1bis, e in particolare nell’ipotesi contemplata dalla lett. f).

Nel perimetro di tale disposizione sono confluite, infatti, a seguito delle modifiche intervenute con il D.L. n. 151 del 2003, convertito dalla L. 214 del 2003, le ipotesi per le quali, per espresso disposto normativo, non poteva ritenersi necessaria la contestazione immediata, fermo restando l’obbligo, in questi casi, per gli organi accertatori, di procedere comunque alla notificazione degli estremi della violazione nel termine di 150 giorni dall’accertamento. Termine, questo, sancito dalla norma applicabile ratione temporis al caso in esame, essendo in base al nuovo (ed attualmente vigente) testo dell’art. 201, comma 1 bis, come recentemente integrato dalla L. 29 luglio 2010, n. 120, art. 36, comma 1, di 90 giorni.

In particolare la norma in questione dispone: “Fermo restando quanto indicato dal comma 1, nei seguenti casi la contestazione immediata non è necessaria e agli interessati sono notificati gli estremi della violazione nei termini di cui al comma 1: (…) f) accertamento effettuato con i dispositivi di cui al D.L. 20 giugno 2002, n. 121, art. 4, convertito, con modificazioni, dalla L. 1 agosto 2002, n. 168, e successive modificazioni”.

Deve, allora, trovare applicazione il D.L. n. 121 del 2002, art. 4, comma 1, convertito, con modificazioni nella L. n. 168 del 2002, integrato con la previsione del comma 2 dello stesso art. 4. La norma richiamata indica i criteri di individuazione delle situazioni nelle quali il fermo del veicolo, al fine della contestazione immediata, può costituire motivo d’intralcio per la circolazione o di pericolo per le persone. Situazioni, queste, ritenute sussistenti a priori per le autostrade e per le strade extraurbane principali, come quella del caso di specie.

Per le violazioni compiute su strada extraurbana principale accertate con i dispositivi elettronici di cui al citato art. 4 e riconducibili alla fattispecie di cui all’art. 201 C.d.S., comma 1 bis, lett. f), perciò, non è necessaria la contestazione immediata e, sulla scorta del disposto del nuovo comma 1 ter del medesimo art. 201 (introdotto sempre per effetto del D.L. 27 giugno 2003, n. 151, art. 4, conv. nella L. 1 agosto 2003, n. 214, ed integrato ad opera della L. 29 luglio 2010, n. 120, art. 36), si evince che il legislatore non ha inteso imporre nemmeno l’osservanza dell’obbligo dell’esplicitazione dei relativi motivi, da ritenersi insiti – per presunzione di legge – nella natura stessa delle violazioni (Cass., n. 21264/2014; Cass., n. 23222/2013).

Peraltro, in relazione all’ipotesi contemplata nella lettera f) della disposizione in parola, rilevante per la qualifica del caso in esame, l’art. 201 bis C.d.S., comma 1 ter esclude finanche la necessità della “presenza degli organi di polizia stradale qualora l’accertamento avvenga mediante rilievo con dispositivi o apparecchiature che sono stati omologati ovvero approvati per il funzionamento in modo completamente automatico”. Più precisamente il citato comma 1 ter, nel primo periodo, stabilisce: “nei casi diversi da quelli di cui al comma 1 bis nei quali non è avvenuta la contestazione immediata, il verbale notificato agli interessati deve contenere anche l’indicazione dei motivi che hanno reso impossibile la contestazione immediata”.

Da questa disposizione si desume che, solo al di fuori degli individuati casi, quando si procede a contestazione differita con la successiva notificazione degli estremi della violazione, permane l’indispensabilità dell’indicazione anche dei motivi che non hanno consentito di provvedere alla contestazione stessa in modo contestuale all’accertamento.

7) Parimenti infondata è la censura prospettata in relazione al tempo della redazione del verbale di contestazione. Conformemente a quanto ritenuto dal Tribunale di Ancona, invero, risulta sufficiente procedere, nei termini prescritti, alla notificazione degli estremi dell’infrazione in modo preciso e dettagliato e con l’indicazione dell’ipotesi tipica ricorrente e degli ulteriori elementi contenuti nell’art. 385 reg. esec., comma 1, (rimasto immutato). L’unico onere temporale incombente sulla P.A. a pena di nullità è quello di provvedere alla notificazione del verbale di accertamento e constatazione entro il termine perentorio menzionato. Al di là di tale prescrizione, però, nessuna norma impone di redigere il verbale entro un determinato arco temporale. Il pregiudizio della posizione giuridica lamentato dal ricorrente, pertanto, si rivela del tutto inconsistente allorchè siano rispettati i termini per la notifica, in quanto il legislatore ha ritenuto, nell’ambito del suo potere discrezionale, di individuare il limite entro cui è congruo il tempo in cui va notificato il verbale relativo all’infrazione stradale.

Inammissibile è, da ultimo, la censura relativa al mancato adempimento all’obbligo di previa segnalazione e cartellonamento. Già in sede di appello, il Tribunale aveva rilevato che “tale circostanza però non era mai stata prospettata in primo grado come motivo di opposizione ed è stata invece allegata per la prima volta nel presente procedimento”, con conseguente declaratoria di inammissibilità ai sensi dell’art. 345 c.p.c.. La censura, pertanto, non può essere riproposta in seno al ricorso per cassazione, trattandosi di questione preclusa, senza che sia stata impugnata la ratio decidendi relativa all’inammissibilità del motivo di appello.

7) Resta assorbita la decisione sull’istanza di la sospensione dell’ordinanza-ingiunzione.

Il Giudice di rinvio provvederà anche alla regolazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio, al Tribunale di Ancona in diversa composizione.